L’intelligenza artificiale, come l’impresa settecentesca di Diderot, ordina il sapere caotico e ne affida il senso all’uso individuale. È una tecnologia collettiva, automatica e spesso anonima, specchio di un nuovo processo illuministico
E’ possibile che a sorpresa l’intelligenza artificiale – di cui il Foglio AI fornisce periodica prova artistica – caratterizzi la nostra come epoca di illuminismo, nell’accezione che ne diede Kant a fine Settecento: non un’epoca illuminata, in cui si è compiuto un processo di accensione delle menti, bensì caratterizzata dall’inesorabile avanzare di quel procedimento. L’illuminismo, visto da qui, sembra infatti essersi mosso sulla scorta di tre princìpi che altrettanto possono caratterizzare l’odierna AI: enciclopedismo, automatismo e anonimato.
Nonostante una vulgata che tenta di appiattire l’illuminismo a pensiero ribelle, e come tale padre delle grandi rivoluzioni del suo secolo, ciò che Robert Darnton chiamava “il grande affare dei Lumi” fu piuttosto un tentativo di sistematizzazione di un sapere caotico, ovvero l’Encyclopédie. Esattamente come l’AI, il progetto di Diderot e d’Alembert nasceva dalla necessità di mettere ordine in un sapere che col progresso delle conoscenze si era fatto insormontabile, nonché dall’ambizione di strutturarlo secondo una linea interpretativa univoca che selezionasse le fonti; tutto ciò consentendo al lettore di costruirsi una conoscenza individuale col saltabeccare fra le innumerevoli voci a disposizione, secondo un’infinità di combinazioni possibili. La trovata dell’ordine alfabetico, una novità per l’epoca, sta tutta qui: non rispecchiare il mondo presentando un sistema preordinato in base a una gerarchia dei saperi, bensì mettendo a disposizione uno strumento universale interattivo, in cui il lettore sia chiamato a fare metà del lavoro. Come per l’Enyclopédie, il valore dell’AI dipende tutto dal saperla usare.
Benché siamo in preda all’istinto di identificarlo coi grandi nomi degli immortali – Voltaire, Rousseau, Montesquieu… –, l’illuminismo fu soprattutto opera di bassa manovalanza, infiniti rivoli di testi trascurabili e rimasticati usciti dalla penna di autori ormai in pieno oblio. L’Encyclopédie, sotto questo aspetto, fu quasi un primo esperimento di scrittura automatica, né più né meno di quello che vediamo accadere sotto i nostri occhi dando dei prompt all’AI. Non si spiegherebbe altrimenti una figura come il cavalier Jaucourt, nobile in bolletta che si unì ai fuoriclasse dell’Encyclopédie stendendo poco meno di ventimila voci sugli argomenti più disparati. Delle due l’una: o Jaucourt era onnisciente o, cosa più verosimile, si regolava come fa oggi l’AI, scopiazzando e ricicciando in modo meccanico quel che riusciva a trovare, mettendolo insieme con lo stile che gli era stato imposto dai prompt di Diderot. Poco ma sicuro, oggi Jaucourt userebbe ChatGpt; di più, oggi Jaucourt sarebbe ChatGpt.
Dico Diderot poiché fu lui a portare a termine come direttore l’impresa editoriale che ebbe inizio nel 1751 e, dopo mille peripezie, vide uscire l’ultimo volume soltanto nel 1772, decenni dopo la stesura del Prospetto delle conoscenze umane stilato da d’Alembert. Come l’AI, l’Encyclopédie era una novità incontrollabile e, come l’AI, puzzava anche di fregatura, visto che ai sottoscrittori erano stati promessi otto volumi ma ne uscirono venti in più. Soprattutto, Diderot e d’Alembert non ne furono autori più di quanto Sam Altman non possa essere ritenuto autore di ciò che scrive ChatGpt; tanto che, nel frontespizio, ascrissero l’opera a una “société de gens de lettres” che oggi potrebbe essere tradotta con “associazione di intellettuali” e che significava tutti e nessuno. L’Encyclopédie esaltava e istituzionalizzava così l’anonimato, vero cardine su cui l’illuminismo si reggeva. Per far circolare idee in un contesto di rigido controllo morale e politico sui contenuti – non dissimile da ora, per certi versi – all’epoca era costume diffuso far stampare i testi senza firma, farli circolare in manoscritti mai disponibili alla stampa, attribuire libri interi a persone morte da tempo. Oggi, per garantirsi la stessa libertà, gli illuministi apporrebbero a ciò che scrivono la dicitura “testo composto con AI”.