Trilogia triestina: Svevo, Joyce, Saba

La recensione del libro di Mauro Covacich edito da La nave di Teseo, 112 pp., 14 euro

Trilogia triestina. Svevo Joyce Saba di Mauro Covacich è organizzato in tre capitoli omonimi ed è preceduto da una introduzione che annuncia il senso dell’impresa tappa per tappa. Si tratta della riproposizione di un lavoro di teatro di narrazione che al di là della continuità geografica dell’autore ne segna una geografia di antenati letterari personali.
Ognuno della triade dei concittadini apre una finestra personale sull’autore e la sua formazione di scrittore. Italo Svevo è “il mostro sacro che mi aveva sempre dato filo da torcere, sia dal punto di vista letterario che personale, un uomo il cui genio aveva avuto un effetto così inibente sulla mia vocazione di scrittore da mettermi in fuga dalla città in cui ero nato e cresciuto”. Joyce che “ha trovato nei suoi lunghi anni a Trieste la condizione di isolamento linguistico che gli ha permesso di scavare nei giacimenti più profondi dell’inglese, quasi fosse una lingua morta, accedendo a un livello di verità e purezza”.

Il tema linguistico joyciano trova un curioso apologo in una lettera l’irlandese scrive a Svevo in triestino stretto affinché questi recuperi dei suoi appunti dimenticati. Ma non è l’unica continuità tra i tre. Infine, Saba “il grande cantore della città, colui che nell’immaginario collettivo rappresenta lo spirito del luogo, avendo posto i suoi versi a suggello del volto di Trieste senza essersi mai stancato di attraversarla, scrutarla, ritrarla”. Eppure, il corpo a corpo scenico con il poeta non è solo l’arduo confronto col verso; è anche il disvelamento attraverso i carteggi di una difficoltà di appartenenza. Ogni tanto passano per le righe – e la voce di Covacich – autori che con i tre non possono non comparire in un ideale museo culturale della città giuliana: Quarantotti Gambini e Bobi Bazlen, Edoardo Weiss che porterà la psicanalisi in Italia. La rete dei rimandi si allarga in alterchi tra uno Svevo un po’ iroso (in fondo come dirà di lui Lavagetto è solo “un vecchio bugiardo che racconta”) e Saba. Sullo sfondo di questo palcoscenico, tornato ad essere testo dopo la rappresentazione al Politeama Rossetti di Trieste, ecco la carta geografica d’Italia per spiegare le misure della regione FVG e un tecnigrafo a rimandare il senso di una scrittura che tende necessariamente alla precisione e al disegno degli spazi (anche quelli interiori). Ed ecco Saba e con lui Trieste “termina dove cominciano le altre città” quelle che “entrano con forza nel suo immaginario” come “la possibilità di una vita alternativa”.

Mauro Covacich

Trilogia triestina: Svevo, Joyce, Saba


La nave di Teseo, 112 pp., 14 euro

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