Dalla prima comunione del giudice Sepe ai talk show in prima serata, i magistrati hanno perso l’aura di eccezionalità. Oggi l’anomalia non è più la toga in Tv, ma il fatto che non ci sembri strano
Ha perfettamente ragione Nicola Gratteri quando mette in correlazione il suo nuovo ruolo di bravo presentatore – condurrà su La7 un ciclo di quattro trasmissioni dedicate alle mafie – con il rischio di normalizzazione di un grande problema nazionale. È solo che ha in mente il problema sbagliato. Quello che ho in mente io si annunciò circa settant’anni fa, quando il giudice istruttore Raffaele Sepe, titolare delle indagini sul caso Montesi, passò ai rotocalchi le sue foto da poppante, nell’abitino della prima comunione, in pantaloncini da calciatore. Da quel primo fiocco di neve la valanga si è fatta così impetuosa che ormai tutto il paese ne è ricoperto. Abbiamo visto magistrati fotografati in tenuta da cavallerizzi, magistrati ospiti fissi dei talk-show più sgangherati, magistrati romanzieri e giurati dei festival, magistrati in tutti i possibili ruoli politici, magistrati che scrivevano con la mano sinistra libri sulle inchieste che stavano intanto conducendo con la destra, magistrati affabilmente spaparanzati nel salottino della Dandini, magistrati sul palco a duettare con i rapper, magistrati infervorati nelle piazze del vaffanculo, magistrati che rifacevano i processi perduti nella corte di ultima istanza di Michele Santoro.
E via via che la valanga ci sommergeva abbiamo spostato più in su l’asticella di ciò che consideravamo tutto sommato accettabile. Ora qualche timida protesta si è levata circa l’opportunità di affidare a Gratteri direttamente il ruolo che fu di Santoro, ma fidatevi, è questione di tempo e anche questa diventerà una cosa normale. Un paio d’anni e diremo: va benissimo che un magistrato conduca uno show, ci mancherebbe, ma è proprio necessario che indossi una giacca con le paillettes e abbia come vallette due cancellieri in costume da bagno? Poi l’asticella salirà ancora e ci domanderemo: siamo sicuri che sia opportuno abbinare al programma una riffa basata sulle delazioni anonime da casa, il Gratteri e vinci? Ha perfettamente ragione il procuratore di Napoli: c’è un rischio di normalizzazione.