L’improvvisa rimozione di Maurene Comey riaccende i sospetti sul caso Epstein, con intrecci che lambiscono la giustizia e la politica americana. Cresce il malcontento tra i sostenitori di Trump, divisi tra teorie cospirazioniste e accuse incrociate
Il caso Epstein non è affatto sepolto e i suoi rivoli lambiscono il potere giudiziario, con l’improvviso licenziamento della procuratrice distrettuale Maurene Comey, parte del team di magistrati che a suo tempo aveva incriminato e arrestato Jeffrey Epstein. Non è bastato dunque quel breve memo che il dipartimento di Giustizia ha diffuso all’inizio di luglio che voleva mettere a tacere tutte le teorie cospirazioniste sul finanziere ufficialmente morto suicida nella notte tra il 9 e il 10 agosto 2019 in carcere: sarebbe andata proprio così e non ci sarebbe nessuna fantomatica lista di clienti della sua rete di pedofili. Fine. Stranamente, una parte dei suoi seguaci non ha seguito i desiderata del presidente, e ha continuato a chiedere il rilascio di questa lista. Del resto, la stessa procuratrice generale Pam Bondi aveva detto lo scorso febbraio che era “sulla sua scrivania”. E un manipolo di influencer di area Maga aveva partecipato a una conferenza stampa-show dove venivano loro consegnati dei documenti già trapelati al pubblico. Anche due ex membri di quel mondo mediatico, come Kash Patel e Dan Bongino, ora ai vertici dell’Fbi, avevano confermato la versione del presidente. Altri più estremi, come Nick Fuentes e Laura Loomer, avevano avuto voci più critiche che però non attaccavano direttamente il presidente, bensì la stessa Bondi. Tra i difensori di Trump, si segnala l’ex conduttore di Fox News Bill O’ Reilly che in un’intervista televisiva voleva dare la colpa di tutto all’Amministrazione Biden. Nonostante i fatti si siano svolti nel 2019, un anno prima dell’elezione presidenziale 2020.
Ecco che allora l’Amministrazione ha tirato fuori dal cilindro delle distrazioni (dopo un post surreale del presidente sull’account ufficiale della Casa Bianca sulla Coca Cola che d’ora in poi avrà nella sua ricetta lo zucchero di canna) il licenziamento di Maurene Comey. Atto che ha varie letture possibile: la prima, la più immediata, è proprio il suo coinvolgimento nelle indagini su Epstein e sulla sua associata Ghislaine Maxwell, che attualmente sta scontando una pena di vent’anni. La seconda è nella sua parentela: è figlia di James Comey, l’ex direttore dell’Fbi nominato nell’epoca di Barack Obama che a pochi giorni dalle elezioni presidenziali del 2016 diede l’annuncio dell’indagine sulle e-mail non conservate in modo appropriato dalla candidata Hillary Clinton, fattore che favorì la risicata vittoria di Trump di quell’anno. Pochi mesi dopo però lo stesso Comey finì licenziato perché non volle confermare al neoeletto presidente che sarebbe stato leale più a lui che alle leggi. Sembra quindi che la scelta di rimuovere la figlia Maurene rientri nelle indagini che l’attuale Amministrazione sta conducendo sulla cosiddetta “Bufala russa”, ovvero l’aiuto da parte di Mosca alla campagna elettorale del tycoon di nove anni fa. Inoltre, c’è un ultimo dato: gli attacchi provenienti dallo stesso mondo di influencer di estrema destra che hanno prosperato intorno al caso Epstein, Laura Loomer in testa, che chiedevano a gran voce il suo licenziamento. Un atto che ha scosso ulteriormente l’ufficio del procuratore distrettuale di Manhattan dove Maurene Comey lavorava e che già qualche mese fa aveva visto le dimissioni del capo a interim della procura e di diversi suoi collaboratori dopo che il dipartimento federale di Giustizia aveva usato un colpo di spugna sulle accuse che pendevano sulla testa dell’attuale sindaco di New York Eric Adams, un ex democratico divenuto oggi un indipendente vicino a Trump.
Ma le conseguenze del brusco cambio di posizione, su cui molti commentatori di sinistra hanno assunto posizioni sovrapponibili a quelle di Loomer fino a qualche mese fa, non si fermano qua. Solo che, mentre i trumpiani alludevano alla presenza dei “vertici dem” nella lista, oggi si ammicca al fatto che il tycoon negli anni ’90 era un grande amico di Epstein. La rimozione di Comey però può essere letta anche in un altro modo. Nei mesi scorsi era proprio lei a mettere in guardia il dipartimento di Giustizia sul rilascio dei file delle indagini relativi al caso perché potrebbe interferire sul ricorso fatto proprio in questi giorni dai familiari di Ghislaine Maxwell per commutarle la pena o per ottenere un nuovo patteggiamento. Ergo Trump cerca di accontentare tutti i suoi supporter, ma una volta tanto non ci sta riuscendo. E un recente sondaggio della Cnn ha fotografato questo insolito scenario: soltanto il 4 per cento dei suoi sostenitori è contento di come la vicenda sta venendo gestita. E presumibilmente bisogna tenere in conto, ancora una volta, il parere di Laura Loomer: la vicenda rischia di consumare piano piano la presidenza di Donald Trump, già in affanno per le gravi conseguenze economiche della legge di bilancio varata lo scorso 4 luglio.