Ll’amministrazione ha varato nei giorni scorsi “nuove linee di indirizzo operative” che prevedono il ricorso ai piani attuativi per le opere che superano i 25 metri di altezza o hanno un indice di cubatura superiore a 3 per metro quadrato
La giunta di Beppe Sala sta per fare marcia indietro sulle regole urbanistiche di Milano eliminando quei margini di discrezionalità nei permessi di costruire che hanno scatenato le proteste dei comitati dei cittadini e le indagini della procura e provocato il blocco immobiliare in città. Visto e considerato che la strada “politica” del Salva-Milano non è risultata praticabile, perché nello stesso partito del sindaco, il Pd, non si è trovata una sintesi, l’amministrazione ha varato nei giorni scorsi “nuove linee di indirizzo operative” che prevedono il ricorso ai piani attuativi per le opere che superano i 25 metri di altezza o hanno un indice di cubatura superiore a 3 per metro quadrato. Vale a dire gli stessi progetti per i quali bastava una semplice Scia. Solo, però, che la toppa potrebbe essere peggiore del buco stando a quello che sostiene l’Aspesi, l’Associazione delle società di sviluppo immobiliare, la quale spiega che il cambio normativo determinerà un forte allungamento dei tempi per la realizzazione di nuove case e un aumento dei prezzi di vendita nell’ordine di almeno 500 euro al metro quadrato. Questo per effetto sia dei maggiori oneri di urbanizzazione che si dovranno versare al Comune (che, quindi, sotto questo aspetto ci guadagna) sia perché l’orizzonte temporale per rientrare degli investimenti è più ampio.
Insomma, l’effetto combinato dei due fattori, sempre secondo l’Aspesi, diminuirà la disponibilità di nuove case a Milano e determinerà, alla fine, un ulteriore rialzo dei prezzi. Il che rappresenta esattamente il problema che Palazzo Marino ha cercato di affrontare quando ha promosso una rigenerazione urbana con meno vincoli basandosi su norme che, peraltro, lo consentono. A sciogliere definitivamente la matassa sarà l’adozione della variante generale al Piano di governo del territorio, ma i tempi sono lunghi e nel frattempo Sala ha preferito un cambio di passo rispetto a una politica urbanistica che oggettivamente ha messo in difficoltà la sua giunta facendo diventare, anche in maniera strumentale, Milano un caso nazionale di malgoverno del territorio. Se, come dice l’Aspesi, le nuove regole che il Comune sta per adottare porteranno il capoluogo lombardo indietro di 25 anni oppure se d’ora in poi lo sviluppo immobiliare strizzerà meno l’occhio ai costruttori, come è convinta l’opposizione ma anche una parte della maggioranza, si vedrà. Intanto, il tema dell’emergenza abitativa in città resta sul tavolo sia di questa amministrazione che della prossima.