Piazze pro ayatollah a Parigi, Berlino e Londra: le città nel mirino del terrore iraniano

Nonostante gli arresti, i progetti di attentato sgominati e gli ostaggi tenuti dal regime, nelle principali capitali europee è l’ora della bandiera di Teheran. Della serie, “chiunque attacchi Israele è nostro amico”

Mentre a Teheran risuonavano i cori di “morte a Khamenei, morte all’Irgc” (Guardie della rivoluzione islamica) durante il fine settimana, numerose manifestazioni a sostegno della Repubblica islamica dell’Iran stavano avendo luogo nelle principali capitali europee. Della serie, “chiunque attacchi Israele è nostro amico”.

Londra è stata teatro di manifestazioni con migliaia di dimostranti che si sono radunati davanti a Westminster. I partecipanti hanno issato i simboli nazionali iraniani. La Palestine Solidarity Campaign ha coordinato queste proteste, diffondendo sulle piattaforme digitali immagini di folle che reggevano cartelli che chiedevano la fine degli attacchi israeliani a Teheran. Commentando le marce a Londra, Suella Braverman, ex ministro dell’Interno e procuratore generale, ha dichiarato: “Queste marce d’odio nelle nostre strade mostrano il fallimento totale del multiculturalismo. Sono preoccupata per il futuro della Gran Bretagna se si permette a questo odio di continuare. Il regime iraniano finanzia il terrorismo globale e qualsiasi sostegno al regime iraniano deve essere trattato alla stregua di un sostegno ad al Qaida o all’Isis. Il regime iraniano odia il nostro stile di vita e vuole distruggerci”. Un portavoce del Jewish Leadership Council ha dichiarato: “L’Iran è stato dietro a numerosi complotti falliti sul suolo britannico, sventati dai nostri servizi segreti. L’Iran è una minaccia diretta per il popolo britannico. Che si marci a sostegno di questo regime dovrebbe preoccupare tutti”.

Parigi ha assistito a tre giorni consecutivi di massicce manifestazioni, che hanno unito le tradizionali richieste filopalestinesi a un esplicito sostegno al regime di Teheran. Migliaia i partecipanti partiti da boulevard Voltaire. Anche rappresentanti della France Insoumise hanno partecipato a questi raduni. Durissima l’associazione femminile iraniana Femme Azadi: “Quando i filopalestinesi all’improvviso appoggiano gli iraniani… non stanno appoggiando il popolo, ma i carnefici… Bandiera della Repubblica islamica alla manifestazione filopalestinese di sinistra nel cuore di Parigi. Queste stesse persone che non abbiamo mai visto alle manifestazioni a sostegno delle donne iraniane, della gioventù iraniana, ci costringono a vedere la bandiera dei nostri carnefici nel paese in cui siamo fuggiti”. In Place de la République a Parigi, gli attivisti proclamano il loro sostegno al povero piccolo stato attaccato dai fascisti sionisti. L’antisionismo, è l’unica bussola politica di Jean-Luc Mélenchon? Non gliene potrebbe importare di meno dei palestinesi uccisi da Assad o dei musulmani uccisi da ogni sorta di altro regime. Berlino ha ospitato duemila manifestanti a sostegno dell’Iran. Ma il movimento si estende oltre i confini europei, con la Bronx Anti-War Coalition che sta pianificando una manifestazione di “solidarietà con l’Iran” a Times Square. La Columbia University Apartheid Divest esprime solidarietà con l’“Asse della resistenza”, Iran, Hezbollah, houthi e Hamas, perché si oppone all’“imperialismo”.

Non importa che il mese scorso gli inglesi abbiano arrestato otto agenti iraniani pronti a colpire nel Regno Unito, che la Francia grazie all’intelligence israeliana abbia sgominato un progetto iraniano di attentato a una conferenza di dissidenti iraniani, che Berlino da cinquant’anni sia teatro di operazioni iraniane clandestine contro gli oppositori del regime dei mullah o che a New York una dissidente iraniana sia di recente scampata a un tentativo iraniano di ucciderla (assieme a Salman Rushdie). O che il regime iraniano tenga in ostaggio due francesi, Cécile Kohler e Jacques Paris. Intanto, Amnesty tace sui missili lanciati dall’Iran sui centri d’Israele. Chissà se un’atomica lanciata su Tel Aviv sarebbe considerata “sproporzionata” dai soloni dei diritti umani.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.

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