Gazzelle riempie il Circo Massimo. L’antieroe che Roma non sapeva di avere

Il cantautore romano fa 54.400 presenze senza talent, senza hype e senza fronzoli. Un servizio pubblico per una città che ha fatto bene ad ascoltarlo

Nel paese in cui l’identità sembra dover essere per forza sinonimo di sovranismo, dove tutto il meglio – almeno quello raccontato dai giornali – in realtà appare sempre vecchio e sempre uguale, dove a finire nella bolla mediatica è soprattutto chi si trasforma nell’evento in sé, c’è un cantautore che a Roma ha appena riempito il Circo Massimo. Gazzelle, ovvero Flavio Bruno Pardini, 35 anni, originario del quartiere Prati, è l’antieroe di cui avremmo bisogno.

Ieri, nel luogo più simbolico della romanità, ha fatto 54.400 presenze, poco più di Liberato la scorsa settimana. Ma Gazzelle non si nasconde, e anzi si mostra, soprattutto per quello che è: un cantautore che ha iniziato otto anni fa al Monk – diventato ormai altro luogo iconico della scena romana – ed è finito a riempire gli stadi senza la promozione classica di questi casi, con pochissime interviste e un battage mediatico minimo, con la pagina Instagram di un trentacinquenne qualunque e un undicesimo posto al Festival di Sanremo del 2024. E soprattutto senza aver mai partecipato a un talent (e nel testo di NMRPM, singolo del 2017 del primo album Superbattito, c’è un velato riferimento a tutti quelli che gli chiedevano: “Perché non provi a fare un talent?”).

Il concerto di Gazzelle al Circo Massimo (ufficio stampa / foto di Roberto Panucci)

Ed è quasi servizio pubblico, questa capacità di fare il proprio lavoro mettendosi a disposizione di una città, in uno spettacolo amato da ragazzine e ragazzini ma pure da chi ha superato i trentacinque da un pezzo, con una scaletta di trentasei tracce in successione e pochissime parole, che Gazzelle pronuncia come un mantra identitario – le più frequenti sono: “Daje regà”. Sul palco, le immagini del gigantesco ledwall accompagnano in modo creativo e instagrammabile i testi che, sin dall’inizio della carriera di Flavio Pardini, sono la forza poetica di questo cantautore che ama i riferimenti alla tragicità come forza vitale (“Ma fai crollare i grattacieli, i meteoriti, gli angeli / I satelliti, squarci in due la notte, guardami / che sono sotto casa tua che scalpito” dice in Grattacieli meteoriti gli angeli, prima traccia dell’ultimo disco Indi, Maciste Dischi/Warner Music Italy, uscito a gennaio, e somiglia a Idem, dell’album Dentro del 2023, che fa: “E se il mondo finisse domani / Se arrivassero gli americani / Io vorrei stare con te / Sotto le bombe con te”), ma senza mai una sbavatura, una volgarità, una frase fuori posto.

La band è una squadra consolidata ed essenziale – Claudio Bruno e Giovanni Grieco alle chitarre, Gabriele Roia al basso, Claudio Laguardia alla batteria ed Ettore Mirabilia alle tastiere – rafforzata per il Circo Massimo dagli archi di Guendalina Pulcinelli ed Elena Bianchetti, che hanno dato intensità al blocco acustico dimostrando pure la versatilità di arrangiamento dei pezzi di Gazzelle. Che sul palco è stato raggiunto da altri due pezzi essenziali e profondi dell’identità romana: Fulminacci e Noyz Narcos.

Il concerto si chiude con Destri, la più famosa canzone di Gazzelle, e nessun bis: il regolamento comunale prevede la fine dei concerti al Circo Massimo alle 23 e 30, e lui si toglie gli occhiali da sole per farsi vedere commosso. L’appuntamento adesso è a Milano, a San Siro, il 22 giugno, e chissà che a questo punto non sia proprio la cultura, la musica, ad avvicinare due città che fino a poco tempo fa sembravano distantissime. Perché Roma non riconosce spesso i suoi talenti. Gazzelle è uno di questi. E invece stavolta se n’è accorta.

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