L’epoca della denuclearizzazione globale è finita. La Cina aumenta più di tutti le sue bombe

La Cina entro il 2035 potrebbe arrivare ad avere 1500 testate nucleari. Questo potrebbe impedire a qualsiasi terza parte di intervenire in un conflitto. A temere questo scenario è soprattutto Taiwan, visto che la minaccia dell’intervento statunitense a sostegno taiwanese è il principale fattore che frena Pechino

C’è una guerra in corso tra Israele e Iran per il timore che il regime di Teheran possa presto dotarsi di una Bomba atomica; c’è stato timore poco fa per uno scontro armato tra due paesi che come India e Pakistan dispongono rispettivamente di 170 e 180 testate nucleari a testa; c’è l’altra incognita della bomba atomica nordcoreana; c’è il continuo allarme che la Russia possa ricorrere al suo arsenale nucleare per risolvere il problema di un’Ucraina, che invece ai suoi ordigni rinunciò con il Memorandum di Budapest in cambio di una garanzia di integrità che è stata poi violata. L’allarme sulla proliferazione nucleare è alto, ma senza che quasi nessuno se ne accorga in questo momento è la Repubblica popolare cinese a procedere al riarmo nucleare più massiccio. L’ultimo studio dell’Istituto internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma (Sipri) uscito lunedì stima che la Cina non solo oggi dispone di almeno 600 testate nucleari, ma che dal 2023 ne abbia aggiunte un centinaio all’anno, in pratica raddoppiando il proprio potenziale.



Durante la quotidiana conferenza stampa del ministero degli Esteri cinese lunedì, il portavoce Guo Jiakun si è rifiutato di commentare il rapporto dello Sipri, affermando che “la Cina ha sempre aderito alla strategia nucleare di autodifesa, ha sempre mantenuto le sue forze nucleari al livello minimo richiesto per la sicurezza nazionale e non ha partecipato alla corsa agli armamenti”. Insomma, la Cina aderisce alla politica di non essere la prima a utilizzare armi nucleari in nessun momento e che non userà né minaccerà di usare armi nucleari contro stati non dotati di armi nucleari. Ma l’asserzione secondo cui “la Cina continuerà a impegnarsi fermamente a salvaguardare i propri legittimi interessi di sicurezza e a mantenere la pace e la stabilità nel mondo” è evidentemente aperta a ogni interpretazione. Se dovesse andare avanti con il ritmo attuale di 100 all’anno, Pechino potrebbe avere a sua disposizione 1.500 testate nucleari entro il 2035. Si tratta di un numero quasi pari a quello che Russia e Stati Uniti hanno attualmente pronte all’uso con breve preavviso. Gli inventari totali di armi di Russia e Stati Uniti, che includono sia le armi pronte all’uso sia le testate fuori uso, sono in effetti molto più grandi. Secondo la ricerca del Sipri, la Russia ha 5.459 testate, mentre gli Stati Uniti ne hanno 5.177. I due paesi detengono assieme circa il 90 per cento delle scorte globali. Pronte all’uso con breve preavviso sono però, sempre secondo il Sipri, 1.770 per l’America e 1718 per la Russia. E lo scorso anno, gli Stati Uniti hanno approvato una nuova strategia nucleare incentrata sulla minaccia cinese. Delle 600 testate nucleari cinesi 24 sono già installate su missili o situate in basi con forze operative, il che significa che potrebbero essere schierate con un preavviso molto breve. Tra le altre potenze nucleari, la Francia ha 290 testate, il Regno Unito 225, l’India e il Pakistan 190 e 170, Israele 90 e la Corea del nord ne avrebbe 50. Già dispiegate ce ne sono 280 francesi e 120 britanniche. Tra 2024 e 2025 l’aumento cinese da 500 a 600 testate va in direzione opposta alla stabilità dei numeri di quasi tutti gli altri attori. Solo l’India si è fornita di otto nuove testate, mentre l’America ha addirittura ridotto il proprio arsenale di otto testate e la Russia di 71. Gli autori del rapporto osservano comunque che ogni anno vengono smantellate meno testate, mentre il ritmo di dispiegamento di nuove armi nucleari sta accelerando.

“L’era della riduzione del numero di armi nucleari nel mondo, che durava dalla fine della Guerra Fredda, sta volgendo al termine”, ha detto il ricercatore senior associato del Sipri Hans M. Kristensen. Il leader cinese Xi Jinping ha ampliato l’arsenale nucleare del paese non solo più rapidamente di qualsiasi concorrente, ma anche di qualsiasi altro leader cinese. I suoi predecessori come Deng Xiaoping sostenevano che la Cina avesse bisogno solo di modeste riserve per fungere da deterrente per potenziali avversari. Le capacità nucleari della Cina diventano ovviamente motivo di particolare preoccupazione per Taiwan, l’isola de facto indipendente che la Cina rivendica come parte del proprio territorio. Pechino ha deciso di “riunificare” Taiwan alla Repubblica Popolare Cinese, ricorrendo alla forza se necessario. Studiosi cinesi hanno sostenuto che disporre di un potente deterrente, come le armi nucleari, potrebbe impedire a qualsiasi terza parte di intervenire in un conflitto. La minaccia di un intervento statunitense a sostegno di Taiwan è uno dei fattori che per ora mantiene Pechino sul piano delle mere minacce verbali e manifestazioni di forza.

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