Nelle aziende dove le donne occupano ruoli di vertice in pari misura rispetto agli uomini, anche ricavi e utili crescono proporzionalmente. I dati dell’“Osservatorio Donne e Moda” confermano che cultura inclusiva e politiche di welfare generano valore economico e sociale
La moda che funziona è anche quella più buona. Fuor di metafora e di rima: le aziende più attente all’equità sono anche quelle che registrano ricavi in crescita nell’anno più difficile dell’ultimo quarto di secolo. La V edizione dell’Osservatorio, “Donne e Moda” sviluppato da PwC Italia, lo dimostra chiaramente: con la crisi il primo a pagare è l’impiego femminile, a ogni livello. Ecco la short list della II edizione dei riconoscimenti a chi non ha cambiato le proprie strategie, che saranno consegnati questa sera, nel corso di una serata danzante sul palco del Piccolo Teatro Strehler di Milano, concesso per la prima volta, e verranno annunciati i bandi per i premi di laurea in discipline STEM con Università Bicocca e Bocconi.
Per metterla in positivo, nelle aziende dove le donne godono di un equo riconoscimento e si trovano in posizioni apicali in misura paritaria rispetto agli uomini, anche i ricavi e gli utili sembrano procedere in proporzione. Che fatturino un miliardo o cento milioni, crescono in percentuale pressoché identica anche in un momento difficile come questo, “sfidante” come dicono gli amanti dei luoghi comuni creativi. Questo dato si desume con una certa facilità dai risultati della V edizione dell’”Osservatorio Donne e Moda”, sviluppato da PwC Italia in collaborazione con “Il Foglio della moda”, ed emerge in modo altrettanto chiaro dalla short list della seconda edizione del premio assegnato alle imprese più virtuose sia nel rispetto della parità nella cosiddetta C-Suite, detta in italiano pop la stanza dei bottoni, sia nelle politiche culturali a favore della crescita dell’azienda e della società sia nelle iniziative di welfare: dove le donne trovano un ambiente che le sostiene e le supporta anche nella vita di famiglia, l’azienda prospera. Noi siamo sostenuti dall’organizzazione internazionale W20, dove mi occupo della Commissione Cultural Change, ma sarebbe interessante che anche il Ministero delle Pari Opportunità e della Famiglia facesse propri alcuni dei rilievi della ricerca di PwC, di cui la responsabile luxury, Erika Andreetta, scrive in questa pagina (occupa la stessa posizione da cinque anni, è diventato un piccolo rito di fine aprile), sintetizzando un’analisi molto lunga e impegnativa, che coinvolge tutte le associazioni del settore, da Camera Nazionale della Moda a Confindustria Accessori Moda a Confindustria Moda, CNA, Unic e Altagamma.
Di questo progetto, sul quale si lavora per tutta la prima parte dell’anno, due dati ancora meritano un approfondimento. Il primo: la leggera variazione in negativo relativa alla presenza femminile nei cda delle grandi aziende nell’ultimo anno, che è segno al tempo stesso delle transizioni societarie in atto e dell’applicazione naturale di una vecchia regola storica, mai disattesa, secondo la quale le donne sono le prime a pagare il prezzo delle turbolenze dei mercati (un caso per tutti, il gruppo Tod’s, dove l’ingresso di LCatterton nel capitale ha portato la presenza femminile nel consiglio di amministrazione, prima rilevantissima tanto che lo scorso anno l’azienda era in short list per il premio “C-suite”, a un solo membro). Il secondo: l’ottima performance delle piccole imprese manifatturiere, spesso interamente formate da donne e dove la flessibilità, banalmente il “darsi una mano” è un fatto naturale prima ancora che un’applicazione di norme. Nelle piccole e medie imprese artigiane della filiera moda, quasi tre amministratori delegati su quattro sono donne, il sessantanove per cento delle manager ha più di quarantacinque anni e solo il 2 per cento ne ha meno di trenta, dato dal quale è facile desumere che sia sempre più difficile attivare una start up di successo, o anche una nuova impresa tout court, per una giovanissima, mentre i manager uomini della stessa fascia anagrafica sono sette volte più frequenti. Una donna fa prima a farsi la propria azienda, o a gestirla abilmente da erede (Delphine Arnault, Silvia Damiani) che ad aspettare di fare carriera in un grande gruppo. Le top manager nei conglomerati sono pochissime: Francesca Bellettini deputy ceo di Kering, prima nelle ricerche su Google e anche se voleste fare una domanda alla AI inserita sul vostro smartphone (“specchio delle mie brame, chi è la più potente del reame”), quindi Sabina Belli ceo di Pomellato che sempre significa Kering, Laura Burdese in Bulgari, Silvia Onofri da poco arrivata in Miu Miu al posto di Benedetta Petruzzo, ora ai vertici di Dior.
