All’Aia con Conte nostalgici di Stalin e putiniani che manco la sinistra si carica

Al contro-summit dell’Aia, il leader del M5s guida un’eterogenea alleanza di esponenti della sinistra radicale europea con nostalgie sovietiche, simpatie putiniane e posizioni anti-occidentali

L’Aia. “Schiena dritta”, rivendica Pasquale Tridico, mentre Giuseppe Conte anima il palco del contro-summit all’Aia. A far sentire il M5s moralmente immacolato, al di sopra di ogni sospetto, è la dichiarazione congiunta siglata all’evento di martedì. In effetti in quel testo c’è di tutto: diniego dell’Unione europea – ovvero “del suo dirottamento innescato dal piano di riarmo” –, promozione “della pace e di un modello sociale per il benessere dei cittadini”, denuncia dei “crimini contro i civili a Gaza”, ma anche la condanna “dell’illegale invasione russa dell’Ucraina”, per cui “serve un maggior sforzo diplomatico”. Scripta manent! E siccome rimangono pure le firme, vale la pena approfondire chi – in presenza o in absentia – si è unito all’accorato appello anti-bellicista dell’ex premier. Tra straordinari deliri e distopie condivise. Sono una quindicina di rappresentanti in tutto, da undici paesi europei. E mostrano svariati tratti in comune: scetticismo su Kyiv, benevolenza verso il Cremlino, fanatismo filopalestinese d’antan – ben anteriore al massacro in corso –, populismo anarco-complottista. Soprattutto, un’ansiosa ricerca di visibilità all’interno della composita sinistra europea che finora li ha bellamente ignorati. Se non disconosciuti.

Naturalmente è Conte – che con qualunque sinistra non c’entrava fino all’altro ieri – a farsi carico della riscossa. Il resto segue a cascata. A fare gli onori di casa è Jimmy Dijk – che con gesto cavalleresco cede la penna all’avvocato, per consentirgli di firmare per primo. Da un paio d’anni è il leader dei socialisti olandesi, elettoralmente malconci più o meno quanto i nostri. Segni particolari? Tempo fa sosteneva che l’Occidente ha attirato i paesi baltici e scandinavi verso Nato e Ue. Che l’Alleanza atlantica va abbandonata al più presto. E che la corsa agli armamenti di Stati Uniti e soci ha spinto la povera Russia ad agire di conseguenza. Ora, se non altro, mette Trump e Putin sullo stesso piano. Passi in avanti. La suddetta penna, da Conte, è passata in mano a Zoe Konstantopoulou. Un proiettile talmente fuori dagli schemi, nel panorama politico greco, che già un decennio fa veniva tacciata dal Pasok – non certo le camicie nere – di “inaccettabili comportamenti antiparlamentari”. All’epoca faceva parte di Syriza, ma presto il partito di Tsipras le fu stretto. Konstantopoulou ha iniziato così a fare propaganda per il ritorno alla dracma, per la Grexit, per il ripudio del debito pretendendo anzi dalla Germania 350 miliardi di euro come ulteriori riparazioni di guerra: in confronto, Giannis Varoufakis pare Milton Friedman.

Questi sono i capisaldi di Rotta di Libertà, il movimento antisistema da lei fondato che oggi viaggia attorno al 3 per cento. Nel mezzo, anche un’edificante intesa ideologica con Panagiotis Lafazanis – ex ministro del governo Tsipras, dichiarato fanatico di Putin, con tanto di “Z” sul petto per incitare i carri armati del Cremlino. Poi è la volta di Fabio De Masi, europarlamentare italo-tedesco confluito nella controversa Alleanza Sahra Wagenknecht. Si tratta di un recente distaccamento di Die Linke, porta il nome della sua fondatrice ed è utilissimo per chiarire l’equivoco sulla questione russa: Wagenknecht, in gioventù, aveva perfino pubblicato un panegirico dello stalinismo. Col tempo ha preso le distanze, tradendo però l’essenza dell’abbaglio odierno: è la grandeur di Putin a far credere agli irriducibili rosso-bruni di trovarsi ancora al cospetto di un venerando soviet supremo. Sempre Wagenknecht, con formidabile somiglianza ai filorussi nostrani, aveva lucidamente predetto che “il Cremlino non ha alcuna intenzione di invadere l’Ucraina”. Almeno poi ha ammesso l’errore, lei. Per il resto invoca un libero mercato senza capitalismo, appoggia il Venezuela di Maduro e i novax, si presta ad ambiguità antisemite e rifiuta l’appoggio a Kyiv. Prendendosi così gli applausi dell’estrema destra targata Afd.



Il miscuglio prosegue. Spunta il videomessaggio di un politico irlandese, Michael McNamara, che fa clamorosamente parte di Renew Europe: lo stesso gruppo di Renzi e Calenda (misteri della fede). Quindi tocca a Toni Comìn, indipendentista catalano molto vicino a Puigdemont. E a vari esponenti del vetero-comunismo, da Portogallo a Cipro. Chiudono dal Belgio l’eurodeputato Marc Botenga – contrario alla risoluzione Ue sulla Russia sponsor di terrorismo – e il sindacalista Rudi Kennes, fresco di uscita dal PvdA (giacca elegante o kefiah al collo, a seconda). Benedice a distanza Jeremy Corbyn. Davanti a cotanta internazionale, Lenin si alza dal mausoleo e se la dà a gambe levate.

Leave a comment

Your email address will not be published.