Il canovaccio del terzo mandato consente a Meloni e Salvini di essere altro da sé

La giravolta di FdI, le parole di Donzelli, il leader leghista che frena dopo aver accelerato, gli eventuali danni collaterali per Pd e governatori “leghisti diversi”

Il canovaccio è noto: terzo mandato, battaglia delle battaglie dove il recitare a soggetto permette ai protagonisti di mescolare le intenzioni vere e quelle presunte, al punto da sembrare tutti un po’ altro da sé. La fine non è nota, invece, e intanto si resta in attesa di un vertice tra i leader di centrodestra che possa magari ridurre la distanza tra la contrarietà di Forza Italia e la pressione della Lega. E allora ecco che, non più tardi di un paio di settimane fa, Fratelli d’Italia, partito della premier Giorgia Meloni, la donna che ha deciso di impugnare davanti alla Corte costituzionale le leggi con cui Trentino Alto Adige e Campania hanno introdotto il terzo mandato, è passato dal “no” al “forse”, attraverso le parole del deputato meloniano e responsabile Organizzazione di FdI Giovanni Donzelli: non c’è preclusione ideologica ad affrontare il tema, se lo pongono formalmente le regioni, è il concetto. “Noi abbiamo detto che è sbagliato che ciascuna regione scelga il numero dei mandati, dev’esserci una riflessione nazionale”, ha detto Donzelli. E ancora: “E’ un tema che dev’essere affrontato come equilibrio tra poteri”; e anche: “Dev’essere una vicenda ampia e seria, non per i casi singoli”. Dev’essere, ma può essere, è il punto. Pronunciate dunque da Donzelli le frasi della pace apparente – pur dal partito che, in passato, si è collocato sul lato di Forza Italia e del Pd di fronte a emendamenti della Lega volti alla soluzione del caso di Luca Zaia, il governatore veneto che della lotta per il terzo mandato è il simbolo – anche la premier si è fatta vedere più conciliante, anche se parlando in generale di stabilità della coalizione. Altro indizio: martedì scorso il presidente meloniano della commissione Affari costituzionali del Senato, Alberto Balboni, su richiesta della Lega, ha prorogato i termini per presentare emendamenti a un ddl sulla composizione dei Consigli regionali, il ddl in cui si potrebbe inserire la norma sul terzo mandato (idea del ministro leghista per gli Affari regionali Roberto Calderoli). E però il cambio di passo (se non proprio di sponda) pare non essere stato suggerito soltanto dal superiore interesse della compattezza della coalizione, dove peraltro il ministro degli Esteri e leader di Forza Italia Antonio Tajani continua a ribadire un “niet” tondo (“non cambio idea se mi danno il sindaco di Verona o il sindaco di Milano, non mi vendo per un piatto di lenticchie”, ha detto), ma anche dall’idea di buttare la palla avvelenata nel campo del Pd, che dall’eventuale via libera al terzo mandato ricaverebbe molte preoccupazioni in Campania, sotto forma di ricandidatura del governatore uscente Vincenzo De Luca e di una probabile conseguente spaccatura della coalizione, già di per sé non proprio saldissima (non a caso l’ex premier e leader di Italia Viva Matteo Renzi, dopo aver ascoltato Donzelli, ha definito la mossa meloniana un’azione determinata “dalla convenienza personale” per “aprire un caos nel centrosinistra in Campania”). Intanto Matteo Salvini da un lato si sbraccia – come dire ai suoi: mi sto impegnando per favorire il “sì”, facciamo in fretta – ma dall’altro si fa vedere disposto a prendere tempo, in attesa del suddetto vertice. E chissà: vedi mai che i tempi stretti e la strada scoscesa inchiodino definitivamente le ambizioni e le forti personalità dei leghisti diversi Luca Zaia e Massimiliano Fedriga, diretti eventuali beneficiari di una riforma dei mandati, ma anche nomi rappresentativi di una Lega del nord-est non sempre e non proprio salviniana sfegatata. E dunque, da una parte e dall’altra, si guarda al calendario, sotto gli occhi del ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, e si fischietta fingendo di essere questo, quello e quello che non si è.

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l’Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l’hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E’ nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.

Leave a comment

Your email address will not be published.