Il nuovo Papa rilancia la dottrina sociale della Chiesa citando l’enciclica sul lavoro: meno slogan, più teoria
A un certo punto della cena qualcuno dice: “Questo nuovo Papa è davvero in continuità con la Rerum Novarum”. Gli altri annuiscono. E allora che fare? Basta avere un piccolo manuale di sopravvivenza, per dire qualcosa di intelligente (e vero) su un tema che in realtà riguarda tutti: che rapporto ha il cristianesimo con il lavoro, con il potere, con la giustizia sociale. La Rerum Novarum è un’enciclica di Leone XIII del 1891. E’ considerata il documento che fonda la dottrina sociale della Chiesa. Un testo rivoluzionario – sì, davvero – perché per la prima volta la Chiesa decide di prendere parola, in modo sistematico, sulla questione operaia, sulla proprietà privata, sui diritti e doveri di chi lavora e di chi dà lavoro. In piena epoca di socialismi e capitalismo industriale selvaggio, Leone XIII dice cose che, lette oggi, sembrano moderne: che il lavoro non è merce, che il salario deve permettere una vita dignitosa, che lo stato deve intervenire per proteggere i deboli, che il diritto di sciopero può essere giusto, e che la proprietà privata ha senso solo se usata per il bene comune.
Domenica scorsa Papa Leone XIV, l’agostiniano americano appena eletto, nel suo discorso durante l’incontro con i delegati delle organizzazioni sociali, ha detto che la Rerum Novarum è “ancora oggi una bussola per chi vuole costruire giustizia senza cedere né al collettivismo né al mercato assoluto”. E’ la frase che ha acceso la cena. Perché? Perché sembra indicare una linea di pensiero molto precisa: quella di un Papa che, pur con uno stile mite, vuole riportare la dottrina sociale della Chiesa al centro della discussione politica ed economica. E qui nasce il confronto, anche implicito, con Papa Francesco. Il pontefice gesuita ha parlato molto di povertà, di periferie. Ha denunciato con forza il “sistema che uccide”, ha stretto alleanze con movimenti popolari, ha spesso usato un linguaggio critico verso l’economia di mercato. Per molti, Francesco è stato il Papa dei poveri. Ma ha lasciato, in certi casi, in ombra l’apparato teorico della dottrina sociale. Ha preferito la denuncia alla sistematizzazione. Leone XIV, invece, sembra voler tornare alla struttura. Non per negare Francesco, ma per completarlo. E’ un Papa che si muove più volentieri tra testi che tra gesti. Non cita slogan, ma encicliche. E il riferimento alla Rerum Novarum fa capire che la sua idea di giustizia sociale passa per una visione dell’uomo fondata sulla responsabilità, sul lavoro come vocazione, sulla sussidiarietà come principio politico, sull’equilibrio tra libertà economica e protezione pubblica. Non è un Papa liberista, né un nostalgico del corporativismo. Ma sa che la Chiesa può ancora dire qualcosa di sensato sul mondo del lavoro, sulle disuguaglianze, sull’autonomia dei corpi intermedi.
Quindi, alla cena, potete dire qualcosa del genere: “In fondo, Leone XIV cita la Rerum Novarum perché vuole riportare la dottrina sociale fuori dalle accademie e dentro i dibattiti sul lavoro, sulla casa, sulla tassazione. Senza urlare, ma con molta chiarezza”. E pensare che, dopotutto, se un Papa riesce ancora a far discutere di proprietà privata e giustizia sociale attorno a un tavolo, vuol dire che qualcosa di vivo nella Chiesa c’è ancora. E che la Rerum Novarum, a 130 anni dalla sua pubblicazione, continua a dirci qualcosa.