Dalla Spagna una lezione per l’Anm sulla separazione delle carriere

Lo sciopero delle toghe e l’ondata di inchieste sul governo dimostrano quanto sia infondata l’accusa alla riforma Nordio dell’Associazione nazionale magistrati sull’inevitabile perdita di indipendenza dei pm

Magistrati in sciopero contro la riforma della giustizia del governo. Giudici e pubblici ministeri si mobilitano per denunciare l’attentato all’autonomia e all’indipendenza del corpo giudiziario, oltre che l’aggressione allo stato di diritto. Il governo risponde con accuse di corporativismo e conservatorismo. Il ministro della Giustizia denuncia le pressioni e le interferenze del potere giudiziario su quello legislativo, mettendo in dubbio il diritto di sciopero dei magistrati. Lo scontro è ovviamente anche sulle adesioni allo sciopero: 75 per cento secondo i magistrati, 28 per cento per il ministro. Non accade in Italia, ma in Spagna. Il governo non è quello di centrodestra guidato da Meloni ma quello socialista di Pedro Sánchez. E il ministro non si chiama Carlo Nordio, ma Félix Bolaños.

Da martedì la magistratura spagnola è in sciopero per protestare contro i progetti di legge presentati dal governo che riformano l’accesso alla carriera giudiziaria e lo Statuto del pubblico ministero. A decretare l’astensione dal lavoro per tre giorni, partita lunedì e che andrà avanti fino a oggi, sono state cinque delle sette associazioni che compongono la magistratura in Spagna (solo le due progressiste si sono schierate contro la mobilitazione). Lo sciopero non è stato autorizzato dal Consiglio generale del potere giudiziario (Cgpj), il Csm spagnolo, che interpellato dal ministro della Giustizia Bolaños ha definito “illegale” l’astensione dal lavoro delle toghe, che invece lo ritengono un diritto costituzionale.

I progetti di legge elaborati dal governo hanno come primo obiettivo quello di ampliare l’organico del corpo giudiziario, oggi composto da 5.377 giudici e 2.473 pubblici ministeri, per accelerare il servizio pubblico della giustizia. Oltre alla modifica delle modalità di svolgimento del concorso di accesso alla magistratura (con l’eliminazione di una prova orale, sostituita da un esame scritto, incentrato sulla risoluzione di un caso pratico), i provvedimenti prevedono la riforma del cosiddetto “quarto turno”, cioè la procedura alternativa al concorso con cui giuristi di riconosciuta competenza (più di dieci anni di esperienza professionale) possono accedere alla magistratura. I progetti di legge ampliano le possibilità del quarto turno per accedere alla carriera di giudice e, per la prima volta, introducono il quarto turno anche per l’accesso alla carriera di procuratore. A coloro che entreranno in magistratura attraverso questo processo saranno automaticamente riconosciuti cinque anni di servizio nella carriera giudiziaria. Inoltre, la legge proposta dal ministro Bolaños disciplina un processo straordinario per la stabilizzazione di circa 1.300 giudici e procuratori “supplenti”, assimilabili ai magistrati onorari italiani.

La riforma proposta dal governo interviene, poi, sullo status del procuratore, al quale sarà affidata l’istruzione dei processi penali, oggi ancora svolta dai giudici istruttori (come accadeva in Italia prima della riforma del processo in senso accusatorio del 1989). Per rafforzare l’autonomia dei pm, infine, la riforma disallinea il mandato del procuratore generale da quello del governo: il procuratore generale sarà nominato per cinque anni e, in caso di cambio dell’esecutivo, continuerà il suo lavoro fino alla scadenza di tale periodo. Inoltre, per rendere impossibili interferenze nelle decisioni del pg, il nuovo Statuto vieta espressamente al governo centrale e alle comunità autonome di chiedere a quest’ultimo di intraprendere qualsiasi azione relativa a un determinato procedimento penale. Al contrario, secondo le associazioni di giudici e pm, la riforma attribuisce maggiori poteri sulle indagini al procuratore generale, che è il vertice del pubblico ministero, limitando i controlli e gli equilibri interni, senza eliminare la sua dipendenza dal governo che lo ha nominato.

