Senza il presidente americano e la minaccia di lasciare i paesi europei al loro destino in caso di inadempienza nel finanziamento dell’Alleanza atlantica, non avremmo visto un’Europa capace di trasformare una minaccia esistenziale in un’opportunità di crescita
Prima o poi doveva succedere: buon per lui, ma buono anche per noi. I leader dei paesi europei che ieri pomeriggio hanno partecipato, mettendoci la firma oltre che la faccia, a uno dei vertici più importanti della storia della Nato, quello dell’Aia, forse faranno fatica ad ammetterlo ma per la prima volta da quando Donald Trump è tornato alla Casa Bianca hanno una buona ragione per dire, con il cuore: grazie, presidente. Il vertice di ieri, lo sapete, si è concluso con un traguardo importante. Con la decisione da parte di tutti i paesi membri dell’Alleanza atlantica di destinare il 3,5 per cento della produzione economica alla Difesa e un ulteriore 1,5 per cento del pil nazionale alle infrastrutture più importanti legate alla Difesa (ci sarà qualche trucco contabile, è ovvio, ma poco importa). E con una dichiarazione finale con cui si ribadisce un “impegno irrevocabile” alla Difesa collettiva, perché “un attacco a uno è un attacco a tutti”.
I leader dei paesi europei che hanno sottoscritto l’impegno all’Aia dovrebbero, per una volta, ringraziare Donald Trump per varie ragioni. Senza il presidente americano, senza la sua forsennata campagna contro l’Europa dei parassiti, senza la minaccia di lasciare i paesi europei al loro destino in caso di inadempienza nel finanziamento dell’Alleanza atlantica, non avremmo visto molte delle scene che invece fortunatamente abbiamo visto negli ultimi mesi. Abbiamo visto, magnificamente, un’Europa che ha preso sul serio il suo impegno nella Nato. E abbiamo visto, magnificamente, un’Europa che sceglie di fare un passo nel futuro. Un dato: dal 2014 la cifra che i paesi europei hanno scelto di non spendere per la Difesa, nella consapevolezza che comunque potessero andare le cose l’America avrebbe risolto ogni problema, ha coinciso con una cifra pari all’intero bilancio annuale della Difesa degli Stati Uniti: 827 miliardi di dollari. Non poco.
Negli ultimi mesi, invece, l’Europa è tornata a considerare la Nato un ombrello da curare a partire dal manico, e non interessandosi solo alla cupola dell’ombrello. Ha scelto di mettere a bilancio 150 miliardi di dollari di debito comune (fino allo scorso anno lo stanziamento europeo sulla Difesa era pari a tre miliardi). Ha spinto paesi timidi sulla Difesa, come la Germania, a realizzare investimenti da record (95 miliardi nel 2025, 162 miliardi nel 2029). Ha spinto paesi gelosi della propria Difesa, come la Francia, a mostrare disponibilità per mettere in comune il proprio arsenale nucleare, in nome della deterrenza. Ha avvicinato all’Europa paesi che dall’Europa si erano allontanati, come la Gran Bretagna. E ha spinto paesi titubanti sulla Difesa, come l’Italia, a cambiare rotta, a uscire dallo status quo, a promettere investimenti, a scommettere su un riallineamento della spesa con i partner dell’Alleanza arrivando a sfidare il pacifista collettivo di destra e di sinistra in nome di una difesa della sovranità che dovrebbe essere abbracciata anche da chi il sovranismo non lo ama: non c’è sovranità senza Difesa, non c’è Difesa senza investimento, e senza Difesa oggi non vi è la possibilità di poter proteggere il benessere e la sicurezza dei cittadini europei (lo scorso anno l’Italia ha stanziato l’1,6 per cento del pil sulla Difesa, nell’anno in corso la cifra passerà al 2,5, e poi al 5 per cento entro dieci anni).
Per la prima volta da molti anni a questa parte, l’Europa ha capito che i dividendi della pace hanno eroso le capacità militari dell’Europa e ridotto drasticamente la base industriale. Per la prima volta da molto tempo a questa parte, una vittoria di Trump ha coinciso con una vittoria dell’Europa. Per la prima volta da molto tempo a questa parte, i borbottii sulle spese militari sono timidi, anche perché molti dei partiti europei che potrebbero lamentarsi sono gli stessi, a destra, che considerano Trump un eroe. Sarà un caso isolato, forse sarà l’ultima volta, ma vedere l’Europa trasformare una minaccia esistenziale in un’opportunità di crescita è quello che sogna ogni ottimista innamorato, oltre che dell’Europa, anche del futuro.