La Francia ha consegnato ad Abu Mazen una lettera in cui si impegna a riconoscere lo Stato palestinese, rilanciando la soluzione dei due Stati. Il gesto simbolico del presidente francese, sostenuto dall’Arabia Saudita, vuole creare una dinamica internazionale ma così rischia l’isolamento europeo e l’opposizione americana
Parigi. E’ stato il console generale di Francia a Gerusalemme, Nicolas Kassianides, a consegnare ad Abu Mazen, presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), la lettera con cui la Francia si impegna a riconoscere la Palestina come stato autonomo. Il gesto politico e simbolico di Emmanuel Macron si presenta come una risposta alla lettera inviata da Abu Mazen il 10 giugno al presidente francese e a Mohammed bin Salman, il principe ereditario dell’Arabia Saudita. Il leader palestinese denunciava i massacri in Israele del 7 ottobre 2023 commessi da Hamas, invocava la smilitarizzazione dell’organizzazione terroristica e prometteva di rinnovare la governance dell’Anp.
E’ “alla luce di questi impegni” – lo ha scritto su X – che Macron ha deciso di concretizzare la promessa avanzata per la prima volta ad aprile, quando disse che Parigi era pronta riconoscere la Palestina come stato “nei prossimi mesi” e che l’annuncio ufficiale sarebbe arrivato nel quadro di una conferenza internazionale a New York co-organizzata dalla Francia e dall’Arabia Saudita. La conferenza, prevista il 18 giugno, fu annullata dopo l’operazione israeliana contro l’Iran. “Il principe ereditario saudita e il presidente dell’Anp mi hanno detto che non c’erano le condizioni logistiche, fisiche, di sicurezza e politiche per recarsi a New York”, disse Macron durante un punto stampa all’Eliseo, promettendo che la nuova data della conferenza sarebbe stata “fissata il prima possibile”. “Questo rinvio non mette in alcun modo in discussione la nostra determinazione a procedere verso l’attuazione della soluzione dei due stati, qualunque siano le circostanze”, aggiunse. L’accelerazione è avvenuta in questi giorni dinanzi alle immagini che arrivavano della Striscia di Gaza, con il Quai d’Orsay, sede del ministero degli Esteri, che mercoledì aveva già alzato i toni contro Israele, affermando che “il rischio di carestia” era “il risultato del blocco israeliano”. “L’urgenza oggi è che cessi la guerra a Gaza e che la popolazione civile venga soccorsa”, ha scritto su X Macron, sottolineando che la soluzione dei due stati è “l’unica credibile per garantire pace e sicurezza agli israeliani, ai palestinesi e alla regione”. Bollata da Israele come una “resa al terrorismo” che rischia di “creare un proxy iraniano”, l’annuncio di Macron è stato accolto con favore dall’Arabia Saudita, che ha parlato di “decisione storica” e invitato gli altri stati europei a seguire la Francia. Una reazione attesa, quella di Riad: la mossa di Parigi si inserisce infatti nell’iniziativa diplomatica che Francia e Arabia Saudita stanno portando avanti da mesi e conoscerà nuovi sviluppi i prossimi 28 e 29 luglio a New York, nel quadro di una conferenza sotto l’egida dell’Onu sull’attuazione della soluzione dei due stati, in preparazione all’Assemblea generale di settembre.
“L’annuncio di Macron non è solo un simbolo. C’è la volontà di creare una dinamica collettiva, un consenso internazionale. A New York, lunedì e martedì, Francia e Arabia Saudita proporranno una road map per i prossimi 12-15 mesi sulla questione palestinese”, dice al Foglio Didier Billion, vice direttore dell’Iris (Institut de relations internationales et stratégiques) ed esperto di medio oriente. Nel fine settimana gli sherpa francesi e sauditi finalizzeranno la road map “e potrebbero essere coinvolti altri paesi europei e arabi” nella presentazione del piano, sottolinea Billion. Parigi e Riad si muovono in tandem in medio oriente. “L’Arabia Saudita è il partner privilegiato della Francia in questa fase. Macron sa bene che Riad è centrale nel gioco dei possibili negoziati con Israele, è il gigante della regione”, spiega al Foglio Billion. Ma non è solo il dossier palestinese a unire oggi la Francia e l’Arabia Saudita. Oltre alla “partnership strategica” su vari settori economici e industriali messa nero su bianco da Macron durante la sua visita a Riad del dicembre scorso, l’asse franco-saudita sta emergendo in altri dossier sul medio oriente.
Mercoledì, a Parigi, si è svolto un bilaterale tra il ministro degli Esteri francese, Jean-Noël Barrot, e il suo omologo saudita, il principe Faisal bin Sahran. Nella nota diffusa al termine del vertice, oltre alla questione palestinese e a Gaza, i due capi delle diplomazie hanno evocato l’impegno comune per la “stabilizzazione” della Siria e del Libano, con un rafforzamento del governo di Beirut e del cessate il fuoco con Israele raggiunto nel novembre scorso. Ma nonostante un alleato influente come l’Arabia Saudita di Mohammed bin Salman, non sarà semplice per Macron creare una “dinamica collettiva” sul riconoscimento della Palestina. “La Francia è il primo paese del G7 a riconoscere la Palestina. Dal punto di vista simbolico ha certamente un peso questa decisione. Ma Parigi è isolata: Berlino è contraria, Roma pure e Londra resta cauta. Non vedo, per ora, come possa formarsi questa dinamica”, dice al Foglio Marc Semo, collaboratore del Monde e autore del libro “La Géopolitique en 100 questions”, che aggiunge: “Nei prossimi due mesi, possono succedere molte cose, ma se non cambierà nulla questa conferenza si preannuncia come un fallimento. La svolta, a ogni modo, avverrà solo quando la Palestina, oggi semplice stato osservatore, diventerà membro delle Nazioni Unite. E fino a ora gli Stati Uniti si sono sempre opposti. Le conseguenze diplomatiche dell’annuncio di Macron sono incerte”.