Lo scontro sulla ley Bolaños si inserisce in un clima giudiziario incandescente, dove lo scontro con la magistratura è ben più forte delle tensioni del governo Meloni rispetto alle sentenze della Cassazione sui migranti. Il governo è travolto dagli scandali giudiziari: nei giorni scorsi è finito in carcere, come misura cautelare per i forti indizi e il rischio di inquinamento delle prove, Santos Cerdán, segretario organizzativo del Partito socialista (Psoe) e braccio destro del premier Pedro Sánchez. L’accusa è di essere il capo di un’associazione criminale finalizzata alla corruzione, che percepiva tangenti in cambio di appalti. L’inchiesta è partita da un esponente di secondo piano del partito, Koldo García, e poi ha coinvolto il precedente segretario organizzativo del Psoe ed ex ministro dei Trasporti José Luis Ábalos, altro uomo di fiducia di Sánchez. Ora ha travolto Cerdán, “l’architetto” del governo Sánchez per la sua capacità di costruire le alleanze necessarie con i partiti nazionalisti baschi e catalani. Ma non è finita. Perché sotto inchiesta ci sono la moglie di Sánchez, Begoña Gómez, imputata per traffico di influenze e corruzione, e il fratello del premier, David Sánchez, rinviato a giudizio per traffico di influenze.

Entrambe le inchieste sono partite su impulso dell’associazione di destra Manos limpias (che prende il nome dall’inchiesta italiana di “Mani pulite”), e proprio la riforma della ley de Enjuiciamiento Criminal (Lecrim) punta esplicitamente a limitare queste denunce perché – ha detto il ministro della Giustizia – “lo spirito della figura della acusación popular è chiaramente pervertito dalle organizzazioni di estrema destra”. Al contrario, per gli oppositori la legge punta a garantire impunità al governo.

Lo scontro tra politica e magistratura è senza precedenti. Nel caso giudiziario che riguarda la moglie, accusata di aver sfruttato la propria relazione coniugale con il premier per far ottenere contratti pubblici a un imprenditore amico, Pedro Sánchez non ha risposto alle domande e ha denunciato il giudice per prevaricazione. Il giudice Juan Carlos Peinado, dal canto suo, ha inviato al Tribunal supremo un atto di accusa per falsa testimonianza nei confronti del ministro della Giustizia Bolaños proprio per il caso Begoña Gómez. In questo contesto non si salva neppure il procuratore generale, figura chiave della riforma. Álvaro García Ortiz è stato rinviato a giudizio dal Tribunal supremo per rivelazione del segreto d’ufficio: è accusato di aver rivelato alla stampa atti riservati di un’inchiesta ai danni del compagno di Isabel Díaz Ayuso, presidente della comunità di Madrid e figura di spicco del Partito popolare e acerrima avversaria di Sánchez. E’ la prima volta nella storia spagnola che un procuratore generale è imputato, e per questo le associazioni dei pm e dei giudici ne hanno chiesto le dimissioni. In questo scontro il governo socialista vede chiaramente un’aggressione giudiziaria da parte di un pezzo di magistratura politicizzata, mentre i magistrati accusano il governo di voler limitare l’indipendenza delle toghe e mettere sotto tutela la giustizia.

Sono molte le similitudini, a parti politiche invertite, con il caso italiano. C’è però una grande differenza. Prima abbiamo fatto riferimento alle associazioni dei pm e alle associazioni dei giudici perché in Spagna esiste la separazione delle carriere inquirente e giudicante. Ma questo dimostra proprio quanto sia infondata l’accusa alla riforma Nordio dell’Associazione nazionale magistrati (Anm) rispetto al fatto che la separazione delle carriere porti, inevitabilmente, a un assoggettamento dei pm al governo.

In Spagna, dove le carriere sono separate e dove il governo nomina addirittura il procuratore generale (cosa che non accadrebbe con la riforma Nordio), i pm non solo scioperano insieme ai giudici contro il governo, ma indagano sul partito del premier, arrestano il suo braccio destro, accusano anche sua moglie e suo fratello. Come se non bastasse indagano il ministro della Giustizia e, addirittura, mandano a processo il procuratore generale.

Non si sa quali e quante di queste inchieste siano fondate, ma di certo nessuno sano di mente può mettere in dubbio l’autonomia della magistratura spagnola dal governo. Cosa che accade, al contrario di ciò che dice l’Anm, in tutti i paesi democratici dove c’è la separazione delle carriere.

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