I più bei Conclavi letterari

Mann, Rolfe e Burgess raccontano l’ascesa al soglio papale di figure improbabili e tormentate, tra miracoli, inganni e satire feroci del potere ecclesiastico. Da un eremita incestuoso a un prete inglese scettico fino a un cardinale mondano e truffaldino, la chiesa si riflette come teatro dell’assurdo e specchio dell’umano

Un “tripudiar di campane supra urbem” saluta l’elezione di Gregorio Magno ne L’eletto di Thomas Mann (Mondadori, 272 pp., €13 euro). In uno dei più bei Conclavi letterari, Eulalio e Simmaco diventano Papi al contempo; il primo muore maledicendo il rivale, il secondo annega nel Tevere fuggendo dalla folla. Risolve tutto un agnello parlante che annuncia: “Habetis Papam”. Al soglio petrino ascende così un eremita ridotto a larva su uno scoglio nel mare del nord, dopo diciassette anni di penitenza per essere nato da un incesto e avere giaciuto ignaro con la propria madre. Mentre quest’Edipo cristiano, questo grumo di umanità difettosa diventa il vicario di Cristo, il cielo romano vibra di campane, “commosso dall’inconcepibilità e incommensurabilità dell’evento”. All’irruzione esterna nel conclave ricorre anche Frederick Rolfe in Adriano VII (Beat, 377 pp., ebook a €7,99 euro). Se la giocano il camerlengo Orezzo, il favoritissimo Vagellaio, il segretario di stato Ragna, che manca l’elezione per un solo voto, il proprio, annullato secondo le norme.

Per superare lo stallo, si valuta un compromesso, incaricando nove cardinali di individuare un estraneo inviso a nessuno: tocca a George Arhur Rose, giovane reverendo piuttosto scettico e accanito fumatore, che, essendo inglese, sceglie di chiamarsi Adriano come l’ultimo Papa d’oltremanica, Nicholas Breakspear. Più eclatante ancora Earthly Powers di Anthony Burgess (Vintage, 656 pp., 16,24 euro): nel 1958, durante un conclave teso, il quorum viene raggiunto a fatica dal patriarca di Venezia Casorati, che però crolla al tappeto della Sistina per un attacco di cuore. Il cadavere viene occultato e nel successivo scrutinio prevale Carlo Campanati, cardinale piccolo e grasso, habitué della roulette e dei rotocalchi, dove appare con cocktail e sigaro. Pur milanesissimo, conquista piazza San Pietro esordendo con: “Ho scerto er nome Gregorio”, forse non immemore del sonetto del Belli, La sscerta der Papa. Lì un fornaciaio fantastica: “Perché ss’ha da creà ssempre un de loro? / Perché oggni tanto nun ze fa ffilisce / un brav’omo che attenne ar zu’ lavoro? / […] Entra un Emintentissimo e mme disce: / Sort Titta, è Ppapa lei: vienghi a Ssan Pietro”.

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