Anche presentare libri è un’arte. Valentina Berengo svela metodi e dritte

Tra tra aperitivo e teatro, la presentazione è riuscita se si sente di aver “colto l’intimo sentire dell’autore e di essere riuscita a restituirlo nel dialogo” e la sala risponde, si accende. Un nuovo libro per capire come si racconta un libro

A metà tra aperitivo e teatro, c’è un format che domina la scena culturale italiana ma che a volte mantiene un’informalità da giro di amici, spesso colpevolmente priva di budget, ed è la presentazione di libri. Con migliaia di uscite ogni anno, e altrettanti eventi – ogni pubblicazione ne ha almeno una, e ci mancherebbe, il contatto con il lettore è cruciale – ritrovarsi nel tardo pomeriggio, o in serata se è estate e si è in piazza e l’afa della giornata ha fatto spazio a un piacevole venticello, davanti a un palco, palchetto, tavolino, cattedra, sgabello, leggio con due persone che parlano del libro appena pubblicato da una delle due, è quanto di più comune ci sia nella vita sociale dei pochi italiani lettori. E, si sospetta, anche di molti non lettori che finiscono travolti dalle avventure letterarie di parenti e amici. Un evento necessario per i tantissimi che scrivono e, si pensa, piacevole per chi potrebbe addirittura spingersi a leggere.

Ma al centro c’è una figura chiave, spesso trascurata, quella del presentatore, unsung hero chiamato a raccontare senza raccontare e a far venire fuori con tutta la verve del caso il libro in questione, stuzzicare la curiosità del lettore, fare da spalla all’autore bravo a parlare, incoraggiare i timidi, rivelare senza spoilerare. Valentina Berengo, che scrive anche per Il Foglio, è forse la persona che presenta più libri in Italia. Durante la pandemia, con il suo “Scrittori a domicilio” ha permesso alle disgraziate uscite di quel periodo – o fortunate, visto che avevano tutti i riflettori addosso – di entrare nelle case degli annoiatissimi italiani e di farsi largo in un immaginario assetato di novità. Poi il mondo è tornato normale e Berengo, sempre bravissima, acuta, ironica, ha continuato a occupare con competenza palchi e festival, tenendo il passo con il fiume impetuoso delle uscite in un mercato come quello attuale, di “sovrapubblicazione, messa in atto nella speranza che uno dei titoli lanciati sia particolarmente fortunato e ripaghi degli investimenti fatti su tutti gli altri”.

E ora, in “Raccontare libri. L’arte dell’intervista letteraria“, elegante volume pubblicato da Ronzani Editore, ha deciso di condividere consigli, osservazioni e dritte su come procedere quando si finisce nel ruolo del “burattinaio in scena”, in quel momento generativo che è il dialogo con uno scrittore.

La presentazione, scrive Berengo, serve a trasmettere quello “che non è comunicabile dalla sola lettura” e a “indagare la soggettività dell’atto creativo”, e per farlo il modo migliore è seguire la propria curiosità, fare domande vere, chiedere quello che si vuole davvero sapere. Niente formule precotte, sono micidiali. La presentazione è riuscita se si sente di aver “colto l’intimo sentire dell’autore e di essere riuscita a restituirlo nel dialogo” e la sala risponde, si accende. Non è il momento della critica letteraria, quella si fa sulle pagine dei giornali. E nella non rara circostanza in cui ci si ritrovasse a dover presentare un libro brutto, è ancora più utile avere delle linee guida e Berengo, con la penna solida che le conosciamo, ne offre molte, raccontando le sue esperienze, le interviste illuminanti e quelle più faticose, che a volte sono quelle su libri che piacciono talmente tanto da diventare difficili da comunicare.

Leggere è fondamentale, ma un’astuzia è lasciare le ultime trenta pagine per il dopo, in modo da tenere viva la curiosità ed evitare di far trapelare i dettagli. Raccontare libri è anche il ritratto onesto di un mondo editoriale e delle sue dinamiche, di un settore che perde copie e in cui un lettore forte, almeno in Italia, è chiunque legga più di 12 libri all’anno. Aiuta chi vuole affacciarsi a questo mercato dell’immaginazione e dell’interesse, ed è senz’altro un grande gesto d’amore per la letteratura contemporanea, per le storie che il nostro presente produce e che continuiamo a leggere e ad ascoltare, sempre che qualcuno di abbastanza bravo le sappia tirare fuori.

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