Steven Witkoff, inviato speciale degli Stati Uniti in medio oriente, è arrivato nello stato ebraico a prendersi il “suo” ostaggio..Da Hamas a Teheran, fra Gerusalemme e Washington c’è più di un fronte conteso
“Il mio Nimrod non ha cittadinanza straniera, è israeliano al cento per cento e anche lui merita di tornare a casa”. Così ieri Vicky Cohen, il cui figlio è tenuto in ostaggio a Gaza, dopo l’annuncio che Hamas avrebbe rilasciato Edan Alexander, cittadino americano e israeliano, liberato ieri. Il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, normalmente festeggerebbe il rilascio di ostaggi come quello di ieri a Gaza, ma in questo caso l’accordo con Hamas è un altro segnale che Donald Trump sta iniziando a prendere decisioni senza di lui. “Quando la destra israeliana esultava per l’elezione di Trump, ho avvertito: ‘Non così in fretta’”, ha dichiarato a Bloomberg Michael Oren, storico, ex ambasciatore di Israele a Washington e a lungo uomo di Netanyahu in America. “Pensavamo che saremmo stati trattati diversamente. Ci sbagliavamo”. Trump inizialmente sembrava aver dato ragione alla destra israeliana, ripristinando le consegne di armi bloccate da Joe Biden.
Netanyahu è stato il primo leader straniero a essere ospitato da Trump nello Studio ovale a febbraio. “Sei il più grande amico che Israele abbia mai avuto alla Casa Bianca”, disse Netanyahu a Trump all’epoca. “Questa Amministrazione statunitense, senza dubbio, è una delle più favorevoli a Israele di sempre”, ha detto il parlamentare dell’opposizione israeliana, Matan Kahana. “Ma gli americani si prendono cura prima di tutto degli americani”.
Steven Witkoff, inviato speciale degli Stati Uniti in medio oriente, ieri è arrivato nello stato ebraico a prendersi il “suo” ostaggio. Ufficialmente, Israele si è rifiutato di fare distinzioni tra gli ostaggi, ma dal massacro di Hamas del 7 ottobre, la questione della doppia cittadinanza di alcuni dei rapiti a Gaza è emersa ripetutamente. Il primo rilascio è stato quello del russo Ron Krivoi, come gesto di distensione verso Vladimir Putin, come anche Yelena Trufanov e sua madre, Irena Tati.
Israele ha affermato in una dichiarazione rilasciata dall’ufficio di Netanyahu che il rilascio di Alexander è il risultato della pressione militare su Hamas. Ma ieri è più sembrato il risultato della strategia di Trump, che ora dialoga direttamente con Hamas e raccoglie anche il consenso delle famiglie israeliane degli ostaggi: la nuova operazione israeliana di terra a Gaza, “Carri di Gedeone”, è vissuta in Israele come l’abbandono degli ostaggi da parte del governo.
Fare pressione per la tregua a Gaza e chiudere accordi commerciali con i paesi del Golfo è il doppio binario di Trump in Arabia Saudita, Qatar ed Emirati. Il canale saudita al Sharq riferisce che Washington avrebbe proposto ad Hamas un’intesa da “iniziare con il rilascio di dieci ostaggi israeliani in cambio di un periodo di cessazione delle ostilità” e al termine il riconoscimento della sua partecipazione al governo della Striscia, “purché l’organizzazione abbandoni il terrorismo”, che considerata la storia di Hamas è un salto nel vuoto insopportabile per Gerusalemme. Ieri Netanyahu ha incontrato a Tel Aviv Witkoff e dopo una telefonata con Trump ha autorizzato una delegazione israeliana a recarsi a Doha per i colloqui su Gaza, ma ribadendo che “i negoziati saranno condotti solo sotto pressione militare”.
Dopo Riad, Trump sarà in Qatar, dove la famiglia reale al Thani gli donerà un Boeing 747 extra lusso da usare come nuovo Air Force One. Poi Abu Dhabi, mentre non è in programma una sosta in Israele. Ci sarebbe malumore fra Trump e Netanyahu su vari fronti, da Gaza, dove Trump vuole la fine della guerra, a Teheran, dove Trump punta a un rinnovo dell’accordo obamiano sul nucleare, mai ratificato dal Senato americano, il che aveva permesso a Trump di ritirare gli Stati Uniti dalla firma durante il suo primo mandato. Trump si è anche espresso a favore di un “programma nucleare civile” da parte dell’Iran, linea rossa per Gerusalemme che farebbe di Teheran un cosiddetto “nuclear threshold state”, un paese capace di costruire un ordigno atomico in ogni momento.
Trump ha interrotto la campagna militare americana contro il gruppo houthi in Yemen sostenuto dall’Iran (Israele ha distrutto l’aeroporto di Sanaa). Gli houthi hanno accettato di smettere di sparare alle navi americane nel Mar Rosso, dopo che avevano appena attaccato Israele con un missile che aveva colpito il Ben Gurion, principale aeroporto israeliano.
Ancora ieri, senza aspettare la luce verde dell’alleato ingombrante, Israele ha continuato a bombardare Gaza e Yemen. Al tempo dell’Amministrazione Biden, la destra israeliana ricordava un giovane senatore Biden al Senato nel 1982 davanti a Menachem Begin, premier israeliano di destra. Begin disse a Biden: “Non minacciateci di tagliare gli aiuti. Nessuno è venuto in nostro aiuto quando stavamo morendo nelle camere a gas. Nessuno è venuto in nostro aiuto quando ci sforzavamo di creare il nostro paese. Abbiamo combattuto per questo. Siamo morti per questo. Resteremo fedeli ai nostri princìpi. Li difenderemo. E, quando necessario, moriremo di nuovo per loro, con o senza il vostro aiuto”. Plausibile che, se continua così, Netanyahu debba dire lo stesso a Trump.