Bassetti: “L’Italia è ferma all’Ottocento, mentre Milano corre da sola”

Il sindaco Sala rivendica la propria innocenza mentre Milano affronta una bufera giudiziaria che mette in crisi il suo ruolo di città guida. Per l’ex presidente della Lombardia il vero nodo è l’inadeguatezza normativa di fronte a una società che cambia più velocemente dello Stato, generando paralisi e sfiducia nella politica

“Le mie mani sono pulite”, dice il sindaco di Milano Beppe Sala, nel giorno in cui le parole devono correre dietro ai fatti (e ai non fatti) dell’inchiesta sull’urbanistica, mentre sulla scena resta una città ferita nel suo essere e nel suo animo di metropoli, forse l’unica del paese, almeno al momento. Ed è questa la città che Piero Bassetti – primo presidente della Regione Lombardia dal 1970 al 1974, già deputato in area cattolico-sociale della Dc del Nord, oggi novasettenne osservatore attento della politica locale e nazionale – vede dilaniata tra opposte tensioni che rischiano di decapitare energia, progetti e prospettive. “Siamo di fronte a un cambiamento radicale in un mondo che corre rapido, e siamo di fronte a una Milano dove questo tipo di cambiamento si rende più evidente che altrove nel paese. In questo scenario, da una parte si colloca la statualità liberale, dall’altra ilmodello tecnocratico. E purtroppo con gli strumenti della statualità liberale, per come sono oggi, non si va da nessuna parte. Prendiamone atto: è un problema serio la cui soluzione non può più essere rimandata. Il punto vero da affrontare, dunque, è la dialettica non semplice tra nuovi interessi e normative arretrate”. Qualche tempo fa, sulle pagine locali di Repubblica, un Bassetti profetico preconizzava una grande discussione sul cosiddetto modello Milano. E oggi, a valle del big bang mediatico-giudiziario milanese che ha investito la giunta, e a valle delle intercettazioni fumose e dei paragoni sui giorni neri di Tangentopoli, Bassetti pensa “sia venuto al pettine un fatto evidente: la normativa che regolamenta gli Enti locali è da buttare via. Fino a che ci si trovava nel quadro di un certo tipo di capitalismo e di un certo tipo di socialismo – e lo dico potendo, per età, portare testimonianza diretta – si poteva non vedere il conflitto, già presente in nuce, con una legislazione già antica. Ma è bastato cominciare ad agire in modo per così dire moderno per far emergere l’inadeguatezza delle regole rispetto al reale. E quando le regole restano indietro può inserirsi anche qualche azione o soggetto poco limpido”.

Difficile, in questo quadro normativo, dice Bassetti, “garantire sempre e proteggere sempre la correttezza, mantenendola sempre distinta da chi specula. Più che interrogarsi se la colpa sia di chi fa una mossa o di chi autorizza, è venuto a mio avviso il momento di chiedersi come si possa rendere l’intero sistema compatibile con un panorama di capitalismo moderno, se non vogliamo continuare ad agire, anche in buonafede, ai confini di una legge inadeguata, dove magari è più facile, per i malintenzionati, arrivare ad infrangerla. Vogliamo restare nell’Ottocento o percorrere la via di una modernizzazione normativa che aiuti a regolare conflitti di interesse e di potere? Il tema non riguarda soltanto il caso Milano, ma anche le opere del Pnrr”. E’ in questa corsa in avanti non supportata da una griglia legislativa al passo con i tempi che, per Bassetti, si annidano crisi della politica e astensionismo: “Nessuno fa più politica, nel senso di sforzarsi di guardare al mondo per come dovrebbe essere e non per com’è ora o per com’era tre anni fa. E quello che accade a Milano lo rende tristemente evidente”. Questo è anche il motivo per cui Bassetti respinge il paragone con Tangentopoli: “Vogliamo fare una discussione astratta in una casa in cui manca l’acqua corrente? Fuor di metafora: la crisi di cui parlo è più profonda, è crisi del modello stato, uno stato che non intercetta le trasformazioni vorticose della società contemporanea”.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l’Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l’hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E’ nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.

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