L’imbarazzante strategia di comunicazione dei magistrati italiani

Dalle magliette ai video pedagogici, fino allo “scoop” sull’appello di Nordio contro la separazione delle carriere nel ’94: c’è un evidente difficoltà nell’organizzare la propaganda contro la riforma. La ragione è piuttosto semplice: non se l’aspettavano

Non dite a mia madre che faccio il pubblicitario: lei mi crede componente del direttivo dell’Anm. Ma cosa sta succedendo, di grazia, alla strategia di comunicazione dei magistrati italiani? Prima la pensata – per fortuna lasciata cadere – di indossare tutti delle magliette contro la separazione delle carriere in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, modello flash mob. Poi i video pedagogici sull’incomparabile bellezza del nostro ordinamento, affidati all’attrice e doppiatrice Giorgia Brasini, che per goffaggine mista a ingannevolezza possono rivaleggiare solo con gli indimenticabili spot del Labirinto femminile di Alfonso Luigi Marra. Infine, in questi giorni, il maldestro tentativo di scoop degno di una succursale del Fatto Quotidiano, e l’esibizione trionfante della firma dell’allora magistrato Carlo Nordio in calce a un appello del 1994 contrario alla separazione delle carriere.

E mancano ancora molti mesi al referendum costituzionale. Quale sarà la prossima trovata? Forse un pubblico ministero che si fa intervistare in tv con un imputato in grembo mentre gli accarezza amorevolmente la testa, come fece Mario Monti con l’incolpevole cagnolino Empy, magari evitando di stritolarlo in diretta? La ragione di questa svolta che i più giovani chiamerebbero cringe è semplice: non se l’aspettavano. A dispetto delle pluridecennali lagnanze sindacali sulla politica che voleva attentare alla loro autonomia e indipendenza, i magistrati non hanno mai temuto governi e parlamenti, e davano per scontato che anche stavolta non sarebbero andati fino in fondo. L’attivismo pubblicitario ci parla dunque di un corpo togato che scopre traumaticamente di non essere più intoccabile né invulnerabile. Come un dio che perda di colpo l’immortalità, il magistrato italiano si trova a condividere le stesse preoccupazioni degli uomini comuni. Tra le quali, in democrazia, c’è la necessità di legittimare il proprio potere e il proprio operato agli occhi dei cittadini. Comunque vada a finire, è una buona notizia.

Leave a comment

Your email address will not be published.