Quello con il tycoon non è un negoziato commerciale ordinario, e per non avere accordi dannosi per l’Ue “c’è un passaggio obbligato nell’Ufficio ovale della Casa Bianca”. Intervista con l’ex commissario europeo
Bruxelles. A quasi un mese dalla scadenza fissata da Donald Trump con la minaccia di aumentare i dazi contro l’Unione europea al 50 per cento, Ursula von der Leyen rischia di sottovalutare le intenzioni del presidente americano, affrontando questi negoziati altamente politici come una trattativa commerciale ordinaria. E, rifiutando di entrare in un rapporto di forza con gli Stati Uniti, il risultato potrebbe essere l’opposto di quello desiderato: accettare un “bad deal” per l’Ue o ritrovarsi di fronte a dazi proibitivi. “L’Europa è una potenza”, spiega al Foglio l’ex commissario europeo, Thierry Breton, lamentando la mancanza di impegno diretto da parte della presidente della Commissione nei negoziati con Trump. “Ci vuole leadership” ed è necessario accettare “una logica di rapporti di forza”. Se vuole un accordo che non sia dannoso per l’Ue, come il premier britannico, Keir Starmer, o quello canadese, Mark Carney, Ursula von der Leyen deve accettare che “c’è un passaggio obbligato nell’Ufficio ovale della Casa Bianca”, spiega Breton.
“Chi altri se non la presidente della Commissione, che ha il mandato esclusivo di negoziare a nome dei ventisette?”. Ursula von der Leyen finora si è tenuta alla larga dallo Studio Ovale, dando l’impressione di temere un confronto diretto con Trump. Fino a un breve incontro ai funerali di Papa Francesco a Roma, i due non si sono parlati. Da allora ci sono state un paio di telefonate, di cui una d’urgenza chiesta da von der Leyen, quando Trump ha annunciato che i dazi contro l’Ue sarebbero stati aumentati al 50 per cento dal primo giugno per la lentezza delle discussioni con la Commissione. La presidente ha ottenuto la proroga fino al 9 luglio. Ma i negoziati sono stati lasciati al commissario al Commercio, Maros Sefcovic. I suoi colloqui mercoledì a Parigi con il Rappresentante al Commercio, Jamieson Greer, sono stati definiti “produttivi”. Ma giovedì, incontrando il cancelliere tedesco, Friedrich Merz, Trump ha fatto planare di nuovo il dubbio: “Speriamo di arrivare a un accordo, oppure faremo qualcosa, applicheremo i dazi. A me vanno bene i dazi oppure raggiungeremo un accordo”.
La Commissione ha impostato i negoziati con gli Stati Uniti come una trattativa commerciale ordinaria. Ha offerto un accordo “zero dazi per zero dazi” sui prodotti industriali e sui prodotti agricoli non sensibili, più alcune concessioni su barriere non tariffarie. Ma, secondo Breton, questo non è un negoziato ordinario. “Ci sono tre dimensioni”, spiega l’ex commissario. La prima politica riguarda “l’obiettivo” di Trump “di abbassare le tasse sulle imprese e finanziare i tagli con i dazi. Le tasse sulle società negli Stati Uniti ammontano a circa 500 miliardi di dollari. Le importazioni ammontano a 2.500 miliardi. Per tagliare di metà le tasse sulle società ha bisogno del dazio di base del 10 per cento”. Trump non rinuncerà al 10 per cento. “La questione politica è se lo accettiamo noi”, spiega Breton. La seconda dimensione è “industriale”. Il presidente americano “utilizza i dazi per favorire la re-industrializzazione degli Stati Uniti”, dice Breton. I settori chiave sono quelli su cui ha già imposto o si prepara a imporre dazi al 25 per cento: alluminio e acciaio (portati al 50 per cento), automobili, semiconduttori, farmaceutica e materiali di costruzione (in particolare il legno). L’Ue deve evitare che le imprese europee “vadano una per una” a investire negli Stati Uniti. Infine, c’è la terza dimensione, che è quella “puramente commerciale”, dice Breton: “I deficit commerciali strutturali che vanno corretti”. Si può comprare più gas, ma occorre anche ricordare a Trump che l’America ha un avanzo commerciale enorme nei servizi. L’Ue può usare la forza del suo grande mercato unico che è “vitale per gli Stati Uniti e le piattaforme americane. L’Ue rappresenta il 30-40 per cento dei loro profitti”, dice Breton.
Carattere forte, Breton non è stato confermato come commissario dopo che von der Leyen ha imposto a Emmanuel Macron di sostituirlo. Lui nega di volersi vendicare. Solleva un problema di cui alcuni diplomatici parlano più sottovoce. Von der Leyen ha scelto una tattica estremamente prudente. Le ritorsioni su alluminio e acciaio sono state sospese, anche se Trump continua a imporre i suoi dazi. La presidente della Commissione rifiuta di andare alla Casa Bianca prima che ci sia un accordo da firmare. Il pericolo è che il “deal” sia sfavorevole all’Ue. “L’integrità territoriale e democratica dell’Ue non è negoziabile”, avverte Breton: von der Leyen non deve fare concessioni sulla legislazione ambientale o l’Iva. “Le leggi sul digitale sono state fatte per proteggere gli europei, sono state votate al 90 per cento dal Parlamento europeo e al 100 per cento dagli Stati membri. Non si può dire che le ritiriamo perché ce lo chiede Trump”, dice Breton: “Sarebbe la fine del progetto europeo”.