Parla il governatore dem dell’Emilia Romagna: “Il gnl americano? Solo se conviene. E sulla spesa per la difesa, va bene incrementare gli impegni ma serve debito comune europeo”
Dagli Stati Uniti all’Emilia Romagna. L’incontro della premier Giorgia Meloni con Donald Trump, visto dal presidente del Pd Michele De Pascale, ha rappresentato gli interessi del paese e dell’Unione europea, sì, ma con qualche ombra. “A volte il governo fa confusione tra amicizie politiche e interesse nazionale, mentre nelle relazioni internazionali si dovrebbe tenere un profilo di stretto interesse del paese, anche per avere una solidarietà trasversale. Meloni in Parlamento ha fatto tutto tranne che cercare coesione e unità, da Ventotene in poi ha cercato più pretesti per litigare che sinergie”, dice in un colloquio con il Foglio. Dal viaggio a Washington Meloni è tornata con l’impegno di aumentare le importazioni di gas naturale liquefatto americano, che già oggi arriva nei rigassificatori italiani, tra cui quello appena inaugurato di Ravenna. “Fino a poco tempo fa non avremmo potuto acquistare gas americano perché non avevamo gli impianti. Ora che abbiamo adeguato la nostra capacità di rigassificazione con i nuovi terminali possiamo, e questo può essere utile per la bilancia commerciale”, ragiona De Pascale, “eretico”, come dice lui, a proposito dei temi energetici rispetto al suo partito. “Però è chiaro che lo dobbiamo fare solo se è concorrenziale e se non ci vincola. Per ridurre i dazi non possiamo permetterci di aumentare i costi energetici”, è la premessa. Il nodo insomma è quello del prezzo, che come ricorda il presidente, attento conoscitore dell’industria del suo territorio, è già oggi la principale barriera per la competitività della manifattura italiana. “A parità di prezzo comprare Gnl americano conviene, visto che negli Stati Uniti esportiamo tantissimo e non ci sono paesi con cui abbiamo relazioni commerciali così forti. Ma non dobbiamo vincolarci perché la concorrenza aiuta a tenere i prezzi bassi. Abbiamo fatto i rigassificatori proprio per essere liberi di importare da chi vogliamo e scegliere i fornitori sia dal punto di vista dei principi democratici, liberandoci dalla Russia, sia dal punto di vista del prezzo”, ragiona allora De Pascale. Che a proposito delle misure promesse dal governo per aiutare le imprese ricorda il gas release, il piano incompiuto di estrarre più gas italiano. “Era scritto nel programma elettorale della maggioranza: aumentare la produzione nazionale e vincolarla alla vendita calmierata per l’industria. L’impegno era così chiaro che il centrodestra ha vinto per la prima volta anche nel collegio parlamentare di Ravenna, dove il disastro degli ultimi vent’anni ha fatto perdere migliaia di posti di lavoro di altissima qualità. Tutti hanno sperato che ripartissero le attività, visto l’impatto sull’indotto, ma il tema è stato derubricato. E oggi importiamo di più dall’estero”, dice l’eretico De Pascale.
L’altro impegno di Meloni è quello di portare al 2 per cento del pil le spese militari. Anche su questo punto il presidente fa alcuni distinguo: si può fare, ma meglio se con uno strumento di debito comune europeo. “La mia posizione personale è che a livello europeo l’adeguamento della difesa sia una necessità oggettiva”, chiarisce. “Il fatto che con il ReArmEu questo avvenga con una spesa potenzialmente poco coordinata tra i paesi e con strumenti di debito nazionale è una critica giusta, vista dall’Italia. Una critica che alla fine, in un certo senso, hanno mosso sia Schlein che Meloni”, nota De Pascale. “Non è un caso che in sede europea tutte le forze politiche italiane abbiano espresso preoccupazione sugli effetti che potrebbero esserci sul bilancio pubblico e sul debito. A prescindere da quanto si decide di spendere, che è un discorso di normale dialettica politica, credo siamo tutti d’accordo che sia meglio farlo con meno debito nazionale e più debito europeo. La speranza è che su questo in Europa si possa fare una battaglia comune”. De Pascale non casca sulla retorica di contrapporre la spesa militare a quella sanitaria. “E’ sbagliato? Sì, certo. Ma anche la seconda in Italia è totalmente inadeguata. Perciò penso che un governo chiamato a riorganizzare la spesa pubblica aumentando i finanziamenti per la difesa dovrebbe anche adeguare la spesa sanitaria per mandare un messaggio chiaro, proprio per togliere il dubbio che le due cose siano in concorrenza”. A queste condizioni, anche il riarmo può diventare un’opportunità. “Per un paese come l’Italia, che ha un settore industriale importante in questo campo, riuscire a ridurre la quota di interessi e coordinarsi con gli altri paesi potrebbe voler dire agire senza esporsi a particolari criticità sul piano del bilancio”.