Milioni, eliminazione e tante scorie: ecco cosa ha lasciato il torneo americano alle squadre di Chivu e Tudor
Doveva essere un torneo placido, qualche indicazione tecnica interessante, un po’ di fastidio relativo alla stanchezza di fine stagione, un bel po’ di milioni in cassa e chi si è visto si è visto. Nessuno immaginava che il Mondiale per club potesse trasformare in maniera drastica lo scenario futuro della Juventus e soprattutto dell’Inter, con i nerazzurri che tornano in Italia portando sulle spalle il peso di un’eliminazione arrivata contro una squadra parsa tutto sommato battibile e di uno spogliatoio diventato improvvisamente una polveriera. L’atto di accusa di Lautaro Martínez ha il sapore di una possibile rivoluzione all’orizzonte, e non è detto che per l’Inter debba necessariamente essere un male: la scelta di Cristian Chivu era parsa una mossa sull’onda della conservazione dopo una rottura traumatica, quella con Simone Inzaghi, e un testa a testa con il Como perso, un po’ a sorpresa, per provare a portare a Milano Cesc Fabregas. Il terremoto statunitense potrebbe invece essere l’impulso decisivo per una trasformazione da fine ciclo che inizia a sembrare necessaria per una rosa dall’età media altissima, valorizzata al massimo da Simone Inzaghi nonostante un epilogo stagionale privo di trofei, e per uno spogliatoio che non sembra più remare tutto dalla stessa parte.
Forse aveva bisogno di tempo, l’Inter, per metabolizzare il tracollo di Monaco. Aveva bisogno di fermarsi e non pensarci, invece si è trovata catapultata in un impegno estivo dal contorno di un torneo amichevole, ma dall’ufficialità ben diversa. E allora non è un caso che le cose migliori, eccezion fatta per un Lautaro Martinez che ha dimostrato di tenere all’Inter in maniera feroce, siano arrivate da chi non porta sulla pelle le cicatrici di Monaco: Valentin Carboni, Pio Esposito, in parte anche suo fratello Sebastiano e Petar Sucic, anche se, a onor del vero, va detto che uno di quelli apparsi maggiormente a disagio è stato Luis Henrique, costosissimo nuovo acquisto da collocare a forza in un sistema di gioco che non sembra particolarmente adatto a lui. Per immaginare in maniera dettagliata il lavoro di Chivu bisognerà dunque capire quale sarà l’Inter che avrà modo di allenare all’uscita da questo frullatore di fine stagione: una squadra simile a quella che ha concluso l’anno, con pochi innesti, oppure una del tutto rivoluzionata, tra chi avrebbe la valigia già pronta, come lascerebbe immaginare la levata di scudi contro Calhanoglu, e chi starebbe pensando ad altre destinazioni, ma senza manifestarlo fino in fondo, citofonare Thuram, che nell’èra degli indizi social si è lasciato scappare un like di troppo. Di sicuro, le parole del presidente Marotta non fanno pensare a una risoluzione serena della vicenda: esporre in pubblica piazza il nome del regista turco ha generato una reazione scomposta e inevitabile della tifoseria. Seduto al tavolo della società, Chivu dovrà fare i conti con chi c’è e immaginare chi non ci sarà: mai come stavolta, però, avrà bisogno del supporto della dirigenza, per evitare che il bubbone del malcontento possa esplodere in maniera prepotente già nelle prime gare ufficiali della stagione.
Alla luce dello scenario interista, risulta tutto sommato accettabile l’uscita di scena della Juventus, che a differenza dei nerazzurri è andata a sbattere contro due top club (Manchester City e Real Madrid) e si è presentata negli Stati Uniti con una rosa davvero troppo vicina a quella di un casting a cielo aperto. Quanti di quelli che sono scesi in campo da titolari nell’ottavo di finale contro la formazione di Xabi Alonso vedremo effettivamente tra i primi undici nelle gerarchie di Tudor in occasione della prima di campionato? Il Mondiale ha certamente consolidato la posizione di Di Gregorio, a tratti formidabile nelle ultime due partite, e fatto capire una volta di più che a questo Yildiz non è possibile rinunciare: l’investimento fatto assegnandogli la maglia numero 10 deve però essere portato fino in fondo da Tudor, che a volte sembra più legato ai suoi concetti che a ciò che esprime il campo. Non dovrebbe esserci Kolo Muani, con David che pare ormai dietro l’angolo, mentre è un separato in casa Dusan Vlahovic, tra criptiche storie pubblicate sui social a ogni sospiro e un contratto che pare esser stato siglato un’era geologica fa, quando il valore del serbo era ben diverso dall’attuale. Serviranno movimenti mirati per accontentare un tecnico dai principi di gioco particolari, con mosse oculate specialmente sulle corsie e in difesa, pur aspettando i rientri di Bremer e Cabal. E urgente sarà anche la decisione relativa a Koopmeiners, patrimonio che pare quasi del tutto disperso nonostante il golletto segnato al City: Tudor dovrà decidere se rilanciarlo o sacrificarlo, a costo di minusvalenze: termine orrendo che però i tifosi italiani hanno imparato a maneggiare con cura.