Con una buona percentuale di approssimazione, si può dire invece che la manodopera sia sempre in maggioranza femminile, nelle grandi come nelle piccole imprese, che le piccole siano in buona parte gestite da donne, le fondatrici, e che queste ultime siano più propense a favorire, ad aiutare e a sostenere colleghe e dipendenti. Non si tratta di “sorellanza”, questione superficiale e infatti ampiamente disattesa: è intelligenza imprenditoriale. Come dice la direttrice generale di Altagamma, Stefania Lazzaroni. “La complessità del contesto attuale ha rallentato, in alcuni Paesi, i percorsi di Diversità & Inclusione, in particolare quelli legati alla parità di genere. Ma la trasformazione culturale avviata, e fortemente promossa in Europa, è ormai un valore radicato. Anzi, è proprio ora che dobbiamo insistere con coerenza. La sostenibilità non è accessoria, ma resta prioritaria, così come la necessità di una maggiore presenza femminile nel mondo del lavoro: in Italia lavora solo il 52 per cento delle donne, contro il 70 per cento degli uomini. È incoraggiante la crescita delle figure femminili nei ruoli apicali – oggi le dirigenti sono il 21% – un dato che conferma una tendenza positiva e suggerisce che la direzione intrapresa è quella giusta. Si può anche dire che le difficoltà del momento abbiano fatto scivolare per molte imprese temi come la sostenibilità e le politiche sociali in fondo alla lista. Vi sarete accorti che, nonostante per molti brand, privi di filiera propria, queste fossero attività date in carico ai façonisti, ai produttori terzi sui quali venivano scaricati tutti i costi dell’innovazione, sono comunque scomparse dai comunicati. Forse, e nonostante il reshoring in atto, avranno cambiato fornitore, chissà. Dunque, la short list di questa edizione. Lo scorso anno, vinsero Brunello Cucinelli fra i grandi brand e Dani come small cap nella categoria “C-Suite”, mentre il Gruppo Mastrotto si aggiudicò il premio nella sezione “Work-family balance e welfare aziendale” e Gucci nella terza categoria, “Empowerment – politiche culturali a favore delle carriere femminili in azienda”. I premi saranno attribuiti e consegnati questa sera a Milano, nel corso di una serata danzante presso il Piccolo Teatro Strehler, che per la prima volta concede il proprio palco e retropalco a un evento privato, che sarà lasciato esattamente come si trova, cioè con l’attrezzeria a vista e la scenografia della commedia “il vertice” di Christoph Marthaler montata e pronta per lo spettacolo, ad eccezione di alcuni costumi che, negli anni e anche di recente, Antonio Marras ha disegnato per l’istituzione.
