Il riconoscimento unilaterale dello stato palestinese da parte della Francia non è un messaggio di pace per Gaza, ma un regalo a chi non riconosce Israele
Il riconoscimento unilaterale dello stato palestinese da parte della Francia – e presto, probabilmente, del Regno Unito – è insieme una tentazione comprensibile ma anche un errore grave. E’ un gesto che premia chi non ha mai riconosciuto Israele, che legittima la violenza come scorciatoia politica e che indebolisce e non incoraggia ogni residuo di trattativa diplomatica. Come ha scritto ieri lo Spectator, Emmanuel Macron, con questa scelta, non si muove per costruire la pace, ma si muove per accontentare la sinistra ideologica, placare i guai interni, disinnescare tensioni sociali sempre più difficili da governare. Il problema però, a ben vedere, non riguarda il principio del riconoscimento in sé, ma il quando e il come. Farlo oggi significa accettare che dopo il massacro del 7 ottobre la comunità internazionale possa dare qualcosa in cambio a chi ha scelto la strada del terrorismo. Il messaggio implicito è chiaro: se uccidi, se rapisci, se terrorizzi, puoi ottenere attenzione, premi e status. E lo puoi fare anche se sei alla guida di un gruppo terroristico, che ha fatto della lotta armata il suo tratto distintivo e che ha fatto dell’esportazione dell’Intifada e della distruzione di Israele il suo principale punto d’onore.
A questo poi va aggiunto un tema politico essenziale: chi rappresenta oggi la Palestina? Se si votasse domani, a Gaza e in Cisgiordania, in astratto dato che le elezioni sono state abolite, a vincere sarebbero Hamas e le fazioni islamiste. Lo ha detto con chiarezza Salman Rushdie: uno stato palestinese oggi sarebbe una distopia fondamentalista, non una democrazia. Riconoscerlo ora, senza alcuna condizione su diritti, istituzioni e rifiuto del terrorismo, significa voler vedere in Palestina ciò che non c’è. E riconoscere unilateralmente lo stato palestinese non è un sostegno al martoriato popolo inerme di Gaza: è solo il più grande regalo che si possa fare a chi non riconosce Israele.