Il caldo ossessiona e affratella. Tutto è colpa del caldo che fa

Con le alte temperature gli svogliati aumentano, le call di lavoro si fanno ridicole e forzate, il pil è tutto ammosciato come negli orti sfruttati. Com’era bella la vecchia stagione dell’amore facile, tra angurie piene e anticiclone delle Azzorre

Si potrebbe parlare di molte cose ma nessuno vuole davvero parlarne, perché fa caldo. Non c’è approfondimento, interesse, intelligenza che tenga. Il caldo ossessiona, monopolizza, affratella. Tutto è colpa del caldo che fa: chi siamo e cosa stiamo diventando, siamo nervosi sui social e insopportabili fuori. L’unica che resta gentile è l’intelligenza artificiale, meno male che c’è lei a rispondere alle mail. Così noi possiamo pensare al caldo. Roma come Tunisi! Preparatevi – dicono al telegiornale della sera – perché aumenterà ancora e ancora, venerdì si arriva a trentanove gradi all’ombra! E ci va di traverso pure la cena.

Come fa questo caldo a non meritare almeno mezzo foglio protocollo, oggi? Chiude la Torre Eiffel a Parigi. Cade pure l’acciaio di City Life a Milano, figurarsi noi. Non siamo i noi soliti, siamo i noi surriscaldati. Servirebbe un’amnistia, per quello che si pensa, si dice e si scrive quando le temperature non sono consone. Perfino il Financial Times, giornale serissimo e duro, non è più ignifugo s’è arreso all’evidenza dell’interesse convergente.

Potrebbe parlare di Trump contro Musk, o del Big beautiful bill, invece si piega all’unico interesse comune. Ho appena visto pubblicata su Instagram, account ufficiale del Financial, la domanda: durante l’ondata di afa i londinesi possono considerarsi autorizzati a recarsi in ufficio in espadrilles e calzoni corti? Per l’accusa: gli inglesi stanno facendo una tragedia per 29 gradi. Per la difesa: sì ma hanno le case imbottite di moquette e non abbastanza storia climatica contemporanea per aver installato prudentemente i condizionatori a marzo. E’ una razza, quella, che ha sempre mostrato molto valore adattivo con la pioggia ma non sa che fare quando vede il sole.

Pare l’altro ieri che il mondo doveva finire sotto le bombe nucleari sincronizzate dei mitomani al potere, ed eccoci invece qui, con l’emergenza estate. La bella stagione non è più tanto bella, sta in agguato come lo squalo e ti aspetta fuori, appena ti muovi sei finito. Puoi anche accendere l’aria condizionata, ma non puoi restarci sotto per sempre.

Impercettibile svuotamento delle città. La desertificazione è già evidente in certi codici postali di Milano, le ultime mogli patriarcali sono già con i figli nelle case al mare. Dove c’è una stanza in più per la tata e la tata ha tredicesima e quattordicesima. Puoi distinguere anche il new money: la governante sta in divisa. L’aristocrazia inorridisce solo al pensiero che si vedano così tanto i denari e ostenta solo al largo, in barca, con gli amici più cari. Perché l’emergenza climatica ha segnato un altro passaggio, un giugno così non si era mai visto. Siamo passati da “si sta bene solo al mare” a “non si sta bene nemmeno al mare”. S’avvicina la tregua? Nemmeno. Perché al 6 agosto si arriverà stremati. Età adulta è quando a un certo punto dell’estate ammetti che ti pesa anche partire.

Gli svogliati aumentano. Le call di lavoro si fanno ridicole e forzate, il pil è tutto ammosciato come negli orti sfruttati. L’Italia giustificabilmente passa da un mese di blocco a due mesi di blocco nazionale. Negli uffici e nelle aziende ormai rinviano, evitano, nicchiano con stizza. La forza è maggiore, il caldo rende impossibile ogni fatto. Il lavoro fuori è un rischio per la salute, e quindi c’è l’ordinanza. L’ordinanza di lasciar perdere e aspettare che passi. La Lombardia con altre 12 regioni appresso impone il divieto di lavoro all’esterno nelle ore più calde. Era l’ora. E’ un altro segno della fine del vecchio mondo. Me lo ricordo, il vecchio mondo a inizio luglio. E questo era il momento dell’anticiclone delle Azzorre, un dio buono toccato in sorte al Mediterraneo che sgonfiava le nuvole a strali e non faceva piovere sulle nostre serate al mare. Erano tempi di angurie piene e rosse, spaccate e messe nel frigorifero, da scavare al centro mentre nessuno ti vede. Un caldo forte ma con juicio per i Marcovaldi in città. Il guaio, l’unico guaio, erano le zanzare. Sono stecchite pure loro. D’estate ci si innamorava senza motivo, bastava il primo che passava, ora la stagione dell’amore facile è diventata quella dell’odio gratis, senza un motivo. Anzi un motivo ce l’ha, fa troppo caldo, vedete che non si resiste?

Di più su questi argomenti:

Leave a comment

Your email address will not be published.