A Bruxelles i dem si dividono e protestano sulle parole “Difesa europea”. Minuetto

Mentre a Strasburgo il voto sul Pnrr si avvicina, il Pd si lacera: da un lato la strenua difesa dei principi pacifisti, dall’altro la necessità pratica di estendere i fondi. E alla fine si schiera con FdI e Forza Italia

Bruxelles. Il tema dei fondi Ue alla difesa torna in aula a Strasburgo, e puntuali tornano le piroette del Pd. Questa volta l’occasione è il voto dell’Eurocamera sulla richiesta alla Commissione europea di estendere di 18 mesi i fondi del Pnrr per i progetti già avviati. Nell’indicare le priorità Ue per l’uso dei fondi, però, la relazione ha l’ardire di inserire la seguente frase: “nell’attuale contesto geopolitico vi è la necessità di investire nelle capacità di difesa europee”, formulazione indigesta al Nazareno, specialmente a due giorni dalla manifestazione di sabato contro il riarmo. Risultato: il Pd alza una cortina di fumo e si rifiuta di votare la parte incriminata del testo, fa irritare i socialisti europei, ma poi vota comunque la stesura finale, schierandosi con FdI e Forza Italia.



La scelta di tattica per la delegazione dem è sofferta: da un lato ci sono gli affondi di Avs contro “l’assalto bellicista al Pnrr” e gli anatemi del M5s, che descrive il testo come “tradimento degli interessi dell’Italia”; dall’altro, le pressioni degli amministratori locali, per cui una deroga di 18 mesi serve “come ossigeno puro”. La sera precedente al voto, le posizioni interne al Pd sono quelle note: per non sciupare l’armonia pacifista del campo largo, gli eurodeputati più vicini alla segreteria, come Zan, Ruotolo, Corrado, Strada e Tarquinio, chiedono il voto contrario a ogni passaggio che contenga la parola “difesa”, mettendo in dubbio anche il voto sul testo finale qualora dovessero rimanere le frasi incriminate. Schierata a favore dei fondi Ue alla difesa, invece, la ridotta riformista a traino Picierno, Gori e Gualmini, in mezzo dubbi e silenzi. A dare la linea ci pensa dunque il capodelegazione Nicola Zingaretti, con una nota a pochi minuti dal voto in aula: “sì alla proroga del Pnrr, ma no all’uso dei fondi per la difesa”. Zingaretti chiede alla delegazione di votare contro gli emendamenti sulla difesa ma di sostenere il testo finale, creando qualche mal di pancia sia tra i pacifisti che tra i riformisti dem.



La conta Pd in fatto di difesa, però, a questo giro non si può fare. Il paragrafo 15, colpevole di giudicare il “contesto geopolitico” in maniera così tragica da dover addirittura investire sulla difesa europea, infatti, passa per acclamazione, ovvero le mani alzate in aula sono così tante che la presidente non ritiene di doversi avvalere del conteggio elettronico. Impossibile, dunque, ricorrere ai tabulati per dimostrare di aver seguito la linea. Ma qualcuno sente l’esigenza di lasciare le cose scritte, è il caso di Stefano Bonaccini e Dario Nardella che rimarcano via comunicato “la ferma contrarietà” all’uso dei fondi del Pnrr per la difesa. Un più vago Decaro invece festeggia la richiesta di proroga ma senza alcuna menzione alla questione difesa.

Sul voto al testo finale, invece, tiene la mediazione Zingaretti, e la delegazione vota compattamente, in linea con i socialisti Ue e assieme a FdI e Forza Italia, il sostegno alla proroga e alle nuove priorità. Distinguo mal coordinato quello di Marco Tarquinio ci tiene a far sapere che non può votare il testo ma che, invece di votare contro come fanno M5s e Avs, sceglie l’astensione, ritrovandosi nei tabulati praticamente da solo col generale Vannacci, anche lui pacifista di lunga data e aspramente convinto che oggi la spesa in difesa non serva all’Europa.


Tutto secondo programma insomma, ma in casa Pse qualcuno inizia a notare la vocazione isolazionista del Pd in quando si parla di difesa. “Rispettiamo tutti i pareri espressi dai colleghi del Parlamento e specialmente le opinioni espresse in seno al nostro gruppo politico, ma non possiamo ignorare i numeri: 421 voti a favore su 656, vuol dire che quelle voci non portano a creare una maggioranza”, commenta il socialista rumeno Victor Negrescu, relatore del gruppo S&D per il testo sul Pnrr, rispondendo alle critiche del Pd. Negrescu poi rassicura i timori sui fondi: “le norme attualmente in vigore che vietano l’acquisto di armi con i fondi Pnrr rimangono vigenti e sono chiare, la nostra relazione non ha mai voluto modificarle”. Il motivo di tanta agitazione, dunque, rimane un mistero.



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