Sarà anche l’occasione per lanciare i nuovi bandi in lauree Stem con Università Bicocca e Università Bocconi, insieme con le studentesse vincitrici della scorsa edizione, i vertici dei loro dipartimenti e la giuria. La short list è stata creata a partire dalle segnalazioni pervenute da tutte le associazioni di categoria a PwC Italia, che hanno indicato per ciascuno dei criteri soggetti a valutazione le aziende particolarmente virtuose. A queste segnalazioni sono state aggiunte le aziende membri del direttivo di Camera Nazionale della Moda. Questo primo gruppo di aziende è stato sottoposto a valutazione mediante tre strumenti principali: l’analisi dei bilanci, quando disponibili, l’analisi delle iniziative consultabili online in materia di welfare ed empowerment femminile, le informazioni fornite dalle associazioni di categoria a corredo della segnalazione e le informazioni raccolte attraverso interviste individuali alle imprese stesse. Sulla base della reperibilità delle informazioni e della qualità e quantità delle iniziative svolte in ambito di welfare ed empowerment femminile è stata stilata la short list finale sottoposta al voto dei giurati. Sono state escluse le sole aziende per le quali non è stato possibile reperire alcun tipo di informazione in merito ai criteri oggetto di valutazione. Per la prima categoria, sono in short list: 1 – Effe.Gi.Bi. È un’azienda guidata interamente da donne. La presenza femminile nel CdA è pari al cento per cento, ed è rappresentata da Lucia Gazzotti (presidente del Consiglio di Amministrazione e Consigliera, già presidente di Centergross), Anna Gazzotti (Vice Presidente del Consiglio di Amministrazione e Consigliera) e Giancarla Durighetto (Consigliera) 2 – Manifattura di Domodossola: la presenza femminile nel consiglio di amministrazione è pari al 60 per cento ed è rappresentata da Silvia Polli, Giulia Polli e Chiara Molteni, quest’ultima sia presidente del cda sia consigliera delegata. 3 – Moncler. La componente femminile in CdA è pari al 40 per cento a febbraio 2025. In azienda, il 41 per cento del top management è al femminile, il 52 per cento di manager è donna sul totale del management, e inoltre il 56 per cento di junior manager sul totale dei junior manager è donna, e le donne nelle funzioni che generano ricavi sono pari al 55 per cento. Altre peculiarità: le donne in posizioni Stem sono pari al 61 per cento, e la popolazione femminile totale è pari al 70 per cento. Moncler offre inoltre supporto alla genitorialità attraverso agevolazioni come maggiore flessibilità oraria e permessi aggiuntivi per esigenze del bambino per i primi tre anni dalla nascita. Due anni fa ha presentato la nuova politica globale per i neogenitori, New Parents Policy, che offre a tutti i dipendenti dei brand Moncler e Stone Island, indipendentemente dal genere, stato civile o orientamento sessuale e affettivo, sedici settimane di congedo parentale interamente retribuito. 4 – Peserico.
Le donne presenti nel cda sono due su quattro: Maria Peserico e Paola Gonella, rispettivamente amministratrice delegata e consigliera, mentre le presenze femminili in ruoli apicali all’interno dell’azienda quattro sulla Spa e sei per il gruppo. L’azienda sostiene asili privati tramite donazioni, e si mostra “disponibile a venire incontro alle lavoratrici con la flessibilità in ingresso o in uscita per meglio gestire l’accompagnamento a scuola dei propri figli, nonché se richiesto a concedere il part-time o periodi di aspettativa”, oltre che a contribuire al pagamento di master formativi. Per la seconda categoria, “work-family balance”, sono in short list. 1 – Crea – Si sas. L’azienda di Gloria Trevisani, assurta a fama mondiale per aver vestito con il suo brand Opificio Modenese la cantante Carrie Underwood alla cerimonia d’insediamento del presidente Donald Trump, ha solo donne fra le dipendenti, alle quali offre orari flessibili e opportunità di part-time e smart-working. Dona inoltre allo staff ecografia mammaria ed esame senologico. 2 – Eurojersey. Nel 2024, il 42 per cento dei quadri aziendali dell’azienda varesina altamente sostenibile, creatrice dei Sensitive Fabrics, è composto da donne, alla guida di funzioni strategiche come marketing, stile, creazioni, sostenibilità, risorse umane e welfare. Anche nei settori operativi e commerciali, la presenza femminile è significativa: tra i cinque Area Manager, quattro sono donne, così come numerose responsabili di reparti cruciali come Ricerca & Sviluppo, Certificazioni, Logistica e Campionatura. Dal 2008, Eurojersey ha intrapreso un percorso strutturato di welfare che promuove un equilibrio virtuoso tra vita privata e lavorativa: supporto psicologico gratuito costante per dipendenti e famiglie; polizza sanitaria integrativa; mensa con pasti bilanciati e presidi slow food, Palestra aziendale, corsi di pilates, osteopatia; Flessibilità oraria, smart working (attivo dal 2018), part-time agevolato; premi aziendali di risultato e assiduità; piattaforma benefit da 250 euro annui spendibili in servizi per famiglia, cultura e mobilità. Da quest’anno, l’azienda è smoke-free. 3- Gruppo Prada. Oltre ad avere una presenza femminile pari al 45 per cento di donne nel consiglio di amministrazione, il 60 per cento nel collegio sindacale, il 36 per cento tra i procuratori e il 46 per cento nel top e senior management, sta lavorando intensamente per migliorare il Work-family balance e welfare aziendale. Ha lanciato una nuova Parental Policy globale, pensata per promuovere la parità di genere, l’equilibrio tra lavoro e vita privata e l’inclusione professionale.
