“Appartengo a Gesù”: sanzionato dalla Federcalcio inglese, meno severa con i giocatori islamici

Cody Gakpo e il Liverpool sono stati multati perchè dopo aver segnato un gol il calciatore ha mostrato la maglia con la scritta cristiana. Ma nessuna conseguenza per chi rifiuta la fascia arcobaleno. Lo sport è l’arena dell’ipocrisia

Cody Gakpo e il Liverpool saranno sanzionati dalla Federcalcio inglese per la maglia “Appartengo a Gesù” mostrata dopo aver segnato il gol che ha dato inizio alla festa per il titolo di Premier League, dove però si permette ai giocatori di fede islamica di rispettare il Ramadan e prendersi una pausa per bere e mangiare. Gakpo ha alzato la maglia dopo aver segnato il 3-1 contro il Tottenham. Un gesto che ha evocato il brasiliano Kaká, che mostrò lo stesso slogan sotto la maglia del Milan quando sconfisse il Liverpool nella finale di Champions League del 2007. Ma se la palla è rotonda, la fascia e la fede non lo sono. E i catoni del buon vivere civile sembrano ignari dei propri progressisti cortocircuiti.



Così quando il capitano dell’Ipswich, Sam Morsy, musulmano, si è rifiutato di indossare la fascia arcobaleno, niente sanzioni. Come il difensore del Manchester United, Noussair Mazraoui, che si è rifiutato di indossare la pettorina arcobaleno e ha anche ottenuto la solidarietà dei compagni che hanno fatto lo stesso per non “imbarazzarlo”. Quando un altro calciatore, Marc Guéhi, ha scritto “Gesù ti ama” sulla fascia arcobaleno in perfetto spirito bergogliano di inclusione, lui e il Crystal Palace sono stati ammoniti (e rischiato la squalifica). Neil O’Brien, ministro ombra dell’Istruzione, ha scritto su X: “La gente ha criticato Morsy per non aver indossato la fascia arcobaleno. Il club ha detto che era musulmano e la questione è finita lì”. Robert Jenrick, ministro ombra della Giustizia, ha detto al Telegraph: “Perché un giocatore cristiano viene trattato in modo diverso da un musulmano?”. Anche Matt Lucas, comico gay e tifoso dell’Arsenal, è intervenuto dicendo di non aver trovato offensivo “Gesù ti ama”, ma che un capitano si rifiutasse di indossare una fascia da capitano.


Lo sport è l’arena dell’ipocrisia. Sebastian Vettel, l’ex pilota ecologista, corre coi soldi della Aramco, il colosso petrolifero saudita che da solo è responsabile del quattro per cento delle emissioni nel mondo dal 1965, e David Beckham, l’icona dell’inclusione Lgbt, ha un contratto da 178 milioni con il Qatar. Il calciatore inglese Jordan Henderson ha deciso di scambiare la Premier League con la Pro League saudita. Ma l’ex capitano del Liverpool ha atteso nell’annunciare il trasferimento all’al Ettifaq (oggi è all’Ajax), vista la sua reputazione di “alleato LGBTQ+”. “Avere qualcuno con le mie opinioni e valori in Arabia Saudita è solo una cosa positiva”, ha detto Henderson, dopo aver ammesso che non aveva intenzione di dire o fare nulla per promuovere la causa gay alla Mecca. “Non mancherei di rispetto alla religione e alla cultura dell’Arabia Saudita”. Ecco. Gli inclusivi amano tutto e tutti in questa coscienza occidentale in perenne crisi glicemica morale.

One Love. Love wins. Lgbt per Gaza.

  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.

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