L’Ue adotta un altro pacchetto di misure contro la Russia. Ma il castello può crollare (a luglio)

Tra piani B e C, l’Unione europea resta appesa all’imprevedibilità di Trump e ai veti di Orbán. Ma il rischio che le restrizioni alle importazioni e alle esportazioni saltino delinea uno scenario “catastrofico”

Bruxelles. L’Unione europea ieri ha trovato un accordo sul diciassettesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia e già si prepara a lavorare sul diciottesimo, in attesa delle sanzioni “massicce” e “devastatrici” che gli europei hanno promesso di adottare se Vladimir Putin confermerà il rifiuto del cessate il fuoco in Ucraina. Ma l’Ue è soprattutto in attesa di sapere se il castello delle sanzioni economiche non crollerà alla fine di luglio, a causa del veto dell’Ungheria di Viktor Orbán al rinnovo delle misure settoriali. Secondo un rapporto dello Stockholm Institute of Transition Economics, discusso martedì all’Ecofin, “l’economia russa è sempre più vulnerabile”. Ma l’Ue è attualmente incapace di infliggere un colpo sufficientemente forte da cambiare i calcoli di Putin. Per “asfissiare” l’economia russa è costretta a fare affidamento sull’imprevedibile Donald Trump e sperare che non concluda un deal con il leader russo ai danni dell’Ucraina.

Contrariamente alla narrazione del Cremlino, “il tempo non è dalla parte della Russia”, spiega lo Stockholm Institute of Transition Economics. Nel suo rapporto vengono elencate le innumerevoli fragilità che si nascondono dietro ai dati falsificati e all’economia di guerra. Le sanzioni sono “essenziali per limitare la macchina da guerra della Russia e amplificare i costi economici dell’aggressione prolungata”, dice lo Stockholm Institute of Transition Economics. Eppure il diciassettesimo pacchetto è decisamente molle. La misura più significativa è l’inserimento di 189 navi della flotta delle petroliere ombra della Russia nella lista nera dell’Ue. Da tempo l’Ue non riesce più ad approvare sanzioni che facciano davvero male al Cremlino. La minaccia di veto dell’Ungheria è riuscita a snaturare alcuni dei precedenti pacchetti. Il governo di Viktor Orbán non ha obiettato al diciassettesimo. E’ un sintomo di debolezza, non di forza delle misure restrittive.

Le sanzioni sono tornate in auge con la scommessa diplomatica lanciata dall’Ucraina e dalla coalizione dei volenterosi sull’ultimatum a Putin per accettare il cessate il fuoco. La scadenza, inizialmente fissata a lunedì, è stata spostata alla fine della settimana dopo che il presidente russo ha rilanciato con i colloqui diretti a Istanbul e quello ucraino, Volodymyr Zelensky, è andato a vedere il bluff annunciando di aspettare “personalmente” Putin. Il leader russo non ha ancora risposto. Trump ha detto che è pronto a unirsi al duo. “Se non ci saranno progressi reali questa settimana (sul cessate il fuoco), vogliamo lavorare insieme a livello europeo per una stretta significativa delle sanzioni, ha detto martedì il cancelliere tedesco, Friedrich Merz, indicando i settori dell’energia e dei mercati finanziari. Il ministro degli Esteri francese, Jean-Noël Barrot, ieri ha espresso la volontà di “prendere alla gola” la Russia, perché le attuali sanzioni “non hanno ancora dissuaso Vladimir Putin”. Sono necessarie nuove misure che “potrebbero asfissiare una volta per tutte l’economia russa”, ha detto Barrot. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, finora ha proposto solo misure simboliche, come sanzionare il consorzio Nord Stream 2 che non è operativo. Gli europei guardano più a Washington che a Bruxelles per sanzioni efficaci, in particolare il progetto di legge del senatore Lindsey Graham per imporre dazi del 500 per cento ai paesi che importano petrolio russo o alle sanzioni extraterritoriali nel settore finanziario. “Anche se la legge di Lindsey Graham dovesse essere approvata domani e la Casa Bianca non si opponesse, ci vorrà tempo per metterla in opera”, dice un funzionario europeo. L’Ue rimane in balìa dell’imprevedibilità di Trump.

Il presidente americano potrebbe influire anche sulle prossime mosse di Orbán, che con il suo veto rischia di far crollare tutta l’architettura delle sanzioni in uno scenario che alcuni diplomatici definiscono “catastrofico”. Le misure restrittive settoriali devono essere rinnovate entro il 31 di luglio. Le restrizioni alle importazioni e alle esportazioni salterebbero. Peggio: gli oltre 200 miliardi di euro di attivi sovrani russi congelati dall’Ue verrebbero sbloccati e potrebbero essere immediatamente trasferiti alla Banca centrale russa. L’Alto rappresentante, Kaja Kallas, ha assicurato che ci sono “un piano B e un piano C”. Per aggirare il veto dell’Ungheria, la Commissione sta pensando di usare la politica commerciale (controlli all’esportazione di capitali e dazi), su cui gli stati membri votano a maggioranza qualificata. Un’altra idea è di trasferire gli attivi sovrani russi in uno Special Purpose Vehicle. Ma di fronte al veto di Orbán l’Ue “è fragile”, ammette un diplomatico. “Il processo decisionale è compromesso”, perché “l’Ungheria gioca nell’altra squadra”. Non solo sulle sanzioni, ma anche sul processo di allargamento e sugli aiuti militari all’Ucraina.

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