Mercati aperti per crescere. Scalfarotto chiede la ratifica dell’accordo col Canada

“Essere italiani e protezionisti è una contraddizione in termini, equivale a spararsi nei piedi. Il protezionismo a senso unico non esiste, bisognerebbe ricordarlo a chi da sempre predica la chiusura alle importazioni e oggi si unisce alle grida di allarme per le esportazioni italiane colpita dai dazi americani”, ci dice il senatore di Italia VIva

Al direttore – Il commercio internazionale non è una materia per tecnici: riguarda la nostra sicurezza, il nostro stile di vita, la libertà di scelta e il valore del nostro denaro. Per l’Italia, poi, è una questione cruciale. Il surplus della nostra bilancia commerciale vale spesso quanto una manovra economica, e in più di un’occasione ci ha permesso di superare crisi che avrebbero potuto travolgerci. Siamo tra i principali esportatori mondiali, ma non vendiamo materie prime: esportiamo manufatti, frutto di una filiera che inizia il più delle volte con risorse importate. Siamo il Paese dell’espresso e in Italia non cresce nemmeno un chicco di caffè. Il commercio estero è quindi vitale sia in entrata — per rifornirci — sia in uscita, per portare nel mondo il Made in Italy che ci rende unici. Per questo, un commercio il più possibile aperto e libero è un interesse nazionale strategico. Essere italiani e protezionisti è una contraddizione in termini, equivale a spararsi nei piedi. Naturalmente, la libertà da sola non basta: serve anche il rispetto delle regole. Dobbiamo poter competere con gli altri paesi ad armi pari. Per la qualità dei nostri prodotti, noi italiani non abbiamo bisogno di scorciatoie: a barare è chi non regge il confronto. Contro chi imbroglia dobbiamo poter reagire, con norme che nell’Unione Europea tutelino concorrenza, lavoro e consumatori, e con istituzioni internazionali solide – le stesse che i protezionisti, a partire da Trump, sistematicamente ostacolano. Un governo che avesse una visione dovrebbe pretendere in ogni sede un commercio equo, ma libero, e sostenere coerentemente la Commissione quando, tutelando i nostri standard e sostenendo i settori più esposti, conclude accordi che aprono nuovi mercati. Bloccare intese come si è sciaguratamente fatto con il Ttip con gli Stati Uniti o mettersi adesso di traverso per evitare di concludere l’accordo con il Mercosur significa solo rinunciare a opportunità vitali per il paese. Per questo, ho depositato un disegno di legge per ratificare il Ceta, l’accordo di libero scambio con il Canada, mai ratificato dall’Italia nonostante abbia prodotto effetti estremamente positivi per gli scambi bilaterali. Gli accordi di libero scambio sono anche un modo per legarsi in modo più intenso dal punto di vista politico con la controparte, e dare oggi un segnale di amicizia al Canada fatto oggetto delle mire espansionistiche della Casa Bianca sarebbe politicamente quanto mai opportuno.

Il protezionismo a senso unico non esiste, bisognerebbe ricordarlo a chi da sempre predica la chiusura alle importazioni e oggi si unisce alle grida di allarme per le esportazioni italiane colpita dai dazi americani. Altro che opportunità, come ha avuto l’impudenza di dichiarare il ministro Salvini: ora è finalmente chiarito a tutti che l’Italia cresce e prospera soltanto in un mondo globalizzato, pacifico, aperto. Tutto il contrario, insomma, di quello che hanno in mente i Trump, i Putin, gli Orbán e i loro amici al governo di Roma.

Ivan Scalfarotto, senatore di Italia viva

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