Le disposizioni principali includono: quattordici settimane di congedo di maternità o di maternità 1 completamente retribuito, quindici giorni lavorativi di congedo di paternità o di maternità 2 completamente retribuiti. Il gruppo si impegna inoltre a rendere il rientro al lavoro il più agevole possibile, garantendo la piena continuità salariale e nessuna riduzione della retribuzione dovuta al congedo parentale. Ulteriori misure supportano l’integrazione tra lavoro e vita familiare, con ore di congedo retribuito aggiuntive per l’assistenza all’infanzia fino a tre anni e modalità di lavoro flessibili in caso di grave malattia del bambino. 4 – SITIP S.p.A., storica azienda del bergamasco, specializzata in tessuti alto-performanti. Il suo cda è composto da tre donne su cinque membri, mentre nei ruoli apicali la presenza femminile, ora minoritaria, è in crescita. L’azienda promuove da anni un ambiente di lavoro attento al benessere, attraverso un programma strutturato che include: welfare aziendale tramite conversione del Premio di Risultato (PDR) in beni e servizi; welfare contrattuale previsto dal CCNL Tessile-Moda; Polizza sanitaria integrativa (SANIMODA) e previdenza complementare (PREVIMODA); buoni pasto elettronici per tutti i lavoratori; Flessibilità oraria per il personale impiegatizio; Part-time e orari personalizzati concessi in base a esigenze familiari; Gestione dei rientri post maternità e flessibilità per la genitorialità; cambi turno concordati tra colleghi in base a necessità personali.
Per la terza categoria, “Empowerment. Politiche culturali a favore dello sviluppo delle carriere femminili in azienda” sono in finale. 1 – Albatros, azienda della piccola pelletteria toscana fondata nel 2001 dalla passione per l’alto artigianato di Roberta Ghini, che lavora per grandi brand. Ha già vinto il premio Women Value Company, attribuito dalla Fondazione Marisa Bellisario, ed è stata insignita del premio della Camera di Commercio di Firenze per la categoria imprese femminili. Nel 2022, ha aderito al Fondo Nuove Competenze 2, dando la possibilità ai dipendenti di partecipare a percorsi formativi in particolare nell’area digitale e di ottenere certificati abilitanti, Quest’anno l’azienda ha aderito al Fondo Nuove Competenze 3, con l’obiettivo di sensibilizzare i dipendenti sulla sostenibilità dei processi produttivi e sull’utilizzo delle risorse per far conoscere ai dipendenti i principi fondamentali dell’economia circolare, dello sviluppo sostenibile, per comprendere l’importanza della riduzione degli sprechi all’interno del ciclo produttivo e attuare pratiche quotidiane atte a minimizzare l’impatto ambientale e dell’empowerment personale. Inoltre, l’azienda ha aderito a progetti della Regione Toscana, sovvenzionati dai fondi PNRR, (corso Propell ed Experience) per l’inserimento di figure professionali nel mondo del lavoro, svolgendo lezioni in aula e percorsi di stage in azienda. 2 – Eurojersey. Ha avviato politiche di assunzione mirate a colmare il gender gap, anche nei reparti tradizionalmente maschili come tintoria e finissaggio e ha avviato investimenti nella formazione continua: nel 2024, il 40 per cento delle ore totali di formazione è stato fruito da donne. Ha attivato inoltre programmi di coaching individuale e workshop per il superamento degli stereotipi di genere e la sensibilizzazione costante su diversity e inclusione rivolti a tutta la popolazione aziendale. 3 – Miu Miu, gruppo Prada, per il progetto “Literary club” che, sotto la direzione di Miuccia Prada, si prefigge di consolidare il dialogo del marchio con la cultura contemporanea, esplorando i temi della formazione femminile anche in relazione all’amore, al desiderio e all’educazione sessuale, portando all’attenzione delle giovani generazioni il lavoro di romanziere e filosofe del Novecento, da Sibilla Aleramo e Alba De Céspedes a Simone de Beauvoir e Fumiko Enchi, pseudonimo di Fumi Ueda, una delle autrici più rilevanti dell’era Shöwa in Giappone. Tra le altre iniziative di Miu Miu vi è Women’s Tales, la più longeva piattaforma di cortometraggi curati da registe internazionali.
