Mentre attacca verbalmente Israele per l’azione contro l’Iran, la Cina ribadisce la sua “neutralità” solo a parole. La crisi in medio oriente non fa bene agli affari, ma dietro le quinte continua il suo sostegno strategico a Teheran. Dal petrolio scontato ai componenti per missili, passando per esercitazioni congiunte con Mosca. La diplomazia “di pace” di Xi Jinping
La Cina ci riprova. Nei giorni scorsi in una serie di conversazioni il capo della diplomazia della leadership di Xi Jinping ha proposto ancora una volta Pechino come attore che può “giocare un ruolo costruttivo” nella crisi in medio oriente, contrapponendosi al ruolo “belligerante” svolto dall’America. Ma in una telefonata sabato scorso con il suo omologo israeliano Gideon Saar, il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha usato parole molto chiare per esporre la posizione di Pechino sul conflitto in corso fra Israele e Iran. Wang ha definito l’attacco di venerdì “un’azione inaccettabile mentre la comunità internazionale sta ancora lavorando a una soluzione politica sul nucleare iraniano”. Eppure, come hanno notato diversi osservatori, sin dall’inizio dell’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia, nessun funzionario della Repubblica popolare cinese ha mai definito “inaccettabili” i bombardamenti di Mosca. Una posizione più sfumata sulle “legittime preoccupazioni per la sicurezza” della Russia, molto diversa da quella presa dalla Cina nelle scorse ore su Israele e sull’“inviolabilità” del territorio dell’Iran, che consolida la posizione cinese sulle crisi globali solo apparentemente neutrale. Ieri Xi Jinping era ad Astana, al Summit Cina-Asia centrale, e anche lì ha ricordato con il presidente kazaco Kassym-Jomart Tokayev il ruolo “di pace” di Pechino nel mondo, un ruolo di costruttore, da contrapporre sempre a quello considerato portatore di distruzione della diplomazia americana e dei suoi alleati.
Ma la realtà è che la diplomazia cinese lavora legittimamente solo negli interessi di Pechino. Poco prima di parlare con Saar, Wang aveva parlato al telefono con il ministro degli Esteri iraniano Seyed Abbas Araghchi, che ha ringraziato la Cina “per il sostegno alla posizione dell’Iran” e ha espresso “fiducia nel fatto che la Cina svolgerà un ruolo sempre più importante nella promozione della pace e della stabilità nella regione”. Nell’agosto del 2023, Pechino si intestò le fasi finali della riapertura dei rapporti diplomatici fra Iran e Arabia Saudita, ancora oggi uno dei suoi maggiori successi diplomatici. Per la Cina l’Iran è un alleato imprescindibile, ed è il motivo per cui Teheran già da anni ottiene protezione, in tutte le sedi sovranazionali, anche da Pechino. Per l’Iran passa la Via della seta, e passa la stabilizzazione del confine tra Iran e Pakistan e le zone della resistenza beluci. E il petrolio a prezzo scontato: a maggio l’Amministrazione Trump ha messo sanzioni su alcune raffinerie cinesi dove arrivava la maggior parte delle esportazioni di greggio iraniano, già sotto sanzioni. Una linea di credito vitale per il regime di Teheran, e per irrobustire le riserve di petrolio di Pechino. Dieci giorni fa il Wall Street Journal ha scritto in un’esclusiva che l’Iran stava continuando a comprare dalla Cina migliaia di tonnellate di perclorato di ammonio, che serve per produrre il propellente solido dei missili balistici a medio raggio. Con l’ultimo contratto firmato qualche mese fa, e i cui cargo erano già in viaggio, Teheran avrebbe potuto produrre almeno 800 missili balistici. A fine aprile, durante una visita di Araghchi a Pechino poco prima dei colloqui sul nucleare con l’America, Wang Yi aveva detto che l’Iran “è il partner strategico della Cina in medio oriente”, che resiste “alle turbolenze internazionali.
Negli ultimi anni, i due paesi si sono sostenuti a vicenda nei momenti difficili, approfondendo la fiducia politica e la cooperazione pratica, pur rimanendo uniti contro le prepotenze unilaterali”. Il rapporto tra la seconda economia del mondo e Teheran ha avuto una svolta nel 2019, quando sono iniziate le Maritime Security Belt, esercitazioni navali congiunte tra Cina, Russia e Iran che da allora si svolgono ogni anno nel Golfo dell’Oman e davanti allo Stretto di Hormuz, attraverso il quale transita un quinto di tutto il greggio commercializzato a livello mondiale e che Teheran (come spesso fa) ha minacciato di chiudere. Le esercitazioni militari, la cui ultima edizione c’è stata tre mesi fa, hanno già rafforzato l’interoperabilità navale fra le tre potenze, per esempio con l’uso congiunto di disturbatori dei segnali Gps, mandando un messaggio chiaro nei confronti delle pressioni diplomatiche e militari dell’occidente.