Fina (Pd): “Ho citato Alemanno per interrogare la coscienza della destra sul sovraffollamento carcerario”

Il senatore dem che ha letto i diari dell’ex sindaco di Roma sulle condizioni critiche dei detenuti nell’Aula di Palazzo Madama: “Le parole di Mattarella non rimangano un monito ma siano una bussola”

Senatore Michele Fina, il suo intervento al Senato sul sovraffollamento carcerario, citando le parole di un avversario politico come Gianni Alemanno, è il segnale che su un tema così importante la politica dovrebbe essere unita? “Sì, assolutamente. Le carceri non sono una zona franca dalla democrazia. I diritti fondamentali non si sospendono con la detenzione. Per questo l’appello è a un confronto serio e trasversale”, spiega al Foglio il tesoriere dem. “Ho citato Alemanno perché il suo diario dal carcere non evoca l’appartenenza politica ma, attraverso la condizione umana in regime di reclusione, l’umanesimo stesso come base imprescindibile della civile convivenza. Inoltre si tratta di un esponente storico della destra italiana, con il quale molti parlamentari che ho di fronte in Aula hanno lavorato fianco a fianco. Quindi è un nome che può aiutare a superare la polemica pregiudiziale per rimettere al centro la dignità umana”. E’ anche per questo che bisogna partire dai dati: “Oggi siamo a oltre 62 mila detenuti, in un sistema che può ospitarne circa 51 mila, di cui 5 mila non sono comunque disponibili: quindi 16 mila persone in eccesso, con punte drammatiche in alcune regioni. Nel 2024 si è raggiunto il record di 91 suicidi (detenuti e poliziotti penitenziari) e il 2025 rischia di essere anche peggiore; numeri che raccontano quanto stia fallendo la funzione rieducativa della pena e la drammatica situazione delle persone in carne e ossa”, spiega ancora il senatore dem.

Ieri Alemanno ha reso noto con una lettera un ulteriore tentato suicidio all’interno del carcere di Rebibbia. E solo qualche giorno fa il presidente della Repubblica Mattarella è tornato a lanciare un monito contro il sovraffollamento carcerario. Il governo dovrebbe dare maggior ascolto a quelle parole? “Quando parla il presidente della Repubblica non parla solo un’autorità, parla la coscienza civile del paese. Mattarella è stato chiaro: non possiamo più voltare la testa. Non è tollerabile che un detenuto muoia suicida ogni settimana”, ragiona Fina. “Il governo, invece, ha fatto poco o nulla: il piano carceri promesso a luglio 2023 è ancora senza gambe, nessun investimento strutturale nonostante i proclami, nessun passo avanti sulla giustizia di prossimità o sulle pene alternative. Anche le misure più semplici, come ampliare l’organico della polizia penitenziaria o ridurre i tempi di detenzione preventiva, non sono state affrontate. Servirebbe ascoltare Mattarella non solo come monito, ma come bussola”.

La scorsa estate Forza Italia aveva minacciato la crisi di governo se non si fosse riusciti a incidere soprattutto sul tema carceri. I forzisti sono ancora l’interlocutore da scuotere, all’interno della maggioranza, per cercare di affrontare un problema sempre più grave? “Forza Italia ha una propria cultura politica e ha una storia che gli impedisce di far finta di nulla. Ma oggi nel governo è silenziata. La minaccia dell’estate scorsa è rimasta un’eco”, risponde l’esponente democratico. “Credo che vadano interpellati tutti coloro che hanno a cuore una giustizia che funzioni e che sia giusta. Ma non basta più la testimonianza, serve l’iniziativa. Serve il coraggio di incidere in un governo che sulla giustizia è dominato da una visione punitiva e populista, non senza tratti di disumanità. La vera sfida è recuperare il senso costituzionale della pena, come previsto dall’art. 27: umana, rieducativa, non vendicativa. Invece solamente il nuovo decreto sicurezza ha introdotto 28 nuovi reati. Quindi è una sfida che richiede atti concreti, non solo dichiarazioni. Naturalmente c’è anche un obbligo per chi ha l’onore di essere parlamentare: visitare costantemente gli istituti di pena. Bene ha fatto Debora Serracchiani a proporre la campagna, citando Calamandrei, “bisogna aver visto”, con nostre costanti visite ispettive e interrogazioni”.

Si aspettava più coraggio da uno con una cultura dichiaratamente garantista come il ministro Nordio? “Mi aspettavo e mi aspetto di più. Nordio ha una biografia che richiama principi liberali e garantisti, ma finora ha dato l’impressione di essere più osservatore che riformatore; non solo su questo tema”, dice Fina al Foglio. Elencancando una serie di possibili soluzioni per arginare l’emergenza sovraffollamento: “Dall’estensione delle misure alternative alla detenzione, in particolare per i reati minori e non violenti, fino alla depenalizzazione di alcune fattispecie minori, come la morosità incolpevole ad esempio. Passando per un maggiore uso del braccialetto elettronico, oggi ancora sottoutilizzato. E poi da assunzioni e formazione per il personale penitenziario, oggi stremato da turni massacranti e carenza di organico (mancano oltre 8 mila agenti). E infine, dalla costruzione di nuove strutture più piccole, territoriali, orientate al reinserimento. Il carcere non deve essere solo custodia, ma soprattutto accompagnamento al ritorno nella società“.

Rimane, nella citazione di Alemanno, forse un metodo di confronto che può insegnare qualcosa alla politica? “La democrazia è ascolto e confronto. Chi si sottrae pensando di indebolire l’avversario delegittimandolo, rischia di indebolire invece il terreno delle regole democratiche e il perimetro costituzionale. Solo chi è incerto dei propri principi e della propria visione politica ha paura di ascoltare gli altri e guardare i problemi anche dagli altrui punti di vista. Di più: la paura del confronto è, a mio parere, la peggiore forma di subalternità culturale. Ciò non toglie che non possiamo non vedere che viviamo purtroppo uno dei punti più bassi della vita democratica repubblicana, perché chi governa oggi è più orientato da un sentimento di rivalsa e da un complesso di inferiorità che si trasforma in sorda arroganza”, conclude allora Fina. “Sul tema dell’esecuzione penale, spero davvero che almeno le parole di un esponente storico della destra italiana possano interrogare le coscienze dell’attuale maggioranza“.

  • Luca Roberto
  • Pugliese, ha iniziato facendo vari stage in radio (prima a Controradio Firenze, poi a Radio Rai). Dopo aver studiato alla scuola di giornalismo della Luiss è arrivato al Foglio nel 2019. Si occupa di politica. Scrive anche di tennis, quando capita.

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