La Giuria è formata da: Erika Andreetta, partner PwC Italia luxury Goods, Fulvia Bacchi, direttore generale UNIC e amministratore delegato di Lineapelle, Rosalba Benedetto, vicepresidente di Banca IFIS, Simona Olga Binetti, presidente della Scuola di Scienze, Università di Milano-Bicocca, Carlo Capasa, presidente di Camera Nazionale della Moda, Giovanna Ceolini, presidente di Confindustria Accessori Moda, Roberta Cocco, senior advisor di Clessidra Private Equity, Maurizio Dallocchio, professore ordinario di finanza, Università Bocconi, Gianfranco Di Natale, direttore generale di Confindustria Moda, Antonio Franceschini, Responsabile Nazionale CNA Federmoda, Fabiana Giacomotti, storica del costume, curatrice de “Il Foglio della moda”, Stefania Lazzaroni, direttore generale di Altagamma, Gianbattista La Rocca, ceo di NTVspa, Elvira Marasco, founder of the Italian Delegation W20, Elena Salvaneschi, amministratrice delegata TheOne Milano, Claudia Sequi, presidente di Mipel e di Assopellettieri, Roberto Tadini, presidente di AIP, Sergio Tamborini, presidente di Confindustria Moda e ceo di Ratti.
Amore su seta. Emma Talbot. “Legame ininterrotto”, 2023. Acrilico su seta © e per gentile concessione di Emma Talbot. Per “Il Foglio della moda”, maggio 2025. “Una madre e un bambino in una sorta di spazio protettivo, simile a un utero, uniti da un cordone ombelicale e da una placenta. Ogni nascita crea un mondo completamente nuovo, un legame ininterrotto, un inizio, nel caos esterno, un anello di una catena, una connessione tra infinito e temporalità, io e te. Il dipinto non parla solo della tenerezza tra madre e figlio, ma anche del fatto che ognuno di noi è nato, e dell’incredibile, incomprensibile scala dell’universo in confronto a ogni singolo essere”. Un ringraziamento a Max Mara Art Prize e a Collezione Maramotti per la gentile intercessione. Le opere di Talbot sono in mostra fino al 31 agosto a Palazzo Strozzi a Firenze, nell’ambito dell’esposizione “Time for women!”, che celebra il ventennale del premio con le opere vincitrici e le sue artiste che, tutte, hanno goduto di una residenza d’artista in Italia per un periodo di sei mesi.
Donne che cavalcano i tori. Beyoncé Knowles-Carter all’apertura del Cowboy Carter Tour con una tuta realizzata per lei da Adrian Appiolaza, direttore creativo di Moschino, ricoperta di cristalli Swarovski. Il motivo western trompe l’oeil è stato raggiunto con 223mila cristalli rossi e 34mila trasparenti. Per il costume si sono rese necessarie 250 ore di lavoro.