Il decreto Sicurezza è l’ennesimo trionfo del populismo penale. Ma non tutto è da buttare

Undici nuovi reati, altrettante nuove aggravanti, più svariati aumenti di pena: il decreto approvato dal Parlamento è puro marketing securitario, con alcune norme paradossali (come l’aggravante per chi commette reati in stazione). Ma non tutto è da buttare

Undici nuovi reati, altrettante nuove aggravanti, più svariati aumenti di pena. E’ quanto prevede il decreto Sicurezza, approvato mercoledì in via definitiva dal Senato. Tra le proteste delle opposizioni e risse sfiorate, il provvedimento ha ottenuto la fiducia con 109 sì, 69 no e un’astensione. Esulta la premier Meloni: “Passo decisivo per rafforzare la tutela dei cittadini, delle fasce più vulnerabili e dei nostri uomini e donne in divisa”. Ma il via libera al testo, nel complesso, segna l’ennesimo trionfo del populismo penale, come denunciato in maniera compatta da decine di giuristi, costituzionalisti, penalisti e magistrati. Nuovi reati, aumenti di pena, aggravanti: tutto pur di dare ai cittadini la parvenza di un’azione decisa del governo a tutela della sicurezza pubblica. Come se il ricorso al codice penale sia la soluzione a tutti i mali. Marketing securitario. Con alcune norme dai risvolti paradossali.

La norma più assurda è certamente quella che prevede un’aggravante per chi commette reati (come furti, rapine, ma persino violenze sessuali o omicidi) all’interno o nelle adiacenze delle stazioni ferroviarie o metropolitane, come se questi luoghi dovessero essere maggiormente tutelati rispetto ad altri posti altrettanto frequentati (come i centri commerciali).

Il provvedimento introduce poi il reato di “occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui”, prevedendo la pena della reclusione da due a sette anni. Parliamo di una condotta (l’occupazione di immobili) che era già sanzionata dal codice penale, con il reato di invasione di terreni o edifici e una pena fino a tre anni. La pena di sette anni sembra violare completamente il principio di proporzionalità che dovrebbe orientare qualsiasi intervento sul piano penale.

Un altro nuovo reato è quello della rivolta in carcere o in strutture di trattenimento e accoglienza dei migranti. In questo ambito viene prevista anche la repressione della resistenza passiva in carcere, che viene equiparata alla rivolta commessa con atti di violenza. Una fattispecie penale ben lontana dal rispettare il requisito di tassatività, ma che farà sì che nel caso in cui alcuni detenuti decidano di avviare una forma di protesta passiva, per esempio rifiutando il vitto, possano essere denunciati e puniti con la reclusione da uno a cinque anni.

Viene poi introdotto il divieto di importazione, cessione, lavorazione, distribuzione, commercio, trasporto, invio, spedizione e consegna delle infiorescenze della canapa, anche in forma semilavorata, essiccata o triturata, nonché di prodotti contenenti tali infiorescenze, compresi gli estratti, le resine e gli olii da esse derivati. In tali ipotesi si applicano le sanzioni previste per gli stupefacenti e sostanze psicotrope. Insomma, viene messa al bando la vendita di cannabis light, un settore che dà (dava) occupazione a circa 30 mila lavoratori, grazie alla commercializzazione di prodotti che in realtà non hanno alcun effetto psicotropo.

Previsti poi inasprimenti di pene per danneggiamenti in occasione di manifestazioni in luogo pubblico, per chi impiega minori nell’accattonaggio, e per chi imbratta un bene mobile o immobile adibito all’esercizio di funzioni pubbliche (se con la finalità di “ledere l’onore, il prestigio o il decoro dell’istituzione alla quale appartengono”).

Insomma, una grande sbornia punitiva.

Non tutte le misure, comunque, peccano di irragionevolezza (anche se, nel complesso, restano oscure le esigenze di straordinaria necessità e urgenza che dovrebbero motivare l’adozione di un decreto).

Positiva appare essere l’introduzione di una procedura d’urgenza, sul piano penale, per il rilascio di un immobile occupato abusivamente. Procedure simili erano già previste sul piano civile, ma si sono dimostrate inefficaci.

Difficile da biasimare anche la trasformazione in illecito penale (e non più amministrativo) del blocco stradale attuato mediante ostruzione fatta col proprio corpo. Fino a oggi questa condotta era punita con una multa, che i manifestanti ammettevano tranquillamente, ridacchiando, di non pagare. La minaccia di una pena della reclusione da sei mesi a due anni potrebbe generare un maggior effetto deterrente.

Difficile criticare anche l’introduzione di nuovi reati nella lotta al terrorismo, mentre resta da valutare in questo ambito l’ampliamento dei reati per cui gli agenti dei servizi possono agire senza essere puniti, con l’inclusione anche del reato di direzione di gruppi terroristici. Tutto ciò potrà avvenire, comunque, solo se le condotte sono “indispensabili e proporzionate al conseguimento degli obiettivi dell’operazione non altrimenti perseguibili”.

  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto “I dannati della gogna” (Liberilibri, 2021) e “La repubblica giudiziaria” (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]

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