Fontana: no alla nuova legge elettorale, sì allo stato di Palestina. Ma Salvini lo blocca

Alla cerimonia tradizionale della stampa parlamentare il presidente della Camera si mostra salviniano su riforme e riarmo, meno sulla politica estera

Il volto è di Lorenzo Fontana, presidente della Camera leghista. Ma – a un certo punto della cerimonia del Ventaglio, nel cuore di Montecitorio – le parole di Fontana sembrano perfettamente sovrapponibili a quelle più volte pronunciate dal leader della Lega Matteo Salvini. Tanto che, a voler chiudere gli occhi, quando Fontana parla di legge elettorale (che “per scaramanzia” sconsiglierebbe di cambiare, visto che chi l’ha fatto “ha sempre perso”) o di riarmo (gli piacerebbe “che l’Italia avesse un esercito efficiente ed efficace soprattutto per la sicurezza interna” e non ama “il pensiero di andare a fare guerre esotiche”), si potrebbe pensare al gioco di un ventriloquo o di un prestigiatore dispettoso che metta il nome Matteo davanti al cognome Fontana e il nome Lorenzo davanti al cognome Salvini. Fatta eccezione per la frase non salviniana che Fontana scandisce, a dispetto del Salvini che qualche giorno fa ha ricevuto il premio Italia-Israele e che nel febbraio scorso ha stretto la mano al premier israeliano Benjamin Netanyahu: la reazione di Israele al 7 ottobre è stata “sproporzionata”, dice Fontana, che sarebbe “non contrario a riconoscere lo stato di Palestina”, come dice di voler fare il presidente francese Emmanuel Macron (e la frase è talmente poco salviniana che a sera arriva una nota ufficiale della Lega, una sorta di stop: “Riconoscimento dello stato palestinese? Prima il rilascio di tutti gli ostaggi e lo scioglimento del gruppo terrorista islamico di Hamas”).



E insomma, se per un’ora Fontana torna a fare politica come a monte dell’esperienza più istituzionale e quindi più diplomatica alla presidenza della Camera (tanto che ribadisce – suo vecchio cavallo di battaglia da leghista iper-cattolico – di non aver cambiato idea sul fine vita, anche se per il ruolo odierno su questo non voterà), la via politica è più che altro quella tracciata da Salvini, con l’aggiunta di una prudente vaghezza sul Veneto, culla leghista dove ora aleggia, per i salviniani, lo spettro di una lista Zaia, ma dove Fontana smentisce di essere in campo (della serie: preferisco finire l’opera attuale). E se sui dazi il presidente della Camera consiglia “di mantenere i nervi saldi come quando si gioca a poker”, visto che potrebbe esserci una parte di bluff trumpiano (Fontana non crede che gli Stati Uniti vogliano rinunciare al rapporto privilegiato con l’Europa), sulla legge elettorale ribadisce il niet di fondo: “Credo se ne stia parlando, ma poi non so se ci si arriverà. L’ultima legge elettorale aveva collegi uninominali da una parte e una parte proporzionale, mi sembrava una legge buona che ha garantito governabilità. L’importante è che la legge elettorale consenta la rappresentanza dei gruppi che raggiungono una certa soglia e dia la possibilità di governare”. E ancora: se sulla separazione delle carriere Fontana auspica “la massima condivisione, come tutela anche nei confronti di chi fa la riforma, nel momento in cui si andrà a referendum”, per lo ius scholae prevede un percorso complicato all’interno della maggioranza, ancora più di quello del fine vita — che in Senato “è trattato in modo concreto”. Ed è in nome della concretezza che Fontana si allontana dal salvinismo più ortodosso, e sempre su Gaza.

Il presidente della Camera, infatti, all’annuncio di Macron sullo stato di Palestina, racconta di essersi interrogato: “Mi chiedevo se questo può contribuire a risolvere o ad aggravare. Da un lato può aiutare a depotenziare Hamas. Dall’altro il rischio è che Israele, sentendosi accerchiata, possa aggravare la situazione”. A lato delle parole politiche, ci sono quelle istituzionali: l’annuncio della futura desecretazione dei documenti della commissione sul rapimento e la morte di Aldo Moro e il monito contro “l’eccessivo ricorso alla decretazione d’urgenza”. Ma il problema del candidato in Veneto resta uno dei più pesanti per la Lega di cui Fontana è esponente di peso (e proprio in quella regione): “Sono sicuro che il centrodestra riuscirà a trovare una quadra”, dice, anche se sulle tempistiche non è ottimista. E in effetti lo stallo è ancora lì, sul tavolo, nonostante il centrodestra si professi “compatto e determinato”.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l’Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l’hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E’ nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.

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