Non solo Consiglio dei ministri. Indagine su quello che oggi è il motore stesso dello Stato, che dirige la politica, funge da comitato direttivo della maggioranza parlamentare e guida l’amministrazione
Chiamiamo governo, in senso stretto, il Consiglio dei ministri. Ma, in senso ampio, il governo è qualcosa di più, ha dimensioni vaste: oltre ai 25 ministri e ai relativi dicasteri, al suo vertice, la Presidenza del Consiglio dei ministri ha 17 uffici di diretta collaborazione, 30 dipartimenti e uffici equiparati, 10 strutture di missione e uffici equiparati, due altre “strutture”, poco meno di 100 commissari straordinari, più di 2.000 addetti. Tutto questo rappresenta il vertice dell’“esecutivo”, una parte dello Stato chiamata ancora oggi con un termine non più corrispondente alla realtà: si tratta del motore stesso dello Stato, che dirige la politica, funge da comitato direttivo della maggioranza parlamentare e guida l’amministrazione. Solo l’ordine giudiziario sfugge al controllo del governo.
Il Dipartimento per il programma di governo
All’interno della Presidenza del Consiglio dei ministri, dal 1988 vi è una struttura chiamata Dipartimento per il programma di governo, articolata in due uffici, a loro volta articolati in tre servizi.
I suoi compiti sono così definiti: è la struttura di supporto al presidente per la programmazione strategica, il monitoraggio e l’attuazione delle politiche governative. Cura l’analisi del programma di governo e la ricognizione degli impegni assunti in sede parlamentare, nell’ambito dell’Unione europea o derivanti da accordi internazionali; la gestione e lo sviluppo di iniziative, finanziate anche con fondi europei, in materia di monitoraggio del programma di governo; l’analisi delle direttive ministeriali in attuazione degli indirizzi politico-amministrativi delineati dal programma di governo; l’impulso e il coordinamento delle attività necessarie per l’attuazione e l’aggiornamento del programma e il conseguimento degli obiettivi stabiliti; il monitoraggio e la verifica, sia in via legislativa che amministrativa, dell’attuazione del programma e delle politiche settoriali nonché del conseguimento degli obiettivi economico-finanziari programmati; la segnalazione dei ritardi, delle difficoltà o degli scostamenti eventualmente rilevati; l’informazione, la comunicazione e la promozione delle attività e delle iniziative del governo per la realizzazione del programma. Il Dipartimento pubblica trimestralmente una “Relazione sul monitoraggio dei provvedimenti legislativi e attuativi”. L’ultima relazione è stata aggiornata al 31 marzo 2025 e a questa fanno riferimento molti dei dati che seguono.
Le riunioni del Consiglio dei ministri
Il Consiglio dei ministri è un collegio composto attualmente di 25 ministri, alcuni “con portafoglio”, altri “senza portafoglio”. Al Consiglio dei ministri partecipa il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, che provvede a redigere il verbale delle riunioni. All’organo possono essere invitati i presidenti delle regioni.
Dalla prima riunione tenuta dal governo Meloni, quella del 23 ottobre 2022, il Consiglio dei ministri si è riunito, fino al 9 maggio 2025, 127 volte. La cadenza delle riunioni è stata di circa una per settimana. La durata delle riunioni è variabile, ma si attesta intorno a una media di 40 minuti.
L’attività del Consiglio dei ministri e l’apertura internazionale dell’ordinamento italiano
L’attività del Consiglio dei ministri è in larga prevalenza di tipo normativo. Decreti legge e decreti legislativi, cioè norme in cui prevale l’azione del governo, costituiscono insieme quasi il 60 per cento della normazione.
Il primo elemento che emerge da un esame dell’ultima relazione trimestrale del Dipartimento per l’attuazione del programma di governo riguarda il flusso delle decisioni prese fuori d’Italia che penetrano nel nostro ordinamento. I provvedimenti di ratifica dei trattati internazionali costituiscono il 18 per cento dei provvedimenti legislativi deliberati dal Consiglio dei ministri, mentre gli atti di recepimento della normativa europea costituiscono il 16 per cento. Questo non vuol dire che lo Stato italiano abbia delegato a organismi esterni le proprie decisioni, perché la redazione dei trattati internazionali e la formazione delle norme comunitarie sono opera di istituzioni nelle quali l’Italia partecipa. Dunque, già da tempo l’Italia è strutturalmente inserita nell’ordinamento internazionale.
I temi prioritari
Il secondo elemento importante che si trae dalla relazione del Dipartimento riguarda i temi prioritari trattati dal Consiglio dei ministri, rispetto al programma di governo. Fisco, istituzioni, immigrazione e problemi europei fanno la parte del leone, mentre pochi sono i provvedimenti relativi alla sanità, allo sport, all’energia e alla scuola.
Parlamento e governo come legislatori
Secondo la Costituzione, la potestà legislativa spetta al governo. Tuttavia l’articolo 77 della Costituzione prevede che, in casi straordinari di necessità e d’urgenza, il governo possa adottare decreti legge e debba poi presentarli il giorno stesso per la conversione alle Camere. I decreti, divenuti efficaci fin dall’inizio, perdono la loro efficacia se non sono convertiti in legge entro 60 giorni dalla loro pubblicazione. Ora, il confronto, fatto da Openpolis, tra il numero delle leggi ordinarie e quello delle leggi di conversione di decreti legge, mostra che durante 5 governi vi è stata una maggiore quantità di leggi che originavano da decreti legge, e quindi da decisioni del governo, rispetto alle leggi che hanno seguito la regola del percorso parlamentare. Dunque, la funzione legislativa si è in larga misura spostata dal Parlamento al governo.
