Il libro di Gianfilippo Giustozzi “Pierre Teilhard de Chardin. Un Dio per un mondo che sta iniziando”, presenta il pensiero del grande gesuita come uno strumento per leggere la contemporaneità e il futuro che ci aspetta, attraverso la prospettiva di un cristianesimo che non stia seduto immobile sulla propria dottrina
A settant’anni dalla morte di Teilhard de Chardin, le Edizioni Studium hanno da poco mandato in libreria un testo che costituisce una eccellente introduzione al pensiero di uno dei più significativi pensatori cattolici del Novecento: il titolo del libro porta il suo nome “Pierre Teilhard de Chardin. Un Dio per un mondo che sta iniziando” di Gianfilippo Giustozzi, forse il massimo studioso italiano del grande gesuita. Già il sottotitolo, una citazione da Teilhard, annuncia l’intero scopo del libro ossia cercare di presentare il pensiero del grande gesuita come uno strumento per leggere la contemporaneità, e soprattutto il futuro che ci aspetta, attraverso lo sguardo di un cristianesimo che non stia seduto immobile sulla propria dottrina. Ma che invece vuole vivificarla operando una straordinaria opera di apertura alla tecnica, vista come parte costitutiva e imprescindibile dell’esistenza umana, non per dissolvere Gesù Cristo nel mondo, ma portando l’intero mondo e la sua evoluzione tecnica dentro la storia della salvezza nell’attesa che venga quello che Teilhard definisce, con le sue espressioni sempre evocative, “Cristo cosmico”.
L’introduzione di Giustozzi al libro si intitola “Rerum novarum curiositas” e, è bene precisarlo, è stata scritta prima dell’elezione di Leone XIV. Si tratta di una felice coincidenza visto che l’attuale Pontefice deve il suo nome anche a Leone XIII e alla sua “Rerum novarum”, e quindi alla volontà di confrontarsi con quanto appunto vi è di nuovo, con un mondo che non è, e certo non sarà, ciò che è stato. Un mondo che vive un salto d’epoca con cui una guida religiosa e morale globale come il Papa, e quindi come la Chiesa, non può non confrontarsi apertamente. Un confronto che in alcun modo deve essere pensato da un punto di debolezza e con timore, ma invece con la certezza proveniente dalla verità senza tempo del kerygma, di un annuncio che avviene, però, sempre storicamente, ossia dentro e attraverso i fatti, gli eventi e i cambiamenti storici. In questo senso non ci si può che confrontare con le “cose nuove” che ci si pongono dinanzi.
E questo grande pensatore religioso, paleontologo, raffinatissimo e profetico scrittore (vale la pena affrontare i testi di Teilhard anche per la potenza del suo stile), morto nel 1955, appare ancora come una guida avveniristica per un confronto tra cristianesimo e tecno-scienza. La potenza innovativa e “riformistica” di Teilhard non sta in alcun modo in una qualche forma di vago progressismo, o di volontà di aggiornare la chiesa al passo del mondo. Bensì, in modo infinitamente più profondo, sta nella volontà di cogliere la verità del cristianesimo in un mondo che non è in alcun modo stabilizzato ma che invece ha nell’uomo stesso, nella sua opera, nella sua tecnica un nuovo principio evolutivo che lo spinge in direzioni inimmaginate e inimmaginabili. Per Teilhard non si possono utilizzare categorie tolemaiche ora che siamo nell’universo quantistico, non si possono utilizzare unicamente categorie tomistiche ora che siamo nell’orizzonte della “Terra pensante”, di una biosfera divenuta “Noosfera”, ossia un ambiente costruito dalla capacità umana di cambiare il mondo attraverso il proprio pensiero e la propria tecnica.
Vi è in Teilhard una formidabile visione dell’uomo come attore della propria salvezza che avviene attraverso un operare continuo del pensiero e della conoscenza scientifica. L’uomo, in questa prospettiva, attraverso le proprie tecniche, prepara e prospetta la propria salvezza non rifiutando il mondo ma, al contrario, divenendo egli stesso un creatore che dà vita a una “seconda natura” che è in tutto e per tutto sempre più antropizzata. E in questo operare creativo sulla natura, l’uomo si fa più vicino a Dio facendosi egli stesso creatore che prepara e annuncia la seconda venuta di Cristo. Una prospettiva grandiosa, in tante parti della sua complessa articolazione certo anche discutibile, ma con cui è irrinunciabile confrontarsi.