Stefano Simoncelli non c’è più. Non un poeta da palcoscenico, ma piuttosto l’amico di tutti i giorni: con lui si poteva parlare di ogni cosa, e la poesia passava in secondo piano
La notizia, data dall’amico poeta Giancarlo Sissa, è rimbalzata sui social nel giro di pochissimi minuti: Stefano Simoncelli non c’è più. Con lui se ne va quella grande tradizione romagnola di poeti che ha fatto grande questo lembo di terra, ubicato tra costa e Appennini.
Simoncelli aveva esordito giovane in poesia ma rinnegava spesso quelle prime prove che giudicava troppo sentimentali o melense. Salutate da grandi critici del calibro di Franco Fortini, Giovanni Raboni ed Enzo Siciliano, il poeta di Cesenatico era solito passare oltre. Si rifarà poi a partire dagli anni 80 quando approderà alla casa editrice anconetana PeQuod, i cui fondatori Marco Monina e Antonio Rizzo diventeranno la sua seconda famiglia. Con loro arriverà in finale al Premio Strega Poesia nel 2023 con la silloge Sotto falso nome, all’interno della quale le tematiche della sua poesia si sviluppano in modo corale, dandogli infine quella visibilità e quel successo che meritava da tempo. Stefano non era un poeta da palcoscenico, ma piuttosto l’amico di tutti i giorni: con lui si poteva parlare di tutto, e la poesia passava in secondo piano. Non che non fosse importante per lui, ma era proprio non parlandone che essa prendeva piede nelle conversazioni che spaziavano dallo sport alle amicizie, dal mangiare alle cose della vita a cui Stefano era sempre legato nonostante i lutti che lo avevano colpito e di cui le sue poesie portavano in maniera continua l’afflato.
In gioventù Simoncelli era stato animatore culturale nella sua Cesenatico, insieme ad altri poeti e scrittori, come l’amico fraterno Ferruccio Benzoni. La rivista che avevano fondato, “Sul porto”, fu un vero e proprio manifesto intellettuale degli anni 70, tanto da attirare la curiosità di personaggi di rilievo della scena culturale italiana, come Pier Paolo Pasolini, Vittorio Sereni, Franco Fortini, che vi contribuirono con le loro firme. Il poeta romagnolo aveva dato lustro insomma alla provincia ergendola a epicentro culturale di un mondo altrimenti dimenticato, un mondo in cui però le idee fermentavano e si moltiplicavano. Uomo di grande personalità e di altrettanta generosità, Stefano Simoncelli aveva inoltre imbastito una rete di amicizie così come dei sodalizi molto importanti, anche fuori regione. E’ doveroso dunque ricordare le visite che faceva d’estate al poeta francese René Char, e le incursioni marchigiane dove lo aspettavano gli amici poeti e critici letterari di sempre, Francesco Scarabicchi e Massimo Raffaeli in primis. Quest’ultimo ha anche curato l’antologia Marcos y Marcos che ne raccoglie tutta l’opera, il cui titolo era preso in prestito da quelle stazioni remote che costellano la sua poesia, e dove era solito passare il tempo con le sue morte presenze, le “creature invisibili” che tanto amava: “le tue fotografie ferite / la poltrona a foglie e spighe / dove leggevi, le visite di nessuno, / ecco, dolcezza, cosa si muove di là, / le tende / e voi, amate creature invisibili”.