Vedere un gruppo di ragazzi con i sacchi a pelo e gli zaini, pronti per partire riporta alla mente il ricordo di indimenticabili gite da giovani, in montagna, fradici dalla testa ai piedi. La felicità di quei momenti, quando pareva l’inizio di una vita nuova
Le nove di mattina. Il Giovedì Santo è arrivato su Milano in una notte di tempesta. Per ore un vento da est, violento, ha percosso il nostro cielo abitualmente fermo e sbiadito. In cortile per tutta la notte le persiane hanno sbattuto contro i muri, con continui colpi secchi, e la grande vite americana sembrava dover essere strappata dal muro cui sta avvinghiata.
Poi, la furia del vento cade. L’asfalto luccica di pioggia, Milano è fradicia. Ma davanti a una chiesa, al Sempione, dei ragazzi con i sacchi a pelo e gli zaini sono pronti per partire. Diciotto, sedici anni, la vacanza dell’oratorio di Pasqua. Partire con quest’acqua? Loro sembrano felici. Se piove, se diluvia sulle cappe impermeabili, sarà ancora di più un’avventura.
Come una lama il ricordo di indimenticabili gite, da ragazza, in montagna, fradici dalla testa ai piedi, l’acqua anche nel collo degli scarponi: e quanto felici tuttavia eravamo, sulle nostre gambe veloci, nell’ansia del rifugio che ci saziasse una fame da lupi.
Partono, questi, per una gita così. Che tenerezza, che invidia. Guardo gli occhi chiari di uno alto, l’aria del capo, e i capelli delle ragazze, incontenibili se appena si rialza il vento. Gli zaini esplodono quasi, gonfi di maglioni e calze di ricambio, e borracce.
Stanno aspettando il pullman. Eccolo che compare in fondo alla via: di corsa gli zaini in spalla, tutti giù dalle scale della chiesa, chiamandosi l’un l’altro, “Marco!”, “Anna!”, “Sbrigatevi!”. E risento in me come fosse ora la stessa allegria di quando si andava in gita, al liceo, e pareva l’inizio di una vita nuova – da grandi, finalmente. E le battute e gli scherzi, e gli sguardi, sperando che “lui” ti si sedesse accanto.
Salgono veloci, salutando a gran voce chi resta. Il pullman chiude le portiere. Anche da fuori, più forte del rombo del motore, l’eco di voci e risate.
L’irripetibile allegria di una gita a sedici anni per qualche istante, come una scia d’oro, resta nell’aria, dopo una tempesta, sull’asfalto lucido di Milano.