Il baricentro europeo si sposta a nord, ma da questo nuovo polo “a tre” manca il Mediterraneo, e non perché escluso a priori da qualcuno: ciò vale soprattutto per l’Italia, mentre gli spagnoli forse pensano di trasferirsi in blocco in Sud America e intanto vendono ai cinesi un bel pezzo della loro sicurezza
Tra l’8 ed il 17 Luglio si è completato a Londra un nuovo sistema di alleanze. Nuovo non perché qualcuno dei partner ha cambiato schieramento. Nuovo perché nel campo delle democrazie tre grandi attori (Gran Bretagna, Francia e Germania) hanno rafforzato in modo sensibile e reciproco i loro rapporti già molto stretti. Gli ambiti interessati sono molti (immigrazione, economia, ricerca tra gli altri), ma il principale, quello che fa la differenza, è la difesa. Germania, Francia e Gran Bretagna hanno assunto impegni molto più esigenti di quelli già molto esigenti che li legano in quanto membri della Nato e, Francia e Germania, in quanto membri dell’Unione europea. L’effetto è che il campo delle democrazie e delle società libere oggi non ha più un solo pezzo grosso (gli Stati Uniti) e altri assai più piccoli, ma ad avvicinarsi sensibilmente sono tre medie potenze le quali, insieme, hanno 100 milioni di abitanti più della Russia di Vladimir Putin, due seggi con diritto di veto all’Onu, deterrenza nucleare e capacità di proiezione non simbolica.
Notizia nella notizia. La Germania ha chiuso con la doppiezza merkeliana e la collusione schröderiana, la Francia con una improbabile idea di grandeur, la Gran Bretagna con la costosissima se non suicida illusione della Brexit. I piagnucolosi e gli invidiosi, assieme ai putiniani e ai filo-cinesi, strilleranno: e la Nato? e l’Ue? Parole di una ipocrisia che regge quanto la neve al sole. Al contrario, è proprio con questo nuovo polo “a tre” che Nato e Ue ritrovano un’anima. Un’anima vera, però: ovvero un’anima capace anche di prendere a schiaffi il proprio corpo. Con questo patto ci si riavvicina al cuore e al senso delle ragioni della Nato e dell’Ue: assumersi tutte le responsabilità per dare alla libertà non solo prospettive di crescita, ma anche difesa e capacità di tutelare diritti e interessi legittimi. Con questo patto i giochetti à la Orbán perdono molto del loro peso.
Da questo polo “a tre” manca il Mediterraneo e manca per defezione volontaria, non perché escluso a priori da qualcuno. Ciò vale soprattutto per l’Italia. Gli spagnoli forse pensano di trasferirsi in blocco in Sud America e intanto vendono ai cinesi un bel pezzo della loro sicurezza. Gli italiani, invece, o stanno dall’altra parte (come Conte, Salvini e tanto mondo cattolico) o sono stati scavalcati e sono rimasti con in mano un cerino che ha bruciato le ultime scuse. Il sistema di accordi Londra-Berlino-Parigi in un certo senso è più trumpiano di Trump. E’ come se Friedrich Merz, Keir Starmer ed Emmanuel Macron avessero detto a Trump: è vero, hai ragione, il gioco si è fatto duro, noi ci stiamo e ci prendiamo le nostre responsabilità, e tu? Oppure hai paura? O ancora non ti sei reso conto di come Putin ti sta giocando? Ormai il presunto ponte meloniano non serve più. Stavolta l’Italia non è stata messa fuori perché giudicata inutile, ma è diventata inutile perché si è messa fuori.
Fino a poco tempo fa Meloni aveva fatto molto meglio rispetto a quanto aveva minacciato dall’opposizione e di quanto aveva promesso in campagna elettorale. Ora, però, o ha esaurito i margini di manovra che le concede la coalizione da lei stessa messa in piedi oppure ha esaurito i margini di manovra interni ai propri convincimenti. La giustificazione (vera) che tanto Conte e Schlein non farebbero di meglio ormai non basta più. (Certo, se Draghi avesse avuto il coraggio del canadese Carney, forse ora ci saremmo anche noi, o se Mattarella fosse ancora in politica…).
Problemi? Certo che ce ne sono, e molto seri. La strada delle grandi novità è sempre in salita, mai in discesa. Problemi politici, innanzitutto. Merz, Starmer e Macron hanno alle calcagna destre e sinistre estremiste, se non fasciste certamente sfasciste, che spingono in direzione opposta a quella dei tre leader.
Intanto il baricentro europeo si sposta a nord. Anzi: torna là da dove era partito, se è vero che agli inizi del XII secolo (1105-1122) la modernità aveva cominciato ad affermarsi con compromessi stipulati a Saint Denis (Parigi), Londra e Worms tra i re locali (uno imperatore) e due papi, Pasquale II e Callisto II, uno padano (allora Impero germanico) e l’altro borgognone (franco-tedesco diremmo oggi). Il nostro Risorgimento doveva riportare l’Italia in Europa. L’unità italiana doveva riportare il diritto nel cuore del Mediterraneo (Sturzo). In due terzi della penisola l’indole levantina sta definitivamente prevalendo?
Se è così, perché quello che 900 anni fa era il Regnum, oggi la parte materialmente europea dell’Italia con epicentro Milano-Bergamo-Brescia-Verona dovrebbe seguire il resto del paese nel burrone? E se lo facesse, chi potrebbe impedire ai suoi giovani e alle sue giovani di continuare a cercare vita oltre le Alpi?
Altrimenti è ormai l’ora che si presenti sulla scena italiana una offerta politica di parte (come si deve in democrazia), nazionale (come esige il momento), rivoluzionaria (perché questo ormai significa essere riformisti).