In caso di candidatura alla premiership della segretaria del Pd, l’offerta al capo del M5s sarebbe la seconda carica dello stato (o il ministero degli Esteri). Intanto al Nazareno si prende tempo sul Congresso: sicuramente non se ne parlerà prima delle regionali
Al Partito democratico sono preoccupati perché si sono convinti che Giorgia Meloni gli ultimi sei mesi della legislatura andrà avanti dritta come un treno lungo la strada della riforma del sistema elettorale. Per prima cosa la presidente del Consiglio non vuole i collegi elettorali. Preferisce il proporzionale con il premio di maggioranza. Un recente studio spiegherebbe il perché: al sud la Santa alleanza Pd, Movimento 5 stelle e Avs prenderebbe moltissimi collegi. Al centrodestra, dunque, l’attuale sistema elettorale non conviene. Ma c’è un altro elemento importante, secondo i dirigenti dem, per cui la premier punterebbe alla riforma: perché vi sia un’indicazione del premier già prima delle elezioni politiche. Il nome di Giorgia Meloni, infatti, traina consensi più della maggioranza e più del governo, quindi inserirlo nella scheda sarebbe una mossa azzeccata. Senza contare che nel centrosinistra si creerebbe un bel problema. Da un parte è vero che in questo modo Elly Schlein risolverebbe la questione della sua candidatura a premier della coalizione una volta per tutte perché prima delle elezioni sarebbe naturale far scendere in pista la leader della maggiore forza politica di opposizione. Ma dall’altra per Giuseppe Conte non sarebbe facile indicare la segretaria del Pd a candidata premier.
Un pezzo del Movimento 5 stelle, infatti, è contrario a questa ipotesi e anche la base elettorale del M5s non vedrebbe di buon occhio una simile operazione. Dunque questa mossa di Meloni, nonostante le aspettative di Schlein riguardo Palazzo Chigi, potrebbe scompaginare l’alleanza di centrosinistra ancora prima del tempo. O, almeno, questo è quello che temono molti dirigenti del Partito democratico. E a proposito di Giuseppe Conte, nel Pd circolano già due diverse ipotesi sul “contentino” da dare al leader del Movimento 5 stelle in cambio della sua rinuncia a qualsiasi pretesa su Palazzo Chigi. Queste le due opzioni: ministro degli Esteri o presidente del Senato. Alcuni parlamentari del Partito democratico sono convinti che l’ex premier alla fine preferirebbe la seconda ipotesi. Innanzitutto perché ormai chi sta a Palazzo Chigi muove veramente le fila della politica estera e non chi siede alla Farnesina. E poi perché la presidenza di Palazzo Madama gli consentirebbe di tenersi le mani libere rispetto al governo e alla maggioranza.
E’ chiaro, naturalmente, che tutti questi scenari valgono solo in caso di vittoria del centrosinistra. Vittoria che nessuno dà per scontata, nemmeno la sempre ottimista Elly Schlein. E infatti proprio per questa ragione la segretaria del Partito democratico meditava ancora la settimana scorsa di anticipare il congresso anche per evitare che qualcuno metta in discussione la sua leadership in caso di una sconfitta elettorale. Difficile infatti fare fuori una segretaria riconfermata solo pochi mesi prima dalle assise nazionali con tanto di primarie. Ma è anche vero che il congresso comporta sempre dei rischi. Lo staff di Schlein sarebbe chiamato per la prima volta a gestire direttamente tutta la fase precongressuale con regole e regolamenti che possono nascondere grandi insidie. Solo Nico Stumpo, che però non sta nel giro strettissimo della leader, ha dimestichezza con questa materia. In secondo luogo, lo scenario internazionale pone delle preoccupazioni. Se i conflitti che stanno scuotendo il mondo dovessero proseguire e il Pd dovesse andare avanti con l’idea originaria di un Congresso anticipato, il Partito democratico rischierebbe di apparire come una forza politica autoreferenziale, che nel mezzo di grandi sommovimenti e rivolgimenti si occupa solo di regolare i propri conti interni. E poi comunque ci sono le regionali prima e ogni sforzo va concentrato su questo appuntamento. Queste sono le ragioni per cui Elly Schlein, che fino alla settimana scorsa appariva molto determinata ad andare avanti con le assise nazionali, ora ha preso una pausa di riflessione e quella parte dei suoi che le consigliava anche prima di agire con prudenza sta tornando a farsi sentire in maniera pressante.