Il Concilio spiegato bene

Per un cattolico non c’è scelta tra un’ermeneutica della continuità o un’ermeneutica della rottura. Chi accusa il Vaticano II di aver rotto l’unità della Chiesa di Cristo alimenta solo la propria ideologia

Pubblichiamo l’intervento che il cardinale Gerhard Ludwig Müller, prefetto emerito del dicastero per la Dottrina della fede, ha pronunciato ieri alla presentazione de “Il Concilio spiegato ai miei figli”, edito da Cantagalli (720 pp., 28 euro).

In onore del neoeletto Papa Leone XIV, cito la famosa frase del padre ideale del suo ordine: “Ego vero Evangelio non crederem, nisi me catholicae ecclesiae me commoveret auctoritas”. – Io però non crederei al Vangelo se non fossi spinto a farlo dall’autorità della Chiesa cattolica – Contra epistolam Manichaei, quam vocant fundamenti 5,6). Questo principio ermeneutico della teologia cattolica, formulato da sant’Agostino nell’anno della sua ordinazione episcopale (395) contro il manicheismo gnostico-dualistico, può essere il principio guida anche per la presentazione del libro di Luca del Pozzo che, in 718 pagine, raccomanda ai suoi figli il Concilio Vaticano II come una bussola affidabile per i giovani cattolici nel mondo di oggi e di domani. Dal punto di vista quantitativo, un simile tomo può riempire il cuore dell’autore di orgoglio e intimorire i lettori. Ma da una prospettiva qualitativa possiamo essere grati all’autore per il suo ammirevole risultato, che offre al lettore profonde intuizioni teologiche e rafforza ogni cristiano nella gioiosa certezza che l’unica Chiesa visibile fondata da Cristo come sacramento di salvezza per il mondo è una Chiesa santa, cattolica e apostolica. Il Vaticano II dice di essa: “Il nostro Salvatore, dopo la sua risurrezione, ne affidò la cura a Pietro (Gv 21,17); a lui e agli altri Apostoli ne affidò l’estensione e la guida (cfr Mt 28,18ss); e la costituì per sempre come “colonna e sostegno della verità” (1 Tm 3,15), (Lumen gentium 8).



E’ relativamente facile superare il timore di un libro denso se si guarda all’organizzazione e alla struttura. Nell’introduzione l’autore spiega lo scopo della sua opera. A 60 anni dalla chiusura del Vaticano II, egli desidera spiegare ai suoi figli, cioè alle giovani generazioni, il contenuto di questo Concilio e collocarlo nel suo contesto pre e post storico. Egli si preoccupa soprattutto di trasmettere i suoi insegnamenti centrali sulla fede cattolica e sulla natura e missione della Chiesa nel mondo, come un maestro paterno che trasmette all’umanità delle generazioni future il patrimonio spirituale e culturale della Chiesa fondata da Dio.

Le tre parti principali seguono in modo logico questo percorso.

La prima parte tratta delle condizioni e degli sviluppi teologici, storico-intellettuali, culturali e politici che hanno preceduto il Concilio e che hanno dato a Papa Giovanni XXIII l’idea di convocare un tipo di Concilio ecumenico completamente nuovo. Questo concilio non aveva lo scopo di denunciare errori e condannare eresie, ma di proclamare la fede in modo positivo e costruttivo con un linguaggio nuovo per il mondo di oggi. L’obiettivo era quello di rinnovare la vita della Chiesa nelle sue tre dimensioni essenziali: Martyria, Leiturgia e Diakonia. Oltre ai fenomeni negativi della scristianizzazione del mondo occidentale e della desacralizzazione dell’esperienza di Dio, del mondo e dell’uomo, perpetrati da regimi politico-totalitari e da ideologie atee a partire dall’Illuminismo, bisogna menzionare anche i grandi movimenti che miravano al rinnovamento della coscienza cristiana. Tra questi, i movimenti pastorali liturgici, patristici e biblici del periodo successivo alla prima e alla seconda guerra mondiale fino agli anni Sessanta. Luca Del Pozzo inizia la seconda parte principale con una riflessione sul concetto di riforma, rimasto controverso tra coloro che, sulla scia tradizionalista, vogliono tornare dopo il Concilio a un presunto intatto ordinamento ecclesiastico tridentino, e coloro che, invece, vogliono andare oltre il Vaticano II nello spirito del condannato “modernismo cattolico” degli inizi del XX secolo. Questi sedicenti progressisti vedono il Concilio semplicemente come una tappa preliminare di una “nuova Chiesa” completamente diversa, che immaginano come un’organizzazione umanitaria universale con un debole sottofondo cristiano. Una Chiesa del genere, però, una volta giunta nel mondo, si sarebbe fusa con esso senza distinzioni e sarebbe stata calpestata dalla gente come sale raffermo nelle strade (Mt 5,13). Non dobbiamo partire dalle nostre ideologie e dai nostri programmi, ma dalla verità rivelata espressa all’inizio della Costituzione dogmatica sulla Chiesa: “Cristo è la luce delle genti: questo santo Concilio, adunato nello Spirito Santo, desidera dunque ardentemente, annunciando il Vangelo ad ogni creatura (cfr. Mc 16,15), illuminare tutti gli uomini con la luce del Cristo che risplende sul volto della Chiesa. E siccome la Chiesa è, in Cristo, in qualche modo il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano”. (Lumen gentium 1).



