Mille giorni di governo Meloni: non si può essere garantisti nel processo ma giustizialisti nelle pene

Il grave silenzio sulla tragedia delle carceri. Un hardware liberale e garantista mal si concilia con un software giustizialista

Pesa nel bilancio il grave silenzio tuttora serbato sulla tragedia delle carceri e la mancata risposta alle aperture che sono pure state espresse di recente da rappresentanti autorevoli della stessa maggioranza. Si tratta, infatti, di una crisi sia umanitaria che sociale che non può essere ignorata,restando prigionieri di slogan elettorali e di parole d’ordine che presuppongono una visione puramente repressiva del carcere e della pena, populisticamente appagante ma contraria ad ogni effettiva utilità in termini di sicurezza. Se si vuole essere “garantisti nel processo” non si può al tempo stesso essere “giustizialisti nell’esecuzione delle pene”. Un moderno stato di diritto non può avere più facce, né differenti visioni dell’uomo e della sua dignità. L’obiettivo lungimirante di riformare l’ordinamento per ottenere, attraverso la separazione delle carriere, un giudice terzo, non può coniugarsi con l’applicazione di inutili leggi draconiane, con la creazione di nuove irragionevoli fattispecie di reato e con l’introduzione di pene sproporzionate. Il garantismo, giustamente perseguito da questo Governo nel processo, deve necessariamente accompagnarsi all’applicazione di una legge penale equilibrata, lontana dalle demagogiche e irrazionali invenzioni del “pacchetto sicurezza”.

Le riforme del processo devono invece proseguire con convinzione, rispondendo anche alle sfide che l’irruzione tecnologica ci consegna (si pensi ad esempio all’uso investigativo dell’intelligenza artificiale e al sequestro dei server dei cripto-telefonini …). Si proceda, senza condizionamenti, alla riforma della disciplina del sequestro dei dispositivi informatici. Si lavori su di una riforma ampia e coerente delle intercettazioni (bene sulla ampliata tutela delle comunicazioni del difensore con il proprio assistito, frutto di una nostra antica rivendicazione) e su quella già iniziata della custodia cautelare. Si insista sull’espansione progressiva delle garanzie nell’ambito del processo di prevenzione. Si rafforzi la presunzione di innocenza: si è fatto bene sul divieto di pubblicazione delle ordinanze. Si proceda al più presto all’ulteriore e definitiva riduzione degli ostacoli posti alle impugnazioni. Ma nel chiudere questo sommario bilancio, una riflessione va fatta: un hardware liberale e garantista mal si concilia con un software giustizialista. Il primo garantisce un futuro equilibrato e rassicurante e una giustizia più matura per tutti i cittadini, il secondo inocula il virus dell’instabilità, della paura e dell’insicurezza che non serve certamente alla crescita del Paese.

Francesco Petrelli


presidente delle Camere penali

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