Il caso Milano visto da due Italie che non si parlano

Un garantista e un giustizialista si confrontano sul caso Milano: è giusto che la procura indaghi su come si costruisce nelle grandi città? E’ lecito sospettare sistemi dove ci sono solo delibere? O stiamo trasformando la pianificazione urbana in una colpa penale?

Giustizialista: Il punto non è il cemento, è la trasparenza. E ogni volta che una procura apre un’inchiesta su urbanistica, grandi appalti o trasformazioni del territorio, si grida allo scandalo come se il problema fosse la toga, non il conflitto di interessi. Ma cosa deve fare la magistratura, se non occuparsi di ciò che attiene al bene pubblico? A Milano non si sta indagando un reato qualsiasi: si stanno accendendo i riflettori su un sistema che mescola politica, tecnica e denaro in un modo che, almeno a prima vista, solleva più di un sospetto. Non si accusa la politica in quanto tale. Si chiede se certe decisioni siano state prese nell’interesse dei cittadini o nell’interesse di pochi.

Garantista: Ecco, appunto: “a prima vista”. E’ lì che si gioca tutta la partita. Il diritto penale non si basa sulle impressioni, sulla gravità percepita, sulla moralità del sospetto. Si basa sulle prove, sui fatti, sulle responsabilità individuali. E l’urbanistica, per definizione, è il campo della discrezionalità politica. La politica decide come cambiare il volto di una città, quali aree sviluppare, quali edilizie incentivare. Possiamo discuterne politicamente. Ma trasformare ogni scelta urbanistica in un teorema penale significa criminalizzare la funzione stessa del governo.

Giustizialista: Ma il garantismo non può essere una copertura per lasciar correre tutto. Sappiamo benissimo che la rendita fondiaria è uno dei principali moltiplicatori di potere, consenso e corruzione in Italia. Ogni volta che un terreno diventa edificabile, qualcuno guadagna milioni. Possibile che non ci sia mai un problema? Possibile che tutto sia sempre limpido? La magistratura deve indagare proprio lì dove i meccanismi sono opachi, dove le variabili sono troppe, dove i beneficiari si ripetono. Altrimenti che controlli sono?

Garantista: La magistratura può indagare, certo. Ma negli ultimi anni abbiamo visto decine di inchieste su urbanistica partire con titoli roboanti e finire nel nulla. L’effetto? Paralisi amministrativa, terrore nelle delibere, fuga di investitori. I Comuni non approvano più nulla per paura di essere indagati. Si arriva all’assurdo: se non costruisci, sei accusato di immobilismo; se costruisci, sei sospettato di favoreggiamento. Non c’è uscita.

Giustizialista: L’uscita c’è: la trasparenza. Le delibere si possono fare, ma devono essere spiegate. I rapporti tra politica, tecnici, consulenti e imprese devono essere tracciabili. Se si ricorre sempre agli stessi studi, agli stessi nomi, agli stessi meccanismi che favoriscono pochi attori, allora è legittimo il sospetto. E poi c’è una questione culturale: la pianificazione non può essere lasciata solo agli interessi economici. Serve un controllo civico, e la magistratura – quando agisce bene – può fare da supplente.

Garantista: Ma vedi, è proprio questa l’idea pericolosa: che la magistratura supplisca. L’indipendenza dei pm non può diventare supplenza della politica. Se i piani sono sbagliati, li si cambia con il voto, non con l’informazione di garanzia. E se ogni delibera rischia di essere letta come parte di un “sistema”, anche quando non c’è prova di dolo o corruzione, allora vuol dire che abbiamo perso la distinzione tra etica e reato.

Giustizialista: Ma nella realtà italiana, dove la rendita è il vero potere, l’etica senza diritto è debole. Non si tratta di inventarsi reati, ma di capire dove finisce la legittimità e comincia la compiacenza. L’inchiesta di Milano non criminalizza l’urbanistica in sé. Ma aiuta a capire come si forma una visione della città: chi ha voce, chi no, chi ci guadagna. Se tutto è lecito, allora nulla è discutibile. E allora che ci stiamo a fare?

Garantista: Ci stiamo a fare proprio questo: a difendere la possibilità di discutere senza finire indagati. L’urbanistica è fatta di decisioni che scontentano sempre qualcuno. Se ogni scontento diventa notizia giudiziaria, nessuno governerà più. Si potrà anche costruire meno, ma la giustizia avrà perso qualcosa di più: la misura.

Giustizialista: Ma attenzione: il rischio opposto è che si usi il diritto come scudo per non vedere. Chi discute di potere urbanistico senza mai chiedersi a chi finiscono i benefici si condanna all’ingenuità, non alla libertà politica.

Garantista: Sì, ma il sospetto non può diventare l’unico filtro della democrazia. Se chi governa sbaglia, c’è il voto. Se delinque, c’è la prova. Ma se bastano le suggestioni, allora basta il sospetto per distruggere tutto.



Il dibattito sul caso Milano è solo l’ennesima declinazione di un conflitto più profondo. Chi difende la funzione della politica contro il sospetto permanente. E chi crede che, in un Paese opaco, il sospetto sia già una forma di controllo. Due Italie. Due giustizie. Due verità che non si incontrano quasi mai.

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