La Capitale si conferma polo strategico per lo spazio e l’industria della difesa, con forti investimenti in innovazione e digitalizzazione, ma resta in forte ritardo sull’intelligenza artificiale, adottata solo dall’8 per cento delle imprese. Un piano da 14 miliardi punta a colmare il gap
Non è la “capoccia del mondo intero” come piacerebbe ad Antonello Venditti, l’Urbe ha molte teste, ma una viene spesso ignorata persino dagli addetti ai lavori. Roma è il polo dello spazio e delle tecnologie per la difesa. Nel 2024 la città metropolitana è stata nominata capitale europea dello spazio; i suoi punti di forza sono a Frascati con l’Agenzia spaziale europea, a Colleferro dove si producono componenti del razzo Ariane, nel distretto industriale lungo la via Tiburtina, quella Tiburtina Valley sulla quale Walter Veltroni aveva fatto un gran battage quando sedeva in Campidoglio come primo cittadino. Poi era sceso un cono d’ombra, ma loro, le imprese, hanno continuato a lavorare e a innovare. Adesso debbono compiere un salto di qualità che si chiama anche qui, manco a dirlo, intelligenza artificiale. Ieri è stato presentato l’accordo quadriennale tra Confindustria e Intesa Sanpaolo che stanzia 14 miliardi di euro. E’ la tranche regionale (si estende da Roma all’intero Lazio) del programma nazionale che mette a disposizione 200 miliardi di euro fino al 2028.
I temi sui quali Emanuele Orsini, presidente di Confindustria, e Stefano Barrese, responsabile Divisione Banca dei Territori di Intesa Sanpaolo, si sono confrontati con gli imprenditori laziali riguardano la robotica, la digitalizzazione e, appunto, l’intelligenza artificiale. Sono state presentate misure per favorire il sostegno a nuovi insediamenti produttivi, all’ampliamento e ammodernamento di quelli esistenti e agli investimenti nell’energia perché una delle caratteristiche dell’IA è proprio di essere energivora, anzi esattamente elettrivora. Ma a che punto sta nel suo insieme l’Italia? Il dipartimento ricerche di Intesa Sanpaolo ha presentato un’analisi con alcune sorprese e una conferma meno positiva. i valori medi unitari all’export per l’Italia sono cresciuti annualmente del 5,1% nel periodo 2014-2024, più di quanto realizzato dagli altri competitors europei (la media della Ue è +4,1 per cento). L’Italia è messa bene nei robot industriali: secondo l’ultimo report World Robotics, nel 2023 sono state oltre 500 mila le installazioni di robot industriali a livello globale (lo stock mondiale è di oltre 4 milioni). La Cina è saldamente al primo posto (con circa 270 mila installazioni) seguita da Giappone e Stati Uniti. Sebbene su numeri più contenuti, l’Italia occupa la sesta posizione mondiale, con più di 10 mila nuove installazioni nel 2023. “E’ un dato che riflette il buon livello di automazione del sistema produttivo, che sta sempre più abbracciando la rivoluzione 4.0”, sostiene la ricerca. L’analisi sulla diffusione delle diverse tecnologie avanzate nell’industria manifatturiera (imprese con almeno 10 addetti) vede un vantaggio nel cloud computing per le aziende italiane (oltre il 60 per cento) rispetto alla media Ue (45). In Italia è la tecnologia più diffusa, seguita dall’utilizzo di software gestionali (Erp, Crm, Business Intelligence) per l’integrazione dei processi interni attivata dal 57,8 per cento delle imprese, un dato leggermente migliore rispetto alla media europea (56,8).
Il punto debole, molto debole, resta l’intelligenza artificiale. La quota di imprese che la utilizza è appena l’8 per cento contro una media europea, anch’essa bassa, del 10,6. Qui il piccolo non è bello, è una questione di costi, ma anche di applicazioni e di modello produttivo. Sta meglio l’elettronica (con circa il 16 per cento delle imprese che ne fa utilizzo), mentre è più in ritardo il sistema moda (4,6). Emergono differenze più elevate tra Italia e Ue nei settori a medio-alta tecnologia: elettronica, mezzi di trasporto, meccanica ed elettrotecnica. Il ritmo di crescita dell’IA resta modesto. Tra il 2023 e il 2024 la percentuale è aumentata di circa 3 punti percentuali per l’Italia a confronto del 4 per l’Ue. “Il trend è destinato a crescere anche nei prossimi anni”, sostiene la ricerca di Intesa Sanpaolo. Un augurio? Una ripartenza, secondo Gregorio De Felice Chief economist Intesa Sanpaolo, Marco Nocivelli, Vicepresidente per le Politiche industriali e il Made in Italy di Confindustria, e Alberto Tripi, special Advisor per l’Ai di Confindustria. Orsini e Barrese hanno sottolineato che la collaborazione tra banca e impresa è una leva per rilanciare lo sviluppo e l’innovazione. Lo è stata nel “miracolo economico”, può tornare a esserlo.