Mister Gorgone racconta l’anno surreale vissuto alla Lucchese

Tre cambi di proprietà e una salvezza sul campo prima del fallimento della squadra. “È stata bella l’unione del gruppo per centrare l’obiettivo, pur nella consapevolezza dell’approssimazione a cui stavamo assistendo, con persone che si presentavano e scomparivano come nulla fosse”

Giorgio Gorgone è efficace nel trasmettere il suo punto di vista: “Sono amareggiato e deluso. C’era stato prospettato che la nostra salvezza sul campo avrebbe permesso di mantenere la categoria per i tifosi e i lavoratori del club. Abbiamo giocato per mesi con una grossa responsabilità, ma non è valso a nulla. Tutto è finito “in canzonella”. Ripensandoci, per dare un segnale più forte, sarebbe stato meglio rimanere subito esclusi”. Nessun bisogno di edulcorare i concetti. Sono necessarie notevoli doti persuasive per convincere una squadra a dare il massimo nonostante l’ultimo stipendio incassato sia quello di ottobre.

Gorgone c’è riuscito con la Lucchese. I rossoneri si sono salvati sul campo nei playout di Serie C contro il Sestri Levante, ma lo scorso 22 maggio è stato dichiarato il fallimento della società per debiti superiori a 4 milioni di euro. Il 27 è arrivata la mazzata dal Tribunale Federale, con una penalizzazione di 14 punti da scontare nella prossima stagione per una serie di violazioni amministrative. Una batosta che ha scoraggiato potenziali acquirenti per ripartire ancora dal campionato di Serie C. L’iscrizione, da presentare entro il 5 giugno, non è avvenuta. Sarà ancora dilettantismo per la quarta volta negli ultimi 17 anni.

“Il giochino del calcio sembra semplice dall’esterno. Chi aspira a farne parte ha approcci superficiali, poi si rende colto delle difficoltà”. In una stagione ci sono stati tre cambi di proprietà, nessuno ha portato garanzie o sanato le inadempienze. Tutto è iniziato quando purtroppo l’ex presidente e imprenditore Andrea Bulgarella ha deciso di cedere la società per motivi di salute (è scomparso lo scorso 31 maggio). “L’ho visto l’ultima volta dopo la vittoria contro la Spal, 8 settembre 2024. Sembrava che la cessione dovesse concretizzarsi prima di Natale a una cordata canadese, invece è sfumata”. Avviene il 14 gennaio, a un gruppo lombardo guidato dall’avvocato Giuseppe Longo (Sanbabila srl). “L’unico che si è fatto vedere, almeno le prime settimane. Poi sono scomparsi tutti, compresi quelli venuti dopo”, ricorda Gorgone. A febbraio la Sanbabila viene rilevata da SLT Associati, studio di commercialisti romani. “Li ho incontrati una volta, chiedendo loro la cortesia di vendere la squadra a qualcuno di serio, sperando di evitare una nuova farsa”. Nulla da fare: a marzo il passaggio all’imprenditore Benedetto Mancini e al suo amministratore di fiducia Nicola D’Andrea, dimissionario a maggio. “Fino a pochi giorni prima del fallimento, Mancini ancora prometteva che avrebbe saldato tutto. Mi chiedo in quale settore possano esistere tre cambi di proprietà in tre mesi. Una società di calcio non è un ristorante, sai in anticipo quali sono le spese e puoi avere un’idea degli incassi”.

Nessun controllo, soltanto rassicurazioni momentanee quando la squadra ha minacciato uno sciopero a inizio maggio per la partita contro il Pontedera. “Nell’occasione abbiamo ricevuto molta vicinanza, peccato che l’attenzione sia svanita non appena abbiamo continuato a fare ciò che dovevamo, giocare”. A distanza di tempo, quel periodo di speranza è letto diversamente da Gorgone: “Soltanto quando stavamo per mollare, sembrava che tutti potessero aiutarci. In quel momento il primo pensiero forse era garantire la regolarità del campionato”.

Cosa resta dopo una stagione simile? Di sicuro nessuna gratifica economica: “Pur escludendo la fideiussione, credo che tra staff e giocatori avremo al massimo la metà di ciò che ci sarebbe spettato. Le scadenze trimestrali non vanno bene, si dovrebbe capire subito chi non è in grado di sostenere le spese”. Non tutto è da buttare: “I giocatori hanno messo la passione davanti a tutto, rispecchiando i valori dello sport e mettendo da parte un’ironia troppo diffusa. Più si scende di categoria, più il privilegio dei giocatori scompare, il loro è un lavoro precario che finisce a 35 anni. Penso a Giovanni Catanese, che si è rotto il crociato. Ora resta senza contratto, nel 2025 non ha mai preso lo stipendio e rischierà di non essere subito tesserato”. La carriera di Gorgone proseguirà, di sicuro non dimenticherà Lucca: “È stata bella l’unione del gruppo per centrare l’obiettivo, pur nella consapevolezza dell’approssimazione a cui stavamo assistendo, con persone che si presentavano e scomparivano come nulla fosse. Abbiamo ridato entusiasmo al pubblico con 25 punti in 15 partite, veniva gente persino agli allenamenti e alcune attività locali hanno pagato le ultime trasferte”. Ecco cosa resta: “Qualcosa di semplice, il gusto di soddisfare chi ti guarda”.

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