Gli incidenti in aumento sono quelli “in itinere”. I dati Inail non assolvono i privati – a cui viene troppo spesso data la principale responsabilità – ma dicono con chiarezza che lo stato non sta facendo la sua parte. Le mezze verità
La notizia è drammatica, e merita indignazione: Glovo ha deciso di incentivare le consegne nelle ore più calde offrendo un bonus economico ai rider, trasformando il caldo torrido in un’occasione di profitto. Un gesto cinico che ha scatenato una polemica giusta, dopo la quale l’azienda ha ritrattato l’iniziativa. Ma se questa storia viene usata – come spesso accade – per ribadire l’assioma “privato uguale morte sul lavoro”, allora qualcosa non torna.
I dati dell’Inail 2024 dicono altro. Parlano, per esempio, di una lieve ma costante diminuzione degli infortuni sul posto di lavoro: -1,9 per cento rispetto all’anno precedente. Parlano di oltre 197 milioni di euro in sgravi assicurativi concessi a 30mila aziende che hanno investito in sicurezza in modo volontario, al di là degli obblighi di legge. Parlano di una diffusione crescente di tecnologie, droni, sensori, intelligenza artificiale, per prevenire incidenti. È lento, certo. È parziale. Ma il sistema produttivo privato italiano sta facendo progressi reali nella lotta agli incidenti. E allora, se cerchiamo un colpevole che non migliora, dobbiamo guardare altrove. Lo dice ancora l’Inail: i morti aumentano, sì, ma in itinere, nel tragitto casa-lavoro. Sono il 42,3 per cento dei decessi, e crescono ogni anno. E finché non risulta che siano i privati a costruire strade, treni, autobus o reti urbane, questa strage silenziosa pesa interamente sulle spalle dello stato. E’ il settore pubblico che non riesce a garantire ai cittadini percorsi sicuri. E’ la politica che considera il tragitto una variabile privata, anziché parte strutturale del lavoro.
Prendersela solo con i privati è comodo, ideologico, e spesso ipocrita. I dati non dicono che il privato sia innocente, ma dicono con chiarezza che lo stato non sta facendo la sua parte. Se davvero vogliamo fermare la conta dei morti, dobbiamo iniziare a chiederne conto anche al pubblico. E smettere di raccontare verità a metà.