L’attuazione delle leggi
Sia le leggi, sia i decreti legge acquisiscono efficacia con la promulgazione e la pubblicazione, ma richiedono spesso, per essere attuati, ulteriori atti del governo. Secondo elaborazioni Openpolis al 30 ottobre 2024, su dati della Presidenza del Consiglio dei ministri, solo il 16 per cento dei decreti attuativi sono adottati nei tempi previsti dalle leggi che li prevedono. Dunque, l’attuazione delle leggi ritarda.
Nella Relazione del Dipartimento si può leggere che lo “stock” di decreti da adottare ereditato dai governi della XVIII legislatura, al 22 ottobre 2022, era pari a 376 provvedimenti. Al 31 marzo 2025, lo “stock” si è ridotto a 114 provvedimenti (10 relativi al governo Conte I, 28 relativi al governo Conte II e 76 relativi al governo Draghi). Sommando ai 114 decreti attuativi ancora da adottare riferibili alle disposizioni legislative della XVIII legislatura e i 441 provvedimenti non adottati del governo in carica, risulta che complessivamente lo “stock” dei provvedimenti da adottare è pari a 555.
La Relazione aggiunge: “Nell’ultimo trimestre è emerso un impegno ancor maggiore del governo a limitare il rinvio ai decreti attuativi, anche in linea con le indicazioni previste dal D.P.C.M. 30 ottobre 2024 che ha introdotto specifici criteri redazionali delle disposizioni legislative al fine di incentivare l’adozione di norme auto-applicative e di circoscrivere il rinvio a provvedimenti attuativi. Considerando il grado di auto-applicatività dei provvedimenti legislativi di iniziativa governativa entrati in vigore dal 1° gennaio al 31 marzo 2025, si rileva che la percentuale delle disposizioni legislative che rinviano a nessuno o a un solo provvedimento attuativo risulta pari all’81,5 per cento, più di 18 punti percentuali superiore alla medesima percentuale calcolata dall’insediamento del governo Meloni al 31 marzo 2025 (pari al 63,2 per cento)”.
Si governa con le leggi dei governi precedenti
E’ stato spesso osservato che ogni governo opera con le decisioni dei governi che l’hanno preceduto. Questo sembra un paradosso, ma è una verità indiscutibile che nessun governo, per quanto molto duraturo, possa modificare lo “stock” delle leggi esistenti, che si sono accumulate in decenni e spesso in secoli. Un’azione tanto incisiva sarebbe anche inaccettabile, perché la società non tollererebbero interventi così radicali. Come ha dimostrato Alexis de Tocqueville nel 1856, anche la rivoluzione francese, pur abbattendo molte istituzioni esistenti, a cominciare dalla monarchia, lasciò in vita, e anzi rafforzò, la maggior parte delle istituzioni dell’antico regime.
Il governo Meloni ha dato prova di capacità di smaltimento notevole: ha ereditato 376 atti di attuazione da emanare, ne ha ora 114. Ne ha adottati 262, circa due terzi. Se si considera la cesura che vi è stata nel 2022, rispetto alle precedenti maggioranze governative, a fronte di un lascito così ampio e così ampiamente attuato, si può dire che c’è molta più continuità di politiche di quanto non appaia.
L’urgenza e la fretta
I decreti legge possono essere adottati in casi straordinari di necessità e di urgenza, ma spesso l’urgenza diventa fretta ed è seguita da pause. Quella che colpisce maggiormente è data dal tempo che intercorre tra l’approvazione dei decreti legge e la loro pubblicazione. Ci si può aspettare che l’urgenza richieda una sollecita pubblicazione del decreto legge approvato, perché dalla pubblicazione ne decorrono gli effetti. Invece, secondo dati elaborati da Openpolis al 29 gennaio 2025, “mediamente durante l’attuale esecutivo sono intercorsi 4,7 giorni tra l’approvazione di un decreto legge in Consiglio dei ministri e la pubblicazione in Gazzetta ufficiale e conseguente entrata in vigore”. “Sono ben 18… i decreti pubblicati in Gazzetta a una distanza pari o superiore a 8 giorni dalla deliberazione. Tra questi poi ve ne sono 3 in particolare per cui l’intervallo intercorso è stato superiore alle 2 settimane. Il dato più alto in assoluto è quello del recente decreto milleproroghe per il 2025 (18 giorni)” (Openpolis, “Diciotto decreti del governo Meloni pubblicati oltre una settimana dopo la deliberazione in Cdm”).
Il governo ha funzionato bene
Complessivamente, il governo che ha iniziato la sua vita nel 2022, per quanto riguarda i suoi compiti politici, e non considerando quelli amministrativi, ha funzionato bene. Riunioni frequenti del Consiglio dei ministri. Smaltimento dei decreti di attuazione relativamente sollecito e progressivamente più veloce. Continuità delle politiche rispetto ai governi precedenti.
L’unico aspetto negativo è lo squilibrio che si nota nell’area legislativa: l’adozione di atti con forza di legge da parte del governo, invece che dal Parlamento. E’ uno squilibrio poco comprensibile in quanto il governo ha in Parlamento una maggioranza che si è rivelata sufficientemente robusta e duratura, e in Italia non vi sono forti tradizioni di “filibustering” parlamentare.