Il patron di Duferco e presidente dell’associazione che raccoglie le principali aziende siderurgiche: “Per ragionare di politiche industriali bisogna abbandonare gli slogan. Se il Pd vuole difendere i lavoratori contribuisca a rivedere le regole europee”
“In questo momento in Europa c’è un problema di deindustrializzazione che può rappresentare una valanga per il continente. E se vogliamo evitare questa valanga c’è bisogno di unità da parte delle famiglie politiche. Per questo a Elly Schlein e al Pse rivolgo un appello: se volete tornare a occuparvi di fabbriche il tema vero è la revisione del Green deal”. Antonio Gozzi, presidente di Federacciai, parla al Foglio nelle stesse ore in cui il Pd, dai Tiburtina Studios, presenta le sue proposte in tema di politiche industriali. E lancia un monito: “Basta slogan”.
E quindi mentre il Pd sotto la regia di Andrea Orlando allestiva la due giorni che all’esterno dovrebbe dare l’idea di un partito aperto alle esigenze dell’industria, il presidente di Federacciai Gozzi scriveva sul suo blog Piazza Levante una lettera aperta a Elly Schlein per passare più rapidamente da rivendicazioni di principio a risultati concreti. “Conveniamo sul fatto che i tre presidenti di Germania, Francia e Italia, Merz, Macron e Meloni, facciano bene a elaborare insieme un documento di politica economica e industriale. E che in quel documento affrontino tutti i problemi scabrosi che gravano sulla nostra industria, sui cicli di declino che riguardano svariati settori e che rischiano di diventare una valanga che si abbatte sul continente. Ma a mio avviso il tema dei temi, quello su cui già siamo in ritardo, è la profonda revisione del Green deal”.
Gozzi sa che all’interno del Partito socialista europeo (a anche nel Pd) è difficile che le posizioni cambino e mettano in discussione il pacchetto di regole elaborato nella scorsa legislatura europea. “E non è un caso che la commissaria Ribeira continui a dire che il Green deal è intoccabile”, ragiona il presidente di Federacciai. “Eppure sull’Ets, che oramai dopo 25 anni è sempre più evidente a tutti come sia diventata una mera tassa carbonica, ma anche in generale sulle politiche dell’auto, qualcosa bisogna pur dirlo. Sapendo che l’approccio non può essere su base nazionale ma europea”.
Secondo Gozzi, peraltro, l’appello rivolto ai Socialisti europei e al Pd, che all’interno del Pse è il gruppo più cospicuo per numerosità, deriva anche da una difesa di princìpi politici: “Perché se ci teniamo al nostro modello di sviluppo, al nostro welfare, dobbiamo ricordarci come siano entrambi legati alla crescita e alla difesa dei nostri sistemi industriali”, ragiona il patron del colosso siderurgico Duferco. “Le mie sono prese di posizione che il Pd conosce bene perché con Schlein abbiamo parlato in diverse occasioni. A febbraio sono stato invitato da Gori e Bonaccini al Kilometro rosso a Bergamo, dove ho espresso la mia visione”. Sul tema del disaccoppiamento del costo dell’energia, un tema caro a Gozzi, per esempio la segretaria del Pd si è mostrata particolarmente interessata. “L’importante è che anche sul decoupling l’approccio sia europeo. E non si rimanga al livello degli slogan, ma si arrivi a soluzioni organiche”. Anche sugli scenari di guerra commerciale, Gozzi sostiene ci possa essere una maggiore attenzione a sinistra. “Sono tutti concentrati sugli effetti di dazi americani al 10 per cento. Ma non vedono all’orizzonte quello che potrebbe essere il vero problema: l’unfair competition cinese, che rischia di inondare i nostri mercati di loro prodotti a basso prezzo”. Tutti dossier su cui è il Pse nel suo complesso ad avere un posizionamento ondivago, visto quanto in tema di politiche di transizione energetica il gruppo, nel tempo, si sia schiacciato sulle posizioni dei Verdi. Non riuscendo a elaborare proposte proprie che nel pieno dello spirito riformista riuscissero a trovare di volta in volta soluzioni più pragmatiche.
Ciò detto, un altro elemento di riflessione, negli ultimi giorni, è stato l’utilizzo, da parte della segretaria Schlein, per introdurre la Conferenza ai Tiburtina Studios, del cosiddetto “modello spagnolo” cui l’Italia dovrebbe guardare come esempio di crescita in ambito lavorativo e di sviluppo economico. “Ma è chiaro che per noi i veri modelli sono altri paesi come Francia e Germania, visto che siamo un paese industriale e invece la Spagna, tolto un po’ di automotive, ha un’economia che si regge soprattutto su costruzioni e servizi”, analizza Gozzi. “Peraltro la Spagna, che in passato aveva anche il nucleare, adesso è tra i paesi più intransigenti nell’applicazione del Green deal. Continua imperterrito in una transizione radicale verso le rinnovabili. Io capisco che da leader di un partito di sinistra tu voglia guardare, per dire, alla socialdemocrazia tedesca. Ma occhio a questi esempi più estremisti”. Insomma, il Pd passi dalla teoria alla pratica in Europa? “Ripeto, ridare competitività all’Europa deve essere un obiettivo comune a tutte le famiglie politiche”, conclude Gozzi. “Soprattutto se si dice di voler difendere fabbriche e lavoratori”.