Per il giudice Young la cancellazione di centinaia di progetti legati alla salute pubblica da parte della Casa Bianca costituisce una violazione della legalità amministrativa e solleva interrogativi gravi sul piano costituzionale: “Mai visto una discriminazione razziale da parte del governo come questa”
Un giudice federale del Massachusetts, William Young, nominato nel 1985 dal presidente Ronald Reagan e da allora in servizio ininterrotto, ha stabilito il 16 giugno che la cancellazione di centinaia di progetti di ricerca da parte dell’amministrazione Trump costituisce una violazione della legalità amministrativa e solleva interrogativi gravi sul piano costituzionale. I progetti colpiti erano tutti finanziati dai National institutes of health (Nih) e riguardavano temi di salute pubblica sensibili e di grande impatto, come depressione, salute cardiovascolare, infezioni sessualmente trasmesse, Alzheimer, suicidio e disuguaglianze razziali nell’accesso alle cure. Alcuni di essi erano già in fase avanzata o clinicamente attivi, come un trial sul trattamento del suicidio che è stato bruscamente interrotto. Secondo Young, la procedura con cui questi finanziamenti sono stati revocati non solo è stata irregolare dal punto di vista tecnico, ma presenta un contenuto discriminatorio evidente.
In udienza, il giudice ha criticato duramente la mancanza di una definizione ufficiale e coerente da parte del governo del concetto di “diversità, equità e inclusione” (Dei), concetto che pure era stato utilizzato per giustificare i tagli. Si è chiesto come fosse possibile dichiarare illegittimo un progetto solo perché legato alla Dei, se nel contempo il Congresso degli Stati Uniti ha chiesto esplicitamente che vengano indagate e comprese le disparità di salute. Ha definito l’intero processo decisionale “arbitrary and capricious”, cioè arbitrario e capriccioso, sottolineando che il governo ha agito in aperta violazione delle regole e degli standard amministrativi consolidati.
Ma Young si è spinto oltre. Ha dichiarato in aula che, a suo giudizio, era “palpably clear”, chiaramente evidente, che le decisioni non erano motivate da criteri scientifici, ma da “racial discrimination and discrimination against America’s Lgbtq community”, ovvero da discriminazione razziale e da discriminazione contro la comunità Lgbtq americana. Dopo quarant’anni passati a giudicare casi di ogni tipo, ha detto: “I’ve never seen government racial discrimination like this”, non ho mai visto una discriminazione razziale da parte del governo come questa. E ha chiuso l’udienza con un atto d’accusa che è anche una condanna morale: “Have we no shame?”, non abbiamo più vergogna?
La decisione riguarda per ora due cause legali distinte, poi unificate, presentate da sedici procuratori generali statali, gruppi di advocacy per la salute pubblica e scienziati colpiti dai provvedimenti. La somma complessiva dei finanziamenti sospesi in questi due casi non è ancora chiara, ma secondo una stima riportata da Nature, le revoche decise dall’amministrazione Trump dall’inizio del 2025 hanno colpito fino a 3,8 miliardi di dollari in grant, distribuiti su centinaia di progetti, in molti casi già approvati e in fase di avvio o svolgimento. L’annullamento, hanno dichiarato gli avvocati dei ricorrenti, è stato notificato con lettere identiche, prive di motivazioni individuali, tutte con la medesima formula precompilata: un comportamento che mostra, secondo i querelanti, la natura politica e non tecnica della decisione.
Il governo federale, da parte sua, ha sostenuto che i progetti colpiti erano privi di reale valore scientifico e che il National Institutes of Health, come ogni agenzia esecutiva, gode di piena discrezionalità nel decidere come allocare i propri fondi. Ha anche portato come prova alcuni esempi di progetti sulle minoranze etniche che non sono stati cancellati, suggerendo che non c’era intento discriminatorio. Ma il giudice ha rifiutato questa linea difensiva, spiegando che la discriminazione si manifesta non nella totalità degli atti, ma nella sistematicità con cui sono stati colpiti interi ambiti tematici, riconducibili a soggetti storicamente marginalizzati. “You are bearing down on people of color because of their color”, ha detto Young al rappresentante del governo: state colpendo le persone di colore a causa del loro colore.
La sentenza emessa è provvisoria — un’ordinanza interlocutoria — ma ha l’effetto immediato di sospendere le decisioni dell’amministrazione e ordinare il ripristino dei fondi in questione, almeno per i casi specifici portati in giudizio. Il Dipartimento della Salute e dei Servizi umani (Hhs), da cui dipende il Nih, ha annunciato che sta valutando tutte le opzioni legali, compreso il ricorso e la richiesta di sospensiva. Ma intanto, nelle aule di tribunale, è emerso in tutta la sua evidenza un tentativo sistematico di ridefinire le priorità della ricerca pubblica americana secondo criteri estranei alla valutazione scientifica, e fondati invece su una volontà di censura ideologica.
Al di là degli aspetti procedurali, ciò che colpisce è il principio che questa vicenda mette in discussione: la possibilità che un’amministrazione, attraverso strumenti amministrativi, possa silenziosamente cancellare ricerche sgradite, eliminando interi settori della conoscenza solo perché legati a temi politicamente avversati. Se passa questa logica, non sarà più il merito a decidere quali domande scientifiche meritano una risposta, ma l’opinione di un governo. È precisamente questo che la scienza, come istituzione autonoma e autocorrettiva, non può tollerare. Ed è questo che il giudice Young ha voluto dire, quando ha parlato di una discriminazione senza precedenti e ha domandato, in chiusura d’udienza, se sia rimasto un minimo di vergogna.