Cosa potrà andare storto, con l’informazione assetata di colpevoli per Garlasco?

Arriva l’imbeccata anonima di uno spettatore delle “Iene”, e la procura ordina ai vigili del fuoco di dragare un canale a Tromello in cerca della presunta arma del delitto: un attizzatoio. Come nei gialli di Conan Doyle e Agatha Christie

In un certo senso, è un ritorno alle origini: “Aveva un’orribile ferita sul cranio e per tutta la stanza erano sparsi i segni della selvaggia ferocia del colpo che lo aveva abbattuto. Accanto al cadavere c’era il pesante attizzatoio che, nella violenza dell’urto, si era incurvato. Holmes lo esaminò attentamente, così come la spaventosa ferita che aveva provocato”. Sono frasi da un racconto del 1904, L’avventura di Abbey Grange di Arthur Conan Doyle, il primo dei molti gialli in cui l’arma del delitto è un attizzatoio. Strumento pressoché immancabile nelle ville inglesi, a cui ricorrerà spesso Agatha Christie (Verso l’ora zero, Le due verità), ma a quanto pare diffuso anche nella provincia pavese, ora che la procura ha ordinato ai vigili del fuoco di dragare un canale a Tromello in cerca di quella che, secondo l’imbeccata anonima di uno spettatore delle “Iene”, sarebbe la vera arma del delitto di Garlasco. Si dirà: che cosa c’entra, quelli erano romanzi polizieschi, questa è la realtà. Mi permetto di dissentire. Assistiamo, piuttosto, a un giallo del sottogenere cold case, perfino più antico di Conan Doyle (il primo esempio è La pietra di Luna di Wilkie Collins, se vogliamo ignorare il precedente di Edgar Allan Poe). Lo so cosa penseranno i maligni: i nostri magistrati non hanno il genio di Holmes. Magari fosse solo questo il problema. Il guaio vero è che l’indagine è in differita di diciotto anni, ma il circo mediatico la vive in diretta. Indizi labili e memorie lontane amplificate da un’informazione assetata di colpevoli: cosa potrà andare storto?

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