“A 18, 19, 20 anni, l’importante è giocare. Solo giocando puoi migliorare. Che poi sia fatto in Italia o all’estero non cambia, serve spazio. A volte non comprendo alcune scelte: è chiaro che tutti preferirebbero la Serie A, però può essere meglio una B da titolare che un anno in panchina in A”, ci dice il tecnico degli Azzurrini
Col volto piccato di chi riteneva di meritare qualcosa in più di una bruciante eliminazione arrivata in nove contro undici a un passo dai rigori, Carmine Nunziata è apparso davanti alle telecamere della Rai facendosi portavoce di quell’amarezza e gli italiani, istintivamente, si sono schierati al suo fianco. La cavalcata dell’Under 21 si è fermata ai quarti, ma c’è stato comunque un moto d’orgoglio, un sentimento popolare che l’ha accompagnata, forse per naturale contrapposizione alle fatiche della Nazionale maggiore. L’Italia era reduce da un solo quarto di finale giocato nelle ultime due edizioni dell’Europeo di categoria, un pirotecnico 5-3 contro il Portogallo nel 2021, anche quella volta con i supplementari fatali agli Azzurrini. Prima di parlare di giovani e del futuro (e in parte anche del presente) del nostro calcio, con mister Nunziata partiamo da lì, da quella sensazione che ha pervaso tutti al termine di Italia-Germania. “C’è amarezza per il risultato – ci racconta di primo impatto – anche considerando come è andata la partita: abbiamo giocato bene, con voglia, intensità, meritavamo di più. La delusione ti rimane per il risultato, non certo per la prestazione”.
Cosa ci portiamo dietro di buono da questo torneo?
“Sicuramente la crescita dei ragazzi, che è il nostro obiettivo: non solo vincere, ma anche dare qualcosa di noi a questi ragazzi che serva per il loro futuro, nella speranza che qualcuno possa arrivare nella Nazionale A, che è il nostro obiettivo primario”.
Sperando di vedere l’Italia al Mondiale nel 2026, c’è un nome che si immagina agli ordini di Gattuso tra un anno?
“Più di uno, secondo me ce ne sono diversi. Siamo reduci da un torneo in cui i tre centrali sono stati fantastici: Coppola ha già debuttato con Spalletti e secondo me è un giocatore importante come Pirola e Ghilardi; Baldanzi ha fatto bene, Koleosho si è messo in mostra con grandi qualità; abbiamo centrocampisti come Fabbian, Casadei, Pisilli. C’è la possibilità che più di qualcuno possa trovare il suo posto”.
Nessuno conosce questo gruppo meglio di lei, sull’onda del Mondiale Under 20 di due anni fa e del ciclo precedente: qualcuno di loro in questo periodo ha trovato spazio, altri meno. Come li ha ritrovati?
“Molti di questi ragazzi io li ho avuti per quattro anni, ho sempre cercato di scegliere giocatori di talento, con qualità, ma allo stesso tempo con valori morali importanti. Devi sempre formare una squadra, è alla base di tutto, e per essere una squadra devi avere giocatori che condividano obiettivi comuni per poi raggiungerli seguendo un metodo, che per noi delle nazionali è il gioco, l’unica via in grado di consentirti di avere un’identità, di avere quell’intensità che in campo internazionale è fondamentale. Questo gruppo ha incarnato al meglio questi aspetti e si è visto anche nell’ultima partita, speriamo di aver dato loro qualcosa per giocare di più nelle loro squadre, molti hanno avuto poco minutaggio”.
C’è chi questo minutaggio se l’è andato a prendere fuori dall’Italia, da Zanotti a Pirola. È un’opzione che sente di consigliare ai ragazzi che non trovano spazio in Serie A?
“Di questo gruppo faceva parte anche Calafiori che ha avuto un bel percorso all’estero. A 18, 19, 20 anni, l’importante è giocare. Solo giocando puoi migliorare. Che poi sia fatto in Italia o all’estero non cambia, serve spazio per giocare. A volte non comprendo alcune scelte: è chiaro che tutti preferirebbero giocare in Serie A, però può essere meglio una B da titolare che un anno in panchina in A. E se trascorri un anno senza giocare, talvolta rischi di avere bisogno di due o tre stagioni per recuperare il tempo perduto. Quando giocavo io si andava anche in Serie C pur di trovare spazio e in un contesto in cui gli stranieri erano limitati: si scendeva di categoria e poi piano piano si risaliva, per me è fondamentale giocare con continuità. La cosa bella di questi ragazzi è che nonostante il poco spazio e una condizione che non sempre è stata delle migliori, hanno sempre dato tutto in Nazionale, sentendosi parte di qualcosa di importante: la maglia, l’inno. Sono stati eccezionali sotto questo punto di vista”.
Siamo in un periodo in cui vediamo, soprattutto all’estero, molti giocatori emergere in anticipo sui tempi, a prescindere dal fenomeno Yamal che fa storia a sé. Continuare a tenere i ragazzi in Primavera fino a vent’anni non rischia di essere una sorta di tappo per la loro crescita?
“Prima si va a giocare in un campionato professionistico, meglio è, almeno secondo il mio punto di vista. Quando hai fatto uno o due anni di Primavera è giusto andare via e giocare. Si intravede che abbiamo ragazzi di talento, avere continuità è davvero la cosa più importante”.
Come immagina l’Under 21 del prossimo ciclo?
“In Italia alla fine riusciamo sempre a mettere insieme delle buone squadre, ad avere buoni giocatori e qualcuno di talento. Rispetto ad altri, forse abbiamo un bacino un attimo più ristretto in questo momento, ma alla fine i giocatori ci sono. Quando parlo di talento non mi riferisco necessariamente a qualcosa di visibile a livello tecnico, il talento può anche essere il giocatore forte di difesa e centrocampo”.
A proposito di talenti visibili, in questo percorso azzurro abbiamo visto Tommaso Baldanzi riportato in quello che è il suo ruolo d’origine, da trequartista puro, dopo anni in cui si è cercato un po’ di portarlo verso l’esterno del campo con i club. Dobbiamo provare a preservare questa tipologia di calciatore?
“Tommaso per noi è stato fondamentale in tutti questi due anni, ha fatto la differenza. I giocatori vanno messi nelle condizioni migliori per esprimere il loro talento. Prima della Spagna ho anche cambiato sistema di gioco per cercare di mettere tutti i ragazzi in condizione di dare il meglio, per me è un aspetto fondamentale”.
C’è stato già un confronto con Gattuso, presente sugli spalti insieme al capodelegazione della Nazionale maggiore Buffon?
“Abbiamo fatto due chiacchiere quando ci è venuto a trovare in Slovacchia. Siamo stati molto contenti che sia venuto a vedere la partita”.