Nemmeno gli allenatori della Lazio sono mai stati così critici nei confronti dei giallorossi come il nuovo allenatore dei giallorossi
Quella nomea se l’è costruita giorno dopo giorno. Per diciotto, lunghissimi, anni. Con un’abnegazione pressoché totale. Se c’è qualcuno che ha finito per incarnare il sentimento di “antiromanismo”, quello è Gian Piero Gasperini da Grugliasco. O almeno così giurano i tifosi giallorossi. Perché neanche gli allenatori della Lazio sono mai stati così critici nei confronti dei capitolini.
L’incipit della storia è stato scritto il 24 novembre del 2007. La banda Spalletti batte 0-1 il Genoa a Marassi. A fine partita Gasperini trabocca di bile. “Sconfitta immeritata e brutte sensazioni sugli arbitraggi – dice ai giornalisti – ci sono state decisioni discutibili e atteggiamenti poco rispettosi”. È l’inizio di una tendenza che diventa genere letterario. Ogni incrocio regala un nuovo capitolo. “Totti è un cascatore” sentenzia Gasperini nel 2009. “La punizione con cui hanno vinto non c’era” dirà qualche tempo dopo. Ma è nell’ultimo periodo che il mister diventa particolarmente prolifico. Nel dicembre del 2021 la Roma batte l’Atalanta 1-4. Solo che sul momentaneo 1-2 la Dea si vede annullare il gol del pari. Gasperini è fuori di sé. “Siamo stati penalizzati, se qualcuno vuole spiegarmi l’episodio sul secondo gol. Che roba è? – dice – Sono episodi troppo eclatanti. Sempre e solo in una direzione”. La rivalità diventa inestinguibile, quasi una guerra di religione. Anche perché sull’altra panchina è seduto José Mourinho, uno che per i tifosi della Roma è stato santone e santino al tempo stesso. Nel 2022 l’uomo di Setubal è amareggiato per aver perso una partita che avrebbe meritato di vincere. “Josè sarà rammaricato – risponde Gasperini – certo se è così allora ha grandi colpe la Roma, perché perdere una gara facile da vincere è una bella botta”. L’anno dopo commenta l’arbitraggio con un semplice: “Siamo alle comiche”. Poi sulla fine dell’ultimo campionato arriva l’affondo più pesante. La Roma deve recuperare 18 minuti contro l’Udinese per via di un malore accusato in campo da Ndicka. Lì per lì si teme problema al cuore. Il difensore viene portato via ed entra in ospedale con un codice giallo. Un mese prima, però, era stata rinviata Atalanta – Fiorentina. Il dirigente viola Joe Barone aveva avuto un arresto cardiaco e sarebbe morto un paio di giorni dopo. I calendari sono intasati. Trovare uno spazio libero è impossibile. “Non è colpa nostra – afferma il tecnico qualche settimana dopo – dobbiamo renderci conto che non si trattava di un codice giallo”. La capitale si indigna, pretende scuse. Poi, come lo Stato di De André, getta la spugna con gran dignità. Per anni Gasperini e la Roma sono state rette parallele, destinate a non incontrarsi mai.
Poi qualcosa è cambiato.
Quando il suo nome ha iniziato a circolare come possibile sostituto di Ranieri, alcuni tifosi hanno esposto uno striscione poco amichevole. L’uomo di Grugliasco era l’incarnazione dell’avversario perfetto: prima il passato nella Juventus, poi era diventato l’icona di una curva avversaria che, in una presentazione di una decina di anni fa, era passata sopra un’auto giallorossa con un carrarmato. In una città dove l’espressione “romano e romanista” viene ripetuta allo sfinimento, l’arrivo dell’ex nerazzurro è un cortocircuito. Anche perché a volerlo è stato Ranieri, uno che negli ultimi mesi ha riaffermato ancora una volta quanto sia importante il concetto di “appartenenza” in una realtà come Trigoria. Gasperini arriva a Roma come il marziano di Flaiano. E dovrà raddrizzare quelle storture al passare del tempo, degli allenatori e dei giocatori. L’ultimo ad esserci riuscito è stato un altro allenatore arrivato da “nemico”. E si chiamava Fabio Capello.