A coloro che non vogliono leggere il libro tutto d’un fiato dall’inizio alla fine, si consiglia di studiare i seguenti studi sui sei documenti conciliari presentati separatamente: sulla liturgia Sacrosanctum Concilium, le Costituzioni dogmatiche sulla Chiesa “Lumen gentium e sulla Rivelazione Dei verbum e la Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes. Seguono le due dichiarazioni sul rapporto della Chiesa cattolica con le religioni non cristiane, “Nostra aetate, e sulla libertà religiosa, Dignitatis humanae. Qui bisogna congratularsi con l’autore per aver dimostrato con successo che il sospetto o l’accusa dalla parte dei tradizionalisti, secondo cui il Concilio fosse colpevole di aver rotto con la dottrina cattolica classica, sono del tutto infondati. E’ proprio qui che entra in gioco il già citato principio dell’ermeneutica cattolica della rivelazione del Dio trino nel suo Gesù Cristo “nella pienezza dei tempi” (Mc 1,15; Ef 1,10) che non può essere raggiunto e nemmeno superato e non ha certo bisogno di essere integrato. Nella sua ermeneutica della fede cattolica, sviluppata contro gli gnostici di tutti i tempi, Ireneo di Lione presentava già questo principio cattolico nella sua coerente sistematicità come segue: che l’intera e piena rivelazione di Dio vive nella Chiesa ed è annunciata al mondo per mezzo delle Sacre Scritture dell’Antico e del Nuovo Testamento, della Tradizione Apostolica (nella dottrina, nella vita e nella liturgia) sotto la garanzia, incessantemente data dallo Spirito Santo, del Magistero dei vescovi di tutto il mondo nella Tradizione Apostolica e, in ultima analisi, vincolante soprattutto nel Vescovo di Roma come successore dell’Apostolo Pietro in unione con l’Apostolo Paolo.



Questo dimostra anche che per un cattolico non c’è scelta tra un’ermeneutica della continuità o un’ermeneutica della rottura. Chiunque accusa il Concilio Vaticano II di aver rotto l’unità sincronica e diacronica della Chiesa di Cristo o lo rivendica per la propria ideologia di una Chiesa completamente “diversa”, ha violato o addirittura rotto l’unità con la “Chiesa costituita e ordinata in questo mondo come società, che si realizza nella Chiesa cattolica, governata dal Successore di Pietro e dai vescovi in comunione con lui”, (Lumen gentium 8). Anche la dialettica tra un Concilio dogmatico e uno pastorale contraddice la Tradizione cattolica. Essa riflette infatti un nestorianesimo applicato alla Chiesa, che in questo caso separa in Cristo il maestro della verità divina dal pastore delle sue pecore e così divide anche l’unità della Chiesa in Cristo suo Capo e frammenta la sua missione. I vescovi e i sacerdoti agiscono infatti nella persona di Cristo, Capo della Chiesa, perché sono “ordinati per annunciare la Buona Novella, per pascere i fedeli e per celebrare il culto divino, e sono pertanto veri sacerdoti della Nuova Alleanza”, (Lumen gentium 28). Nella terza parte, l’autore ci conduce al tempo della ricezione contraddittoria del Concilio e alla sfida della fede in Dio in generale. Senza Dio, infatti, e senza la sua rivelazione escatologica in Cristo e la sua presenza nello Spirito Santo, la natura e la missione della Chiesa rimarrebbero sospese nell’aria. La ragione dell’esistenza della Chiesa non è altro che quella di essere il sacramento di mediazione nell’immediatezza personale di Dio. Non esiste il dio orologiaio dei deisti, né l’ideale di ragione pura di Kant, né il postulato della ragione morale, né lo spirito assoluto di Hegel, che si costituisce e si interpreta nel suo corso attraverso la storia del mondo.

Noi parliamo, invece, del Dio personale che si è rivelato al Sinai e che è con noi nel suo Figlio, che si è fatto uomo per noi, Cristo, che è morto per noi sulla croce e che ci ha dato speranza nella sua risurrezione dai morti. Egli è il Dio trino che vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità per mezzo dell’unico mediatore, l’uomo Cristo Gesù (1 Tm 2,4s), il Figlio di Dio, il Verbo incarnato del Padre eterno (Gv 1,14-18). L’importante filosofo Augusto del Noce (e soprattutto la sua opera principale, “Il problema dell’ateismo”, che lo stesso Luca Del Pozzo ha commentato nel suo libro “Filosofia cristiana e politica in Augusto del Noce”) ci ricorda la logizzazione dell’essere nella filosofia del soggetto da Cartesio al Rinascimento, alla Riforma protestante. La narrazione che emerge qui della svolta finale dalla metafisica dell’essere alla filosofia trascendentale non è affatto indiscutibile e senza alternative. Con l’affermazione definitiva che la ragione umana non potrà mai assicurarsi a priori dell’esistenza di Dio o del fatto della sua autocomunicazione storica in parole e opere, si ritiene che sia stato tolto per sempre il terreno alla fede cattolica. All’uomo illuminato e adulto di oggi, se non vuole cadere in un ateismo piatto o in un anticristianesimo militante, non resterebbe che un nobile agnosticismo o – come nel cristianesimo culturale cattolico o protestante – la religione come risonanza soggettiva di un senso panteistico o pan-cosmico dell’unità. Chi, nel senso di questa narrazione, non vuole essere colpevole del cattolicesimo medievale spiritualmente superato, cioè pre moderno, deve, al di là dell’impossibilità di un dialogo personale della persona umana con il Dio personale, dire addio alla vera fede in Cristo come via, verità e verità di vita di ogni singolo essere umano. E di conseguenza, deve anche emanciparsi dall’eteronomia dell’autorità mediata dalla Chiesa. Questa è l’ideologia dei “cattolici adulti” in linea con uno spirito dei tempi, scettico nei confronti della rivelazione, che ritengono di doversi opporre all’autorità magisteriale dei vescovi basandosi sui loro sentimenti soggettivi, proprio come i figli adulti si comportano nei confronti dei genitori in quanto pensatori indipendenti.

Più volte l’autore sottolinea la matrice gnostica dell’anticristianesimo moderno in tutte le sue sfaccettature religioso-filosofiche, culturali, politiche, mediatiche ed economiche. Dopo la “morte di Dio” (Nietzsche), i recenti movimenti di globalismo, wokismo e genderismo mirano alla dissoluzione della natura umana. L’antropologia cattolica si basa sull’unità corporea-spirituale dell’uomo nella sua persona. E si contrappone alle sociologie e alle psicologie materialiste, che considerano l’essere umano solo come un fascio sparso di pulsioni, impressioni e condizioni esterne. L’uomo, che non deve più la sua esistenza e il suo essere al Logos di Dio, che risplende naturalmente e benevolmente nella ragione della sua stessa creatura, rimane completamente in balia della nuda volontà di potenza, che lo controlla e lo strumentalizza. Sotto l’influenza della propaganda totalitaria, le persone ideologizzate credono addirittura che la loro libertà sia l’intuizione superiore della necessità. E si sentono redente quando il loro ego si dissolve in un collettivo socialista o quando le loro ceneri ravvivano il ciclo della natura sotto gli alberi della foresta. Augusto Del Noce mette giustamente in discussione la narrazione del legame mancato o ritardato della Chiesa cattolica con la modernità, che oggi inietta nell’umanità il veleno del suo gnosticismo sotto forma di transumanesimo ateo e nichilista, e Ireneo di Lione ribatte che la ragione creata non può mai impadronirsi del Logos divino ideologicamente o politicamente. Piuttosto, la nostra ragione personale viene interpellata e presa per mano dalla ragione divina nella persona del Logos della Trinità, sia sensitivamente che verbalmente, nell’umanità di Cristo. La nostra volontà è redenta dalla schiavitù del peccato e della morte “per la libertà e la gloria dei figli di Dio”. (Romani 8:21).

Il trauma del cattolicesimo nella modernità e la sua oscillazione, a partire dall’Illuminismo, tra resistenza e sottomissione all’ossessione gnostica dell’autocreazione, dell’auto-redenzione, e dell’auto-realizzazione in un paradiso materiale o in un nirvana idealistico, possono essere superati solo se riconosciamo “che il Signore Gesù ha portato qualcosa di nuovo solo portando se stesso, colui che era stato annunciato. Ed è proprio questo che è stato annunciato, che qualcosa di nuovo sarebbe venuto per rinnovare e rivitalizzare l’uomo”. (Ireneo, Adversus haereses IV, 34, 1). Cristo è l’homo novissimus e il vero fondatore del nuovo ordine mondiale in Dio. E’ proprio questa consapevolezza dell’inattaccabile modernità di Cristo che Luca Del Pozzo vuole trasmetterci con la sua magnifica opera sul e con il Vaticano II: che gli interrogativi esistenziali fondamentali di tutti gli uomini e di tutti i tempi circa il senso dell’esistenza e il destino ultimo di ogni persona possono essere illuminati e risolti solo alla luce di Gesù di Nazareth, il Cristo, il Logos incarnato. Questa è l’ermeneutica del rinnovamento dell’uomo in Cristo e della continua presenza reale di Cristo nella Chiesa sacramentale, che è il suo Corpo. Il Concilio stesso afferma come vuole essere compreso nei suoi insegnamenti e nelle sue intenzioni: “Così nella luce di Cristo, immagine del Dio invisibile, primogenito di tutte le creature il Concilio intende rivolgersi a tutti per illustrare il mistero dell’uomo e per cooperare nella ricerca di una soluzione ai principali problemi del nostro tempo”. (Gaudium et